martedì ventotto giugno duemilasedici

questo è il modo
in cui un corpo esplode,
lo mostrano al telegiornale,
poche volte a dire il vero,
perché potrebbe turbare
i telespettatori all’ora di cena.
così viene colpito, ferito da lontano
e sempre così prende coraggio
per farsi saltare in aria.
– kamikaze ‹kamika∫e› s. giapp. [propr. «vento divino», comp. di kami, nome di divinità dello scintoismo, e kaze «vento»;] e poi la descrizione prosegue.
questi giapponesi hanno dato un nome
ai fanatici, al male che guarda alla purezza
ma è corroso dentro e mai saprà nulla.
İstanbul città della Turchia
e quarantadue vittime
all’aeroporto, in sottofondo
una piccola guerra
a tenerci compagnia.

Tutto è pieno d’amore (deflagrazione #4)

Non vedevi l’ora della rivoluzione
della giustizia sociale,
dell’uguaglianza fra uomini e amori.
Non vedevi l’ora non venire a sapere
qualche novità dagli artisti di strada,
non vedevi l’ora dei preparativi per le barricate,
delle bandiere tese al vento del cambiamento,
ma cambiare è morire
e morire è questo:
conoscere canzoni d’amore
urlare nei megafoni
studiare e spiegare
prendere posizione in silenzio
dipingere nature morte
manifestare il nulla
apprezzare i trentacinque gradi di giugnoluglioagostosettembre
capire le ragioni del terrorista
sperare nel nuovo cinema italiano
conoscere quattro accordi di chitarra
ridere osservando i quadri di Miró
non essere omosessuale non avere amici omosessuali e volere i diritti per gli omosessuali
essere immigrato avere amici immigrati e detestare il razzismo
imparare e rispettare gli anziani da giovani
insegnare e rispettare i giovani da anziano
preparare le valigie e tornare a casa
cercare compulsivamente la musicalità nelle poesie contemporanee
salvare gli animali di strada
credere nei titoli di studio
provare e riprovare
assumersi le proprie colpe.
Dicevi: «Se un umano pensa bene,
allora deve abituarsi al suono della sua voce,
a non specchiarsi mai,
a inventare parole e non rispondere all’odio.
Se un umano pensa bene,
terrà sempre in ordine il suo giardino
e darà un nome ad ogni foglia
ad ogni fiore
e il rosso, il giallo, il blu, il marrone
e il verde compreso
saranno vittorie
sul sangue, sull’oro, sul mare assassino, sul colore della pelle
e sull’invidia».

Ti ho ancora nel ricordo, di spalle
mentre osservi un quadro di Tancredi
e provi sincero amore per i colori.

Ti ho ancora nel ricordo, gli occhiali quadrati
mentre ti lamenti per qualcosa
di cui subito dopo ti dimentichi.

Ti ho ancora nel ricordo, le mani ruvide,
ti si increspano per il freddo
e cerchi le mie, affondate nelle tasche.

Ti ho ancora nel ricordo, di fronte
mentre il cameriere interrompe il nostro dialogo
interminabile, ti sento anche nel silenzio delle palpebre.

Il bagno nasconde un retro

Non è niente che non possa essere
soffio e lamento. Fruga nelle tasche
cercando un centesimo di polvere
da riporre a terra e rendere radice,
è inumana quella finestra e quel ghiacciaio
è plastica sotto fuoco, si allunga e si stacca
nel ricordo.
Musica di ancore, sonagli e zingari felici
senza un noi di nome e di fatto, sempre
un tu ed io, una d eufonica per unire il separato.
Oggi un sole maestro sopra le nuvole
volerà rasente al suolo, lasciando nel sonno
il modo in cui mi tocchi.

Tutte quelle frasi che in bocca suonano strane

Venne il sonno delle pulci
a farci rotolare
fra i peli dei cani da caccia
e infastidirci le gambe,
latitudine e longitudine
si persero in un rosa pesca di quella guancia tua
che riesci a vedere
solo quando vieni ad abitare da me.

Venne il morbo della ruggine
e colpì la pazienza dei martelli
e finirono i tempi delle crepe
e dei quadri storti,
le pareti ruvide erano cadute
lasciando quel che non si dice
nudo e sudato, stravolto dal bel tempo
e angosciato dai temporali
preparati in gran silenzio
sulle montagne nascoste
dall’eccessivo fumare della pianura.

E raccogliamoci in una legge
e che nessuno la voti
e che nessuno la voglia
e che crei dissenso popolare
e raccogliamoci in una legge
e che nessuno la chieda
e che nessuno la promuova
e che crei disordini o almeno disappunto.

 

Nota biografica:

Sono nato il 26 settembre 1993 nella bollente città di Barranquilla, sulla costa nord della Colombia. Nel dicembre 1999 mi sono trasferito in Italia, in una provincia di Milano divenuta famosa.
Dei miei testi sono stati pubblicati in alcune antologie di racconti. Mi sono classificato al 2° posto della XXª edizione del concorso nazionale di poesia “Ossi di Seppia” (2014); 3° nella Iª edizione del concorso nazionale di poesia “La Bormida al Tanaro sposa” con la silloge inedita ¡Afuera todos saben vivir! (2014). Ho ricevuto la menzione speciale nella Iª edizione del “Premio Nazionale di Poesia Terra di Virgilio” (2015). Nel 2016 mi è stata pubblicata ¡Afuera todos saben vivir! per i tipi di Matisklo Edizioni. Dal 2013 sono parte del collettivo artistico Bibbia d’Asfalto – Poesia urbana e autostradale. Oggi perseguo l’obiettivo di conquistare il mondo o almeno di trovare una casa in campagna da trasformare in fattoria, altrimenti un monolocale in centro o in periferia, credendo sempre che «potrebbe esser peggio, potrebbe piovere».

 

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