Nessun dio

[…] cercare fratelli che non sono più […]
Pier Paolo Pasolini da “Un solo rudere”

La resa delle onde
nel farsi mare calmo
ultima supplica-
morire in te
in un’innocenza d’infanzia.

*

Le si gettava ai piedi
implorandolo; in risposta
l’essere calpesta
fino a pisciarci sopra

di bambino il mio impotente vedere
e il vivere come liberazione
l’essere promosso a carne
da battere, violentare

dell’umiliazione sono
le inguaribili lesioni
che mi fanno ammazzare
a calci i randagi
perché troppo ci somigliano.

Noi, brividi scolpiti
nel silenzio frammenti –
esercito di lacrime; dal vento
abbattute e spente.

*

Sapere che la tua fica
si bagna per me,
sentirlo con le dita;
io solo questo
chiamo amore.
È l’animale che sono,
carne di ganci
appesi al cielo,
tutto il mio sentire
morto per fame-
la vita che mi ha fatto
bestia e cane.

*

Le lenzuola fradice di piscio
i capelli unti, la puzza, le piaghe

con secchio e spugna
lavare mia madre
che per l’esaurimento
passava a letto
intere settimane-

donna di cento chili bambina,

è la vita che ci rende
alla vita impossibili.

*

Dilaniami il corpo
e spalancami
di qualsiasi cosa
che morte non sia.

*

Barbara non riesce a frenare
le lacrime che non piange,
nell’eroina tutto
è illuminato
e nulla splende.
Fiore che punta i piedi e cade
feroce madre-
è della vita
la morte
il regalare.

*

Inginocchiarmi tra le gambe
degli sconosciuti in stazione,

prigione di carne
abitata dall’addio,
sputato lo sperma-
di voi,
un sorriso
elemosinare.

*

La perfezione del taglio
la sua purezza
le ferite inflitte
l’amore di mio padre.
Di rondini
un ritratto il cielo,
città accasciata;
Genova- di morte immortale.

*

Dovevo passarci
la domenica mattina,
quando ubriaco
alla Commenda
si è scagliato
contro i Carabinieri
mordendone uno
alla gamba.
I militari a fatica domarlo,
poi dentro la volante
animale guardandomi
a scalciare la portiera.
Quel pomeriggio
per la prima volta
mi avrebbe visto
giocare a pallone;
facevo la prima media
le scarpe prestate.
Nel sogno di averti padre
ti cerco ancora-
nella tua instancabile assenza-
che neppure la morte
ha reso certezza.

*

Tra tossici
contro i vicoli
per solitudine
ci scopiamo fratelli,
Di bestie la primordiale
povera felicità.
Genova d’acqua
colpevole testimone
di tanti massacri;
noi il primo buio
il segreto della carne-
vivere è mentire
morire confessare.

Nota biografica:

Enrico Marià è nato nel 1977 a Novi Ligure (AL). Ha pubblicato le raccolte: Enrico Marià (Annexia 2004); Rivendicando disperatamente la vita (Annexia 2006); Precipita con me (Editrice Zona 2007); Fino a qui (puntoacapo Editrice 2010 con prefazione di Luca Ariano, II ristampa); Cosa resta (puntoacapo Editrice 2015, prefazione di Mauro Ferrari). Nel 2013 è stato inserito nel censimento della giovane poesia italiana dai 20 ai 40 anni compilato da pordenonelegge. Marià è inserito in diverse e prestigiose antologie e suoi testi compaiono su numerosi siti web.

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