Carlo Bordini
Die Gesten
I gesti
Persone i cui gesti sbagliati tremano
un po’
Persone i cui gesti sbagliati. Ci sono persone
per cui
fare gesti è una cosa
difficilissima. Provano e
riprovano i loro
gesti sbagliati, e quando uno riesce sembra che tutti
riescano, ma la fila
più lunga è quella dei gesti
sbagliati, [che
fila interminabile!!
I gesti maldestri ripetuti
dopo tanti anni, i gesti
ripetuti per tanti
anni, i gesti comici,
i gesti un po’ suicidi.
i gesti interlocutori. I gesti
che non si fanno capire, le richieste
di aiuto
non accettate,
le richieste
maldestre,
continuate. le
richieste
suicide. I gesti goffi
un po’ vergognosi, blasfemi. I gesti
altezzosi, I
gesti
che non hanno peso o valore perché
maldestri, i gesti
tranquillamente maldestri, abitudinari,
i gesti
ironici.
I gesti
rassegnati
I gesti consapevolmente
goffi,
consapevoli
di essere
maldestri e goffi,
I gesti che
contengono
un’implicita
scusa
e quelli che fingono
di essere superbi
I gesti che
sanno
che non c’è niente da fare.
I gesti
silenziosi
che si
appartano
I gesti orgogliosamente
ben poco destri
I gesti di chi sa di essere maldestro
e fa dei gesti
per
allontanarsi
per non
figurare
I gesti
rassegnati
I gesti infastiditi
di chi sa di
essere goffo e di essere
considerato maldestro
I gesti straniti
di chi non sa bene
quello che fa
i gesti indispettiti
che chiedono solitudine
Oppure il gesto maldestro
definitivo, quello di non
comunicare più
di partire per la tangente per la propria
solitudine
e non comunicare più
più più
i tic
i piccoli tic
i gesti che cercano di allontanare
qualcuno
immaginato o
immaginario
il sapersi
giudicati
[da tutti]
il sapere che i propri gesti
sono
giudicati
I gesti di chi sente dentro
una debolezza
che gli rende difficile fare
qualsiasi gesto
il gesto silenzioso
come se volesse che gli altri capissero
ciò di cui ha bisogno
senza bisogno di muoversi
il gesto di non fare
nessun gesto
I gesti
immaginari
l’immaginare
di fare
un gesto
i gesti sott’acqua
fare dei gesti sott’acqua
indicando alla gente che passa
ma nessuno scopre il tuo dito
che si muove sott’acqua
I gesti estranei
c’è sempre qualcuno che guarda
i gesti che si fanno
e stabilisce che sono
maldestri folli pazzi goffi gratuiti
ridicoli
osservabili
c’è sempre qualcuno che stabilisce
che sei troppo magro
troppo grasso
un po’ troppo silenzioso
poco coerente,
un po’ strano
un po’ disturbato. [(detto
a voce bassa).],
un tipo poco
pratico
volenteroso ma
troppo solitario,
troppo introverso
troppo poco pratico
troppo poco sociale,
I gesti che evitano
la gente. I gesti che evitano
di esser visti. I gesti
che coprono, che cercano
di coprire.
I gesti che proteggono
istintivamente la faccia,
la testa le mani
la bocca, anche se
inconsapevoli
I tic
i tic un po’ ridicoli
I gesti inutili
La paura dei rumori. Il
desiderio
di non esser visti, il gesto
di coprirsi, il
desiderio di nascondersi, il
gesto di
coprirsi la testa. I gesti
di chi
ha la testa
da un’altra parte, il
gesto di coprirsi
la testa, la faccia,
la bocca, i gesti
illibati. I pensieri
illibati, i pensieri
candidi, virginali, illibati.
i gesti che fanno
il male senza saperlo
Die Gesten
Menschen, deren falsche Gesten ein wenig
Zittern
Menschen, deren falsche Gesten. Es gibt Menschen,
denen
Gesten machen
sehr schwer fällt. Sie probieren
wieder und wieder ihre
falschen Gesten aus und wenn ihnen eine gelingt, dann scheinen alle anderen auch
zu gelingen, aber die längste Reihe ist die
der falschen Gesten, [was für eine
endlose Reihe!]
