Il “Nove” di Marco Ciardi è da 6-

Riflessioni attorno a un libro di ‘saggistica’

a cura di Guido Michelone

Spiace parlar ‘male’ di un libro soprattutto quando io, pur rivestendo qui i panni del recensore, so benissimo, da autore di numerosi testi pubblicati, quanta fatica e al contempo quanta passione vengano profuse nel redigere un’opera a cui evidentemente si crede e da cui si possa ricavare gratificazioni (per me soprattutto morali, per altri invece economiche). Eppure farei torto a me stesso, in quanto critico, a Paola Silvia Dolci, a tutti i collaboratori e alla rivista «Niederngasse» medesima nonché agli affezionati lettori a far finta di niente, a parafrasare il comunicato stampa (come fanno molti recensori: lo constato da quanto e da come scrivono sui miei libri).

È con profondo dispiacere quindi che mi accingo a criticare – proprio nel senso opposto di ‘tesserne le lodi’ – di un collega universitario, di un luminare della scienza che proprio di recente è divenuto anche un’originale divulgatore dei rapporti spesso inconciliabili (almeno in Italia, da quando insomma il liberale Benedetto Croce e più ancora il fascista Giovanni Gentile hanno deciso che ‘è così senza se e senza ma) tra le due grandi culture: la scientifica e l’umanistica (oggi comprendente anche quella pop o mediatica).

Ecco quindi Marco Ciardi – per un editore prestigioso, soprattutto in ambito scientifico – presentare questo Nove. Storie di sport e fumetti, musica e fantascienza (Il Mulino edizioni) in una specifica collana dedicata alla storia dei numeri , dove spiccano ad esempio Tre. Divina Commedia di Gianfranco Ravasi o Quattro. Stagioni, voci, quarti, mani di Daniele Schön o ancora Cento. Un grattacielo di racconti di Marcantonio Bazzocchi. Confesso di non aver letto nessuno degli altri sei libri in catalogo e forse avrei dovuto almeno scorrere le pagine per capire se il tono si mantiene così leggerino (molto narrativo, poco saggistico), e per comprendere di conseguenza se sto sbagliando io a essere troppo severo. Ritengo tuttavia che un testo possa anche essere letto o studiato senza conoscere nulla dell’autore e del relativo contesto, per coglierne i valori universali in grado o meno di comunicare.

Ora, dunque, fin dal primo capitolo ho avuto l’impressione (confermatemi a fine lettura) che Nove sia un libro forse inutile quale saggio breve, perché lacunoso, ristretto ai soli ricordi, peraltro frammentati, dell’autore, il quale passa in rassegna, in un gioco della memoria di stampo diaristico, i pochi agganci che gli vengono in mente sul numero 9, dalle maglie di calcio indicanti il ruolo di centravanti all’unico brano sperimentale dei Beatles, dalla difficoltà dei sinfonisti a scrivere una Decima a Plutone estromesso da ultimo pianeta del sistema solare, da Tolkien a Canudo, da Hithcock a Star Trek. Ciardi però, nonostante l’ammissione iniziale, da vero scienziato, di rifiutare implicazioni magico-esoteriche nell’analisi del numero, non va oltre la superficialità dell’esposizione dei fatti, evitando via via di approfondire le singole discipline, di effettuare approfonditi collegamenti, di dichiarare se si tratti di saggio, pamphlet, mémoir, baedecker.

È pur vero che per fare tutto ciò occorrerebbe essere un tuttologo e saperne davvero molto di football, rock, fumetto, cinema, fantascienza, letteratura e musica classica: e in Italia è rarissimo trovare un esperto di solo due di queste discipline assieme, figuriamoci nove ovvero quanti sono i capitoli/temi del libricino di Ciardi. Masticando io un po’ di rock e un po’ di cinema mi sono subito chiesto come mai parlando dei Beatles non è citata la canzone After 909 o a proposito di cinema non si è compilata una lista di film con 9 nel titolo o ancora per la classica che manchino i nomi dei compositori che durante il Novecento hanno superato l’impasse di Beethoven e Mahler.

Invece Ciardi cosa fa? Se parla ad esempio di Star Trek si limita a raccontare l’esegesi della celebre serie con informazioni riscontrabili benissimo su Google, ossia senza aggiungere nulla di nuovo a quanto comunemente si sa da tempo. Io durante la lettura di Nove sono rimasto davvero deluso e intristito ogni volta che Ciardi non è andato oltre la soglia, fermandosi insomma alla notizia spiccia. Con la sua preparazione e la sua intelligenza avrebbe dovuto e potuto cercare e trovare i collegamenti di cui sopra, ma ha optato – non saprei per quali ragioni – per fare un libretto anche divertente e leggibilissimo sui propri ricordi di gioventù, ma fa pure ‘male’ alla saggistica, dando l’idea che ormai persino una forma rigorosa quale il saggio diventi non solo (opportuna) divulgazione, ma purtroppo, in questo caso innocuo, difettoso passatempo.