Il lato destro del mio sonno ha un sosia

un principio identico al miraggio,

una materia dell’essere,

che manciate di respiri lo istigano

a vivere l’invisibile bisogno

che appartiene alla veglia.

Nel suo grembo, colonne tremanti

avvisano la carne a non mostrarsi

come figli un giorno,

scambiano monete per trattenere

in sé l’agio del vuoto,

circondo con linee di luna la tua sagoma

legame che fa oscillare

il buio sospeso delle parole,

diventi sentiero del mio corpo

e come di miniera impenetrabile,

io capisco

solo il lamento del senso

affannato

da domande sul mio canto.

Un desiderio ti fa apparire

sulla soglia innevata del dolore

che mi separa dalla tua parvenza,

passi che mi portano al chi sono?

Sospeso di impazienza

torno a sfiorare la luce

con il grido delle rondini

che scorrono nelle vene

attente dei cancelli della mia isola.

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