Die ungeschickten Gesten
nach vielen Jahren wiederholt, die Gesten
über viele Jahre wiederholt,
die komischen Gesten,
die etwas selbstmörderischen Gesten.
die fragenden Gesten. Die Gesten,
die sich nicht verstehen lassen,
die nicht erhörten
Hilferufe,
die ungeschickten,
ununterbrochenen
Forderungen. die
selbstmörderischen
Forderungen. Die plumpen Gesten,
die etwas verschämenden, lästerlichen. Die hochmütigen
Gesten, Die
Gesten
die weder Bedeutung, noch Wert haben, weil
sie ungeschickt sind, die Gesten,
die einfach ungeschickt und gewöhnlich sind,
die ironischen
Gesten.
Die resignierten
Gesten
Die bewusst plumpen
Gesten,
die wissen
ungeschickt und plump
zu sein,
Die Gesten, die
eine indirekte
Entschuldigung
enthalten
und diejenigen, die vortäuschen
stolz zu sein
Die Gesten, die
wissen
dass nichts mehr zu machen ist.
Die stillen
Gesten,
die sich
absondern
Die stolzen,
wenig geschickten, Gesten
Die Gesten desjenigen, der weiß ungeschickt zu sein,
und Gesten macht,
um
sich zu entfernen
und nicht
aufzufallen
Die resignierten
Gesten
Die verärgerten Gesten
desjenigen, der weiß,
plump zu sein und als
ungeschickt zu gelten
Die verwirrten Gesten,
desjenigen, der nicht weiß,
was er tut
die verärgerten Gesten
die Einsamkeit verlangen
Oder die definitiv
ungeschickte Geste, nicht
mehr zu kommunizieren,
abzuschweifen, in die
Einsamkeit,
und nicht mehr zu kommunizieren,
nicht mehr, nicht mehr
die Ticks
die kleinen Ticks
die Gesten, die versuchen,
jemanden Fern zu halten,
jemanden,
den man sich vorstellt
oder erfindet
zu wissen,
dass man verurteilt wird
[von allen]
zu wissen, dass die eigenen Gesten
verurteilt
werden
Die Gesten, desjenigen, der sich
so schwach fühlt,
dass es ihm schwer fällt
irgendeine Geste zu machen
die stille Geste
als ob er wollen würde, dass die anderen verstehen,
was er braucht
ohne dass er sich dafür bewegen muss
Die Geste
überhaupt keine Geste zu machen
Die eingebildeten
Gesten
sich einbilden
eine Geste
zu machen
Die Gesten unter Wasser
Gesten unter Wasser machen
auf vorbeigehende Leute zeigen
ohne dass jemand deinen Finger entdeckt
der sich unter Wasser bewegt
Die befremdlichen Gesten
es gibt immer jemanden,
der die Gesten sieht
und beschließt, dass sie
ungeschickt irrsinnig verrückt plump umsonst
lächerlich
sehenswert sind
es gibt immer jemanden, der bestimmt,
dass du zu dünn
zu dick
ein wenig zu still
zu inkonsequent,
ein bisschen komisch
ein bisschen gestört. [(flüsternd
gesagt).],
ein unpraktischer,
bemühter,
aber zu einsamer
zu introvertierter
zu unpraktischer
zu ungeselliger
Typ bist,
Die Gesten, die Leute
meiden. Die Gesten, die vermeiden
gesehen zu werden. Die Gesten,
die etwas verbergen, die versuchen
etwas zu verbergen.
Die Gesten, die instinktiv,
wenn auch unbewusst,
das Gesicht
den Kopf die Hände
den Mund beschützen
Die Ticks
Die etwas lächerlichen Ticks
Die unnötigen Gesten
Die Angst vor Geräuschen. Der
Wunsch
nicht gesehen zu werden, die Geste
sich zu bedecken, der
Wunsch sich zu verstecken, die
Geste
sich den Kopf zu bedecken. Die Gesten
derjenigen,
die mit dem Kopf
ganz woanders sind, die Geste
sich den Kopf, das Gesicht,
den Mund zu bedecken, die keuschen
Gesten. Die keuschen
Gedanken,
die reinen, jungfräulichen, keuschen
Gedanken.
Die Gesten, die weh tun
ohne es zu wissen
Da “Polvere”
Sarò sempre un pò meno di quello che sono,
e anzi, molto meno. Polvere. Ho perso molto.
Ciò che si perde è irrecuperabile, e se lo si recupera esso
è ormai disperso, non rientra più nell’ordine prestabilito
delle cose. Sono contento
se di me non rimane che un lieve
involucro. Ho perso
molto. In questa levità,
ciò che più importa è l’assenza di acuti,
che tutto sia tondo e raccolto. Basta
questo. Tutto ciò che è devastato può divenire rotondo,
ancora rotondo. Come un vaso. E’ ancora possibile.
