Qui tutto mi è ostile

 

 

«Avrai quello che meriti»

grugnisce il pavimento che calpesto

e il calcare che scrosto dalla vasca da bagno

e lo yogurt scaduto che butto nella pattumiera

anche se decanto versi invisibili

anche se mi muovo delicato

anche se non abbaio

 

tento di seminare lʼombra che mi deride

in strettoie zeppe di propositi lanuginosi

lʼalibi si è rifatto il trucco

per dimenarsi un poʼ.

 

«Questa la pagherai cara»

sembra dire la sedia su cui mi accomodo

e la polvere che rimuovo dalle mensole

e il mese che strappo dal calendario

quanto lʼaltro volto dellʼordine

quanto la perfidia sottovuoto

quanto nemici che non ho

 

qualcuno bussa alla porta severa

e bisbiglio dʼimprudenza

niente è semplice niente

nella tana ostile.

 

«Te ne faremo pentire»

intimano i pulsanti che premo

e le pareti in cui pianto dei chiodi

e le tende ingiallite che sostituisco

come se fabbricassi angherie

come se mancassi di fiori interiori

come se non fossi parte dellʼarredo

 

al culmine della congiura

il soffitto mi abbandonerà

a costellazioni glaciali

che non sorridono mai.

 

 

Scheletri ambulanti

 

 

Quei ritagli di radiografie

vegetano su panchine immerse

nel risparmio energetico

dentro automobili di paglia

sotto portici opulenti

e in androni spaziali

per un senso arretrato

di conservazione

trasudando patologie

ma dovrebbero agire

come se si trovassero

in una giungla vorace

dovrebbero essere lerci

non sapere dove dormire

e curvarsi come scimmie

per redimersi infine

permeati di ogni penuria

delle proprie biografie

oltre il folclore ferale

nell’urbana dissimulazione.

 

 

Nego tutto

 

 

Bevo una tazza di ingratitudine, mi ristora

 

non credo negli accordi

non credo nei progetti

non credo nella gerarchia

non credo nella devozione

non credo nella stabilità

non credo nelle variazioni

non credo nellʼimprovvisazione.

 

La cronaca si accumula disordinata

le competenze, gli esperimenti, gli insuccessi

 

non credo nella magia

non credo nei baracconi

non credo nei templi

non credo nelle leggi

non credo nelle origini

non credo nelle dinastie

non credo nellʼumanità.

 

Accetto le condizioni e lʼacume si squaglia

come è serio quello che ne rimane

sembra una pozzanghera in cui smarrirsi

 

non credo nella razza

non credo nei branchi

non credo nella purezza

non credo nellʼappartenenza

non credo nel buonsenso

non credo nella diplomazia

non credo nella normalità.

 

Nessuna promessa sarà mantenuta

neppure questa, lo prometto

ogni funzione verrà pregiudicata dal sarcasmo

e sarò in debito per aritmetica e geometria

 

non credo nel nichilismo

non credo nelle effusioni

non credo nella psicologia

non credo nella contraddizione

non credo nelle invasioni leggere

non credo nelle precauzioni affettive

non credo nella buona educazione.

 

Lʼautodistruzione è un cucciolo che alleviamo

il mio lo nutro bene, con frattaglie

di ogni idea a cui non mi affido

con capricci che non ho soddisfatto

e la fine mi ammalia quanto lʼinizio

 

non credo nella testa

non credo negli occhi

non credo nella lingua

non credo nelle mani

non credo nei piedi

non credo nei genitali

non credo in me.

 

 

Pleonasmo per la ribellione

 

 

I campanacci si sgolano

ancora dʼimperizia

ancora dʼasineria

su carta numerata

al ritmo scandito

dallo scrigno parlante

che costruisce il bastone

per la consenziente sodomia

 

reazionari mʼimbarazzano

nellʼora delle marchiature a fuoco

richiudo il sadismo

come un cancello

sullʼindole impietosa

di chi non ha forza di contestare

quel liquido amniotico

che agogna burrasca

 

è la disobbedienza proliferante

azione dopo azione

muscolatura su muscolatura

a sovvertire impunemente

coercizioni tiranniche

i soprusi dei colossi

le enormità delle condanne

ogni violazione sul campo

 

la cesoia deve riempirsi

stomaco e orgoglio

di testicoli di pastore

o spargerli sulle rovine

delle città mancanti

fino al ghigno epico

della sommossa che è

possibilità di risorgere.

Nota biografica:

Marco Corvaia nasce a Palermo nel 1980. Come editor e impaginatore ha collaborato con alcune realtà editoriali siciliane. Attualmente riveste il ruolo di formatore presso corsi di formazione professionali. È l’autore di Pino se lo aspettava (Navarra Editore, 2012) e della raccolta poetica Post somnium (Edizioni Ensemble, 2019). Ha vinto il primo premio del concorso Arpeggi indetto da ARPA Sicilia, con il racconto Mafia di sale. Suoi scritti (racconti e poesie) sono presenti in varie antologie, riviste letterarie e blog culturali, tra cui: Nazione Indiana, Altri Animali, Malgrado le mosche, Pastrengo, L’Ircocervo, Neutopia, Digressioni, Micorrize, Risme, Crack, Split, Blam, Larosainpiù, Poesia del nostro tempo.

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