Il vagito del primo essere umano
e il piagnucolio dell’ultimo.
Tutto il resto è fragore e silenzio.
Il fragore del rock, ad esempio.
Il silenzio dei vivi di fronte alla Bellezza.
Il fragore delle spade, ad esempio.
Il silenzio del fiume di lana di fronte al Potere.

Eravamo appesi come bandiere
sulla faccia puntuta della luna.
Attorno a un fuoco ascoltammo le parole del serpente
che strisciò molle, una notte, sullo scuro intestino della Terra.
La sua era una storia di catene,
di specchi,
di angeli caduti in rovina.
La sua era una storia che riempiva di occhi le lacrime.
Occhi divaricati nell’oscurità fino a sanguinare.
La sua era una storia che riempiva di mani il tremore.
Mani tese a sbrogliare
le mandibole divaricate dell’universo morente.
Un solo dubbio ci attraversò
“vinceremo noi o la morte?”
Ma sapevamo già quale fosse la risposta.
Così,
in attesa della morte,
innalzammo una tana al di fuori dell’universo,
un vivacchio,
e un solo idolo prendemmo a pregare:
la figura in fondo allo specchio.

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