Il giardino bianco è dentro ogni uomo, e racconta
del silenzio di giorni scordati
di una memoria che non ha colpe
poiché è il feltro delle ore a renderne aspro
il timbro.

Adesso, che questo vento freddo
fa il cielo blu di buone maniere,
gli aquiloni restano a terra, e i fili
sono speranze
nelle mani di bambini.

Come erano belli i campi di grano
quando le dita ci volavano dentro.

Chi ingoia tempo muore d’oblio, eppure
di ferro battuto è il cancello
sul viale, riccioli a prospetto incalzano
al di là
di un’ipotesi della storia.

Il giardino bianco è dentro ogni uomo, e racconta
che la neve poi si sciolga balenando archi
e primule e rondini e ritorni di Persefone —
l’arrocco! Qui non nevica, il bianco
non è mai stato educato.

Mi sciolgo io,
autodidatta.

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