La polvere può essere recuperata. La polvere era una volta
detriti. Ora la polvere non è detriti,
è lenta friabile. La polvere
è un po’ meno, ma può essere
tenuta insieme. Le ferite
possono diventare polvere, raccolta
e conchiusa. Sono contento
di non capire le cose. La loro
ragione. Vi sono cose che ignoro, e sono
contento. Appaiono come misteri,
tranquille. Ad esempio,
la ragazza che incontro sempre, mi ama
o no? Non lo so. Sono contento
di non saperlo. Sono contento di non sapere
se l’amo, o meglio, so che non l’amo, che potrei
amarla; sono contento
di non sapere se avrei potuto amarla. Questo mistero
mi rassicura più del suo amore.
E’ bello non sapere. Non sapere, ad esempio,
quanto vivrò,
o quanto vivrà la terra.
Questa sospensione
sostituisce l’eternità.
…………………………..
Quando dalla tempesta gli idrocarburi giunsero nella
palude, che comunicava colla tempesta, ma ne era separata,
nella palude calda ed assolata,
allora lì nacque la vita come polvere immersa nell’acqua,
come qualcosa di infinitamente piccolo e debole, che
trovava le condizioni favorevoli per fiorire e faceva
della sua debolezza la condizione della sua essenza.
Se non fosse stato debole non sarebbe potuto nascere,
né farsi penetrare dal sole. Se la tempesta
non l’avesse sbattuto non si sarebbe frantumato e non avrebbe
raggiunto piano piano la palude, coi suoi simili frantumati,
per farsi penetrare dal sole.
Così nacque la vita. Dalla polvere, dalla
catastrofe. Dal frantumarsi e dai detriti
frantumati. Così nacque la forza. Dalla
debolezza, dall’argomentare della
debolezza. Dal suo accettare di farsi
penetrare dal sole.
……………………………………….
Aus “Staub”
Immer etwas weniger werde ich sein, als ich es bin,
sogar viel weniger. Staub. Viel habe ich verloren.
Was verloren ist, kann nicht wiedergewonnen werden,
und wenn es wiedergewonnen wird,
ist es dann verstreut, in der vorbestimmten Ordnung
der Dinge findet es keinen Platz mehr. Ich bin froh,
bliebe von mir nichts anderes als ein Hauch
von Hülle. Vieles habe ich
verloren. Was bei diesem Hauch
am meisten zählt, ist die Abwesenheit des Spitzen,
rund soll alles sein und in sich geschlossen. Dies genügt.
Alles, was zerrissen ist, kann rund,
noch rund werden. Wie ein Gefäß. Noch ist es möglich.
Der Staub kann wiedergewonnen werden. Einmal war der Staub
Geröll. Jetzt ist der Staub kein Geröll,
allmählich wird er bröckelig. Etwas weniger
ist der Staub, aber er kann
zusammengehalten werden. Die Wunden
können zu Staub werden, zusammengehalten
und in sich geschlossen. Ich bin froh,
dass ich Dinge nicht verstehe. Ihren
Sinn. Es gibt Dinge, von denen ich nichts weiß, und darüber bin ich
froh. Wie Geheimnisse erscheinen sie,
sind ruhig. Zum Beispiel,
liebt mich das Mädchen, dem ich immer begegne,
oder nicht ? Ich weiß es nicht. Ich bin froh,
dass ich es nicht weiß. Ich bin froh, dass ich nicht weiß,
ob ich sie liebe oder besser, ich weiß, dass ich sie nicht liebe, dass ich sie
lieben könnte; ich bin froh,
nicht zu wissen, ob ich sie hätte lieben können. Dieses Geheimnis
gibt mir mehr Sicherheit als ihre Liebe.
Es ist schön, nicht zu wissen. Nicht zu wissen, zum Beispiel,
wie lange ich noch lebe
oder wie lange noch die Erde lebt.
Dieser Schwebezustand
ersetzt die Ewigkeit.
…………………………
Als aus dem Sturm die Kohlenwasserstoffe in den
Sumpf gelangten, der mit dem Sturm in Verbindung war, jedoch von ihm getrennt,
in den warmen und sonnigen Sumpf,
entstand dort das Leben wie in Wasser versunkener Staub,
wie etwas unendlich Kleines und Schwaches, das,
um zu blühen, günstige Bedingungen fand und
aus seiner Schwäche die Bedingungen für sein Dasein schuf.
