Molesini Silvia
Un quadernetto, le sue lettere.
Di dove il nome che credevi.
Assolutamente.
Che lì derivi.
Ricomincia sbaglia offendi sparpaglia
pristina
e ossa.
Striminzite, stracce, queste sei ossa rose
di due righe di diario, le hai viste
mai
viste
creuses? le ossa de diventato molto
presto di mattina, e un’isola immane
mostruosa la se ra pri ma
ma
non ho nessuno difendimi
scoccano i diademi urlati il petrolio
ritrasferire crediti dicono provano
visti tutti raccattare
visti perdere
e mi ti aggrappo oleosa
che venivi giù dai temporali e
il sogno esplode per ciò là nel
tuo estentivarti, furioso e bianco
nel del tuo rosa
nel grande salto
il color latte
il dietto.
***
Sembra sfilata
annicchia
e pende fiato e asciuga.
Non era lì ma tutto questo si
chiamava dolore e ora si ora
ora si chiama dolo, rifate male. E’ solo
spuma, dite?, solo convivenza
è solo convenienza, dite? eh?
Giocare con la piccolissima, si ma
due medaglie per uno. Giuro.
Vi mangerò il cuore impuro
crudo.
***
Bloccato in pezzi di posizione il ponte d’acqua
non si allunga come deve e l’acqua confina
e il luogo non conosco
damarina, fiottìo, sincrona
la voce di una sintesi moina
ammaliante dove incespa ti vedo
:
che assoluto preciso batti.
Una pulsazione muove un atto
e che pretende cavi, strutture, io
debolerò in dio davanti
l’immagine la forza il sangue stelo
la matri stortura lei stessa
bloccato il ponte d’acqua in posizione spezza.
***
E’ che è difficile dire:
gli occhi di quella ragazza non m’incantano
più se m’hanno mai incantato ma
non m’ incantan’ora. Erano
forse:
blu e candidi, avavano fiato
nel bagliore della luce dell’estremo
ritorno del giorno quando
ieri eravamo poveri
e le immagini languivano
sugli adesivi sulle
automobili, ma ora verdi
li scarico sulle ali del browser
e mi luccicano
fissi
queste ragazze non dicono
cos’è che il mio cuore consuma
e il palpito sonnambulo
dov’è, l’amore mio digiuno?
***
Oh, voi che crescete lentamente
radicelle impiantate bene
e che si prendono i succhi che ci vuole
nel poco a poco nel poco, il poco
del sempre.
Passano anni e sembra niente
cambi, stratificati
si accrescono i percetti e
finalmente, si, spalanca:
un pensiero.
Pare non sia mai stato, lì,
ma ora è lì: un pensiero.
Ed il comportamento errante che
lo sente = è intero!
mentre che tutto nasce:
e vedete il mondo
la sua pelle e
il suo velo.
Ah, voi, che progressivamente
amate e risentite lungo tempo
e sbocciate incolumi dopo i molti inverni
completi nello zoccolo apparito:
quello che invidio,
questo corpo lento
il suo dimenticarsi
poco o niente tormento di voi,
che nascete adesso
e che tutto avrà senso
dentro il filo d’a vita
in grammatica
in biologia
e misura.
***
I miei vecchi amori
li mastico.
Non finita iniziata una sordina
ma l’orecchio dove astro,
li abito.
I miei vecchi amori li complico
chiamo fuori i nuovi
e li stermino
(sorellina,
quando pensavi di esserti discosta
e che avevi pagato la vita
agra sbalordita carogna,
e quando dal pugno un’isolotta magra
non sacco e non sporta, scacciata
ti mormorava resta
e quando, perdio!
ti staccavi la testa dal muro
e basta le botte e basta il cuore cazzo
invelenito stramazzato, fetido
quando ti pareva quasi ch’era niente
quando ti pareva pezzo di spina
universo dente
crestina.
Ti staccare la voce dal suono
e diventava la falena un coccio
a luce alluce maddalena e rovo
ti piaccio, esatto? E sono
sorellina
pietrata
e non mi muovo mai da dove sono
e ho solo l’ala rotta in metà.)
***
Niente, asportavamo.
Dodici deliri alle nuvole basse, che
incrosta il tempo quattro. E non pareva
ma scintillavano.
E non era da poco il provarci, simili simboli
li avevano stampati già in appunti
nella nenia del prima provare e
mai che fossero dimostrati giusti
mai che ma continuavano ad andare.
C’era un filo, lo si sentiva sempre
abitava il mondo concordato e noi, presenti
lo nomavamo inerte, quel filo ma
ci piaceva ci spiegava filato il
filo di sempre
disappariva
e sbam.
***
Un fantasma che sei te e che ti ha
alimentata mente ma ci credi
e mangi sempre con lui, oggi
avevate apparecchiato per una colpa
d’inettitudine e rovina era infatti
errata l’adesione a vita, e tutto si
ammalava, il sangue, il cuore
Acconsentire forse basterebbe, sa.
E accendersi nel fantasma ed incendiare
potrebbe un fuoco freddo un abbandono
potrebbe una caduta bonificante
ucciderci,
così lì immagino un prato piano
in basso in molto in basso all’ombra ai
trifogli, in una calma fidata sdraiata
sul fantasma.
Nota biografica:
Silvia Molesini, nata a Bussolengo (Vr) il 14 luglio 1966, vive e lavora come psicoterapeuta a Costermano (sempre Vr). Ha pubblicato le raccolte Nuova noia (Ibiskos ed. 1987), L’indivia (Campanotto ed. 2001), Il corpo recitato (I figli belli ed. 2004), Lezioni di vuoto (Liberodiscrivere ed. 2006), Cahier de doléances (Samiszdat 2009), 13 algebriche mistiche (voici la bombe 2010). Ha partecipato al romanzo a rete Rifrazioni scomposte su corpo 12 e, per circa due anni, membro fondatore, al progetto Karpòs. È presente su diverse antologie, su qualche rivista letteraria (Le voci della luna, Filling Station, L’ortica, Critère, Niederngasse, Progetto Babele- Il foglio letterario- Historica), su vari siti di interesse letterario in rete ed è stata segnalata in alcuni concorsi di poesia (nel 2008 : con Esanimando al Premio Montano e al premio Mazzacurati/Russo con Cahier corpo piccolo ). Collabora con absolute poetry, zeropoetry, viadellebelledonne, poetarum silva. Work in progress e sito di riferimento: Nascita e morte (titolo provvisorio). Letture su www.myspace.com/molesini (Alle quattro e venti circa) e su http://www.youtube.com/molesini.
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