quand’è l’ultima volta che hai pianto? è passato del tempo, dev’essere stato per cose futili. non mi riesce da un po’, solo la musica talvolta mi commuove – aspetta, vediamo come reagisci a queste rappresentazioni, come ti barcameni tra il reale e il realistico, chi ti regala queste cose? – trattengo facilmente le lacrime, davanti a te potrei piangere, lacrime di pace. forse una sfugge, forse la vedi e la tocchi, sorridi. sai perché piangerei?
non mi piace provarci con le donne, non mi piace chiedere, che fortuna il tuo invito, mi hai liberato da un’incombenza. sì, mi ha fatto piacere, no, non sei inopportuna. la sua stessa diagnosi, mi sembra che tu stia molto meglio, merito anche delle medicine, la scienza è una buona amica.
resisto a stento alla tentazione della dolcezza, tra le mani piccole e le battutacce degli uomini, ti fa paura? la violenza è la risacca della tenerezza, lascia montare le onde, prima che ti faccia male, ancora non so fino a che punto spingermi, saremmo potuti andare oltre, ho prime volte da offrire. anche tu mi piaci molto eppure so che non sei completamente qui, una notte non basta, abbiamo da fare, vorrei trattenerti o essere trattenuto. il sesso memorabile, la scoperta tardiva della quiete, so che con te non accadrà nulla di male, non ti gelerai all’improvviso, non scatenerai la tempesta.
hai cambiato completamente sguardo, non avevo previsto di eccitarmi tanto, il merito di un buon assortimento, raccolgo avidamente ogni gemito, perdi il conto degli orgasmi, ti piace guardarmi?
ti fisso mentre ci teniamo sulle spine, ci balena l’idea più irresponsabile, lo vorrei ma non è il caso, mi basta il pensiero, inaspettatamente violento. usi bene le parole, sai che imparo da te? il pensiero di te mi riposa, è tutto come dovrebbe sempre essere, senza le paure, lontani dal varco delle lacerazioni e scopami, scopami, scopami più forte e vieni per me, adesso e poi più tardi, quando non ci sarò.
so che oscilli, spero che tu non mi veda star male mai, ma io non ho più paura, il peggio è già stato e tutto passa sempre. sedimenta il tuo desiderio legittimo: aspetto di colpirti per farti piangere a dirotto, al sicuro, senza pietà, almeno in quel frangente, almeno in quest’epoca, d’un tratto meno ostile. quand’è l’ultima volta che hai pianto?

il ragazzo doveva fare il suo dovere. per sopportare la pressione ricorreva a giochi scaramantici. il giorno del congresso decise che avrebbe notato tutte le hostess più avvenenti per immaginare di tradirla. ve n’erano di molto belle, ma l’unico effetto fu immaginarsi lei al loro posto e spiegarsi empiricamente perché in effetti, in un tempo non lontano, lei avrebbe potuto essere una di loro. aveva dunque visto la bellezza di lei anche con gli occhi degli altri, aveva le prove per convincerla, per dimostrarle che non era solo finito nella rete delle sue sinapsi e delle sue parole. che incontrandola in un contesto diverso ne sarebbe stato comunque rapito. come scoprire nôtre dame dal retro, il grand canyon dal north rim, come percorrere il sentiero del filosofo di kyoto a ritroso. ricordandosi di come era cominciata la loro storia decise però di non tornare ad un bivio precedente, di restare nell’ultima piega raggiunta del frattale. e che lei sarebbe rimasta ciò che gli aveva mostrato dall’inizio, senza sapere di essere diventata col tempo e a distanza ancora più bella, anche nel passato.

sei arrabbiato? il ragazzo è quasi sorpreso dalla domanda, come potrebbe? era già rimasto senz’acqua nel deserto – lo so che per te è importante, diceva l’amore della vita precedente prima o dopo averlo umiliato, oppure togliti mi fai male, se le cose prendevano una brutta piega, non te ne frega un cazzo di me – senza ossigeno in rianimazione, ipoglicemico, defedato, cachettico. non sono arrabbiato, ti aspettavo da un mese nel mio desiderio peculiare, non sono arrabbiato, non ricordi da dove vengo? il ragazzo ha sviluppato anche una resistenza alla privazione. dimmi che non è per me (ti prego, ti prego). how close am i to losing you?
ciao, sono la ragazza che tuo fratello ogni tanto si fa, forse è arrivato il momento di parlare? il ragazzo sorride, quella ragazza oggi non se la farà e lui non si farà nulla di quella definizione così poco lusinghiera. tutto perché i limiti di velocità erano stati abbondantemente superati e l’autodisciplina si impone. al ragazzo resta quella fame, che non è un’erezione, in bilico sempre tra fiori e bastoni e attenzione a quei bambini che giocano, perché non perdoneranno peccati contro l’amore.
mi viene da morderti, potremmo non parlare mai e baciarci soltanto, oppure andare in albergo, ma non avevo programmato niente. come ti eri immaginato questa serata? bella come le altre, naturalmente sbocciata, credevo che scopare fosse scontato, ma non sono arrabbiato (avrei voluto farti male). come stai? ho capito perché puoi bere, l’importante è che tu stia bene. con lei come va? non dovevo chiederlo? il groppo in gola è passato, dimmi che non è per me (ti prego). mi viene da morderti, l’altra volta mi hai lasciato un livido sul labbro inferiore. faccio piano, perché mi baci in certi momenti? perché integro i segnali a livello corticale oppure no, è qualcosa che ho detto, ma non era niente di speciale. non era niente di speciale, neanche il luogo è niente di speciale, un divano scomodo, il fumo del futuro, le belle ragazze altissime in coda per il bagno non esistono. perché non cambi vita? il ragazzo è orgoglioso di lei, omette ancora la sua bellezza, la bacia, lo scorrere del tempo è impietoso.
il ragazzo ballerebbe o canterebbe, inventerebbe qualunque talento per intrattenerla (quanto sei diversa da me?) ma è già l’una, ancora un bicchiere e poi a casa? sono stata bene per sei ore, sono stato bene solo per sei ore. una foto di sfuggita, baciami per due minuti, avvisami quando sei a casa, un taxi troppo sbrigativo. il buio.
piazza castello è la consolazione di un’amica, il duomo si protende su cantieri deserti, neanche un’insidia concreta all’orizzonte, qualcuno ha avvertito il pericolo. la pietà di un notturno, il presagio smentito.
il sabato mattina è il tempo del pianto, il rituale purificatorio del canto o al canto di un angelo, l’esito della fame. i need my girl . e allora la bellezza, forse una buona amica, un prototipo d’amore funzionante, tra fiori e bastoni. dimmi che non è stato per me (ti prego), non sono arrabbiato.

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