Wenn es nicht schwach gewesen wäre, hätte es nicht entstehen können
und sich auch nicht von der Sonne durchdringen lassen. Wenn der Sturm
es nicht hingeworfen hätte, wäre es nicht zerbröckelt und hätte nicht
im nachhinein den Sumpf zusammen mit seinen Gleichen, den Zerbröckelten, erreicht,
um sich von der Sonnen durchdringen zu lassen.
So entstand das Leben. Aus dem Staub, aus der
Katastrophe. Aus dem Zerbröckeln und dem zerbröckelten
Geröll. So entstand die Kraft. Aus der
Schwäche, aus dem Gedanken über die
Schwäche. Aus dem Hinnehmen, sich von der Sonne
durchdringen zu lassen.
………………………………..
Marina
Il mare entra tutti i giorni nel mio giardino.
Circonda le pietre e in uno slancio
bagna gli aranci ancora verdi.
Da molti anni l’ho visto singhiozzare.
Sollevare le sue creste, abbattersi sull’arena.
Rompersi in ali di luce viola e scarlatte
Grave e sontuoso nel suo mormorare lontano.
Il sole addormenta le cicale.
Candide e ingenue errano le nuvole.
Questo penso quando contemplo
Le immagini fulgenti del mezzogiorno.
L’ape sopra le uve di spiaggia
Succhia in estasi il loro purpureo nettare,
ebbra di un dolce sogno celeste.
Am Meer entlang
Jeden Tag kommt in meinen Garten das Meer,
umringt die Steine, und mit einem Schwung
wässert es die noch grünen Orangenbäume.
Seit vielen Jahren hab ich gesehen, wie es schluchzt,
seine Wellenkämme erhebt und auf dem Sand niederschlägt,
wie es aus violetten und scharlachroten Lichtflügeln auseinander bricht,
schwermütig und prachtvoll in seinem weit entfernten Gemurmel.
Die Sonne schläfert die Zikaden ein.
Schneeweiß und unbekümmert irren die Wolken umher.
Dies alles bedenke ich, wenn ich
die funkelnden Bilder der Mittagszeit betrachte.
Die Biene über den Trauben am Strand
saugt in Ekstase ihren purpurroten Nektar,
berauscht von einem süßen himmlischen Traum.
Magritte
La foglia contiene già in sé l’albero
il profilo dell’uomo contiene la sua serata
La nuvola contiene in sè l’orizzonte
e la memoria è una ferita
sulla tempia di una statua olimpica.
La mela si erge sopra un collo inesistente,
testa vegetale
e il titolo è sempre necessario,
sempre necessario.
Mentre la nuvola entra nella nostra intimità,
e il mondo vegetale si mischia con quello animale,
i vestiti si mischiano col corpo
le funzioni col mezzo (l’uccello col cielo)
una mela ascolta invadente
e noi, con le nostre tre lune,
guardiamo i pani sfilare nel cielo,
e dalla finestra, inquietanti,
ci guardano scomposti
cinquanta dei nostri ii
orrenda
vendemmia di morte.
Mentre un uccello di pietra
vola
in un cielo dipinto
delle nostre facce
addio sole,
triste sul vestito nero.
Magritte
In sich enthält das Blatt schon den Baum
das Profil des Menschen seinen Abend
die Wolke den Horizont
und das Gedächtnis ist eine Wunde
auf der Schläfe einer olympischen Statue.
Der Apfel erhebt sich auf einem nicht vorhandenen Hals,
Kopf aus einer Pflanze
und der Titel ist immer notwendig,
immer notwendig.
Während die Wolke in unser Inneres gelangt
und die Pflanzenwelt sich mit der tierischen vermischt,
die Kleider mit dem Körper sich vermischen,
die Funktion mit dem Mittel (der Vogel mit dem Himmel)
hört ein Apfel eindringlich zu,
und wir, mit unseren drei Monden,
schauen, wie die Brote im Himmel in einer Reihe vorüberziehen,
und aus dem Fenster, beunruhigend,
schauen ungeordnet auf uns
fünfzig unserer i
grauenvolle
Weinlese aus Tod.
Während ein Vogel aus Stein
in einem mit
unseren Gesichtern
bemalten Himmel
fliegt
lebwohl Sonne,
traurig auf dem schwarzen Kleid.
