Marco Corvaia
Qui tutto mi è ostile
«Avrai quello che meriti»
grugnisce il pavimento che calpesto
e il calcare che scrosto dalla vasca da bagno
e lo yogurt scaduto che butto nella pattumiera
anche se decanto versi invisibili
anche se mi muovo delicato
anche se non abbaio
tento di seminare lʼombra che mi deride
in strettoie zeppe di propositi lanuginosi
lʼalibi si è rifatto il trucco
per dimenarsi un poʼ.
«Questa la pagherai cara»
sembra dire la sedia su cui mi accomodo
e la polvere che rimuovo dalle mensole
e il mese che strappo dal calendario
quanto lʼaltro volto dellʼordine
quanto la perfidia sottovuoto
quanto nemici che non ho
qualcuno bussa alla porta severa
e bisbiglio dʼimprudenza
niente è semplice niente
nella tana ostile.
«Te ne faremo pentire»
intimano i pulsanti che premo
e le pareti in cui pianto dei chiodi
e le tende ingiallite che sostituisco
come se fabbricassi angherie
come se mancassi di fiori interiori
come se non fossi parte dellʼarredo
al culmine della congiura
il soffitto mi abbandonerà
a costellazioni glaciali
che non sorridono mai.
Scheletri ambulanti
Quei ritagli di radiografie
vegetano su panchine immerse
nel risparmio energetico
dentro automobili di paglia
sotto portici opulenti
e in androni spaziali
per un senso arretrato
di conservazione
trasudando patologie
ma dovrebbero agire
come se si trovassero
in una giungla vorace
dovrebbero essere lerci
non sapere dove dormire
e curvarsi come scimmie
per redimersi infine
permeati di ogni penuria
delle proprie biografie
oltre il folclore ferale
nell’urbana dissimulazione.
Nego tutto
Bevo una tazza di ingratitudine, mi ristora
non credo negli accordi
non credo nei progetti
non credo nella gerarchia
non credo nella devozione
non credo nella stabilità
non credo nelle variazioni
non credo nellʼimprovvisazione.
La cronaca si accumula disordinata
le competenze, gli esperimenti, gli insuccessi
non credo nella magia
non credo nei baracconi
non credo nei templi
non credo nelle leggi
non credo nelle origini
non credo nelle dinastie
non credo nellʼumanità.
Accetto le condizioni e lʼacume si squaglia
come è serio quello che ne rimane
sembra una pozzanghera in cui smarrirsi
non credo nella razza
non credo nei branchi
non credo nella purezza
non credo nellʼappartenenza
non credo nel buonsenso
non credo nella diplomazia
non credo nella normalità.
Nessuna promessa sarà mantenuta
neppure questa, lo prometto
ogni funzione verrà pregiudicata dal sarcasmo
e sarò in debito per aritmetica e geometria
non credo nel nichilismo
non credo nelle effusioni
non credo nella psicologia
non credo nella contraddizione
non credo nelle invasioni leggere
non credo nelle precauzioni affettive
non credo nella buona educazione.
Lʼautodistruzione è un cucciolo che alleviamo
il mio lo nutro bene, con frattaglie
di ogni idea a cui non mi affido
con capricci che non ho soddisfatto
e la fine mi ammalia quanto lʼinizio
non credo nella testa
non credo negli occhi
non credo nella lingua
non credo nelle mani
non credo nei piedi
non credo nei genitali
non credo in me.
Pleonasmo per la ribellione
I campanacci si sgolano
ancora dʼimperizia
ancora dʼasineria
su carta numerata
al ritmo scandito
dallo scrigno parlante
che costruisce il bastone
per la consenziente sodomia
reazionari mʼimbarazzano
nellʼora delle marchiature a fuoco
richiudo il sadismo
come un cancello
sullʼindole impietosa
di chi non ha forza di contestare
quel liquido amniotico
che agogna burrasca
è la disobbedienza proliferante
azione dopo azione
muscolatura su muscolatura
a sovvertire impunemente
coercizioni tiranniche
i soprusi dei colossi
le enormità delle condanne
ogni violazione sul campo
la cesoia deve riempirsi
stomaco e orgoglio
di testicoli di pastore
o spargerli sulle rovine
delle città mancanti
fino al ghigno epico
della sommossa che è
possibilità di risorgere.
Nota biografica:
Marco Corvaia nasce a Palermo nel 1980. Come editor e impaginatore ha collaborato con alcune realtà editoriali siciliane. Attualmente riveste il ruolo di formatore presso corsi di formazione professionali. È l’autore di Pino se lo aspettava (Navarra Editore, 2012) e della raccolta poetica Post somnium (Edizioni Ensemble, 2019). Ha vinto il primo premio del concorso Arpeggi indetto da ARPA Sicilia, con il racconto Mafia di sale. Suoi scritti (racconti e poesie) sono presenti in varie antologie, riviste letterarie e blog culturali, tra cui: Nazione Indiana, Altri Animali, Malgrado le mosche, Pastrengo, L’Ircocervo, Neutopia, Digressioni, Micorrize, Risme, Crack, Split, Blam, Larosainpiù, Poesia del nostro tempo.
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