IL MUSEO DELLE CERE DELL’UOMO COMUNE
Aprii un museo delle cere dell’uomo comune,
cosciente che fosse un museo sperimentale,
ero guida, proprietario e sorvegliante,
dovevo fare anche il “butta-dentro”,
la gente era comprensibilmente un po’ diffidente
nessuno aveva visto un museo così particolare
ma io sapevo come stimolarne la curiosità e il loro gusto del macabro
così scaturivano domande,
prendevo ogni visitatore e lo accompagnavo dentro con la dovuta cortesia
tutti rimanevano sorpresi quando si accorgevano che all’interno
c’era solo una statua, qualche mobile e alcuni vestiti usati.
« Questo è un tavolo qualsiasi, questa non è roba da museo,
questo museo è una truffa! » dicevano.
« Questa roba deve essere comune perché appartiene all’uomo comune » replicavo io.
« Ma dove sono le altre statue di cera, qui c’è n’è una soltanto!
La statua di chi? Avevate solo un uomo comune? »
« Di chi, siete voi a deciderlo, provate a mettergli qualcosa addosso…»
I visitatori rimanevano incantati quando gli facevano indossare
una sciarpa, un cappello, una giacca, una calzamaglia…
La statua, a seconda di cosa gli mettevi addosso, prendeva vita!
Beh sì, era un automa, una copia perfetta del famoso turco meccanico,
che si animava con un complesso sistema di ingranaggi
ma soprattutto il pubblico andava in delirio quando vedeva la statua cantare,
ad ogni cambio d’abito partiva una canzone nuova,
la canzone della sua storia,
l’automa era collegato con un impianto audio che diffondeva canzoni,
canzoni che avevo scritto io di mio pugno,
non dovrei dirlo ma trafugai l’elenco dei nomi all’ufficio anagrafe,
avevo scritto una canzone per ogni nome
che feci cantare alla gente trovata per strada,
le registrai e ne ottenni il permesso per usarle nel mio museo.
Insomma il museo piaceva e raggiunsi vette di 1000 visitatori a settimana
ma l’invidia vince sempre in un paesotto di provincia come quello dove vivevo,
il comune mi boicottò e partirono le denunce per truffa,
così mi accusarono che la mie intenzioni erano fraudolente
e che circuivo i visitatori ma nessuno dei consiglieri
venne a vedere il museo di persona,
andai avanti ancora qualche mese e alla fine dovetti chiudere.
Ma non mi persi d’animo,
pensandoci bene, questo museo non poteva funzionare a lungo:
i personaggi nel momento stesso che raccontano una storia o la cantano
iniziano a vivere come personaggi straordinari,
l’uomo comune diviene così un uomo straordinario e rivendica pertanto
il suo diritto a stare in un museo vero e proprio.
Sicché il mio tentativo, di aprire un museo delle cere fatto da uomini comuni
era fallito già nei presupposti.
Poco male, troverò un’altra idea, sì, cercare un’altra idea,
questo è il destino riservato agli uomini di ingegno.
(Valerio Incerto – dal “Microtono dell’umore” Ed. Arduino Sacco.2015 )
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