A Silvia
ti ricordi quella mattina
attraversare piazza esedra
gremita
andare all’università a pie
di
aspettarti
Für Silvia
erinnerst du dich an jenen Morgen
die Piazza Esedra durchquerend
voller Menschen
zu Fuß auf dem Weg zur Universität
dich
erwartend
silvia sorella mia
amore anima mia
che cosa ci impedisce
di amar-
ci
quale forza
ci le-
ga
cosa ci arresta al di
qua
della s o
g
l i a
Silvia meine Schwester
meine Liebe meine Seele
was hindert uns daran
uns zu lie-
ben
welche Macht
bin-
det uns
was lässt uns stehen bleiben
auf dieser
Seite
der Schwe
l
le
I tuoi capelli sono di un biondo velenoso
lentamente mi hanno avvelenato
ho il cuore e il petto pieni dei tuoi capelli
non sapevo che fossero così
non ho mai immaginato l’amara fava che stavo mangiando
credevo che vivere costasse ma non tanto
sono incenerito
è l’ultimo giorno dell’anno
ti porterò sempre dentro
la mia pelle rugosa azzurra
con l’impronta dei tuoi baci velenosi innocenti
Deine Haare sind von einer giftig blonden Farbe
langsam haben sie mich vergiftet
voll von deinen Haaren sind mein Herz und meine Brust
ich wusste nicht, dass sie so waren
nie habe ich mir die bitteren Bohnen vorgestellt, die ich aß
ich dachte, Leben kostet etwas, aber nicht soviel
Asche bin ich
es ist der letzte Tag des Jahres
ich werde dich immer in mir tragen
meine faltige blaue Haut
mit dem Abdruck deiner Küsse, unschuldig und giftig
Afrodite
Afrodite suona il violino
col piede arcuato sul suo piedistallo
l’occhio biondo e il piede di pietra
Aphrodite
Aphrodite spielt Violine
mit dem gebogenen Fuß auf ihrem Podest
das helle Auge und der Fuß aus Stein.
Ho percorso una strada banale,
piena di campi.
vorrei tornare in questa strada banale
E’ una strada piena di canne
Einen gewöhnlichen Weg hab ich beschritten,
von Feldern umgeben.
Zu diesem gewöhnlichen Weg möchte ich zurück,
es ist ein Weg voller Schilf
tu sei la mia foto=
grafia
l’ombra so=
vra=
sta la
luce
era
Du bist meine Photo-
graphie
der Schatten ü-
ber-
ragt
das Licht
es war
Nota biografica:
Carlo Bordini, poeta e narratore, è nato a Roma, dove vive, nel 1938. E’ stato a lungo militante in un gruppo trotskista. Ha insegnato storia moderna presso l'università di Roma “La Sapienza”.
Ha pubblicato, nel tempo, diversi libri di poesie. Tutte le sue poesie fino al 2010 sono state raccolte nel volume: I costruttori di vulcani – Tutte le poesie 1975-2010, Luca Sossella editore.
Successivamente: L’idea della catastrofe, collana Isola, 2014, Assenza, Carteggi letterari, 2016.
Ha pubblicato, come narratore: Manuale di autodistruzione, Fazi, 1998 – 2004; Pezzi di ricambio, Empirìa 2003; Gustavo – una malattia mentale, Avagliano, 2006; I diritti inumani ed altre storie, La camera verde, 2009.
Recentemente (2016) è stato pubblicato dall’editore Luca Sossella il romanzo Memorie di un rivoluzionario timido, al quale l’autore ha dedicato circa trent’anni di lavoro.
Ha curato, con altri, Dal fondo, la poesia dei marginali, Savelli, 1978 - Avagliano, 2007; Renault 4 – Scrittori a Roma prima della morte di Moro, Avagliano, 2007.
Ha pubblicato in inglese l’e-book di poesie Gestures, Zona editrice, traduzione di Nail Chiodo; e in tedesco l’e-book Gedichte, Bestreaders.de.
Due volumi di poesie in francese (Poussière, Danger) sono stati pubblicati dall’editore Alidades (Evian) rispettivamente nel 2008 e nel 2010, e altre poesie sono presenti sul sito Dormirajamais di Olivier Favier. Inoltre: Manuel d’autodestruction, Metropolis, Genève, 1995.
Ha pubblicato l’antologia di poesie in spagnolo Polvo, Lustra Editores, Lima 2015.
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