Recensioni
Brian Blade & The Fellowship Band, Body And Shadow
a cura di Guido Michelone
Body And Shadow
Blue Note
Conoscendo assai bene la storia di questo batterista, Body And Shadow è un album che merita di essere apprezzato da cima a fondo, evitando pregiudizi o preconcetti che di solito si appioppano ai batteristi come lui ogni qual volta passano dal ruolo dell’accompagnatore in gruppi altrui a quello di leader sovrano nelle proprie formazioni. In tal senso Blade è reduce da un paio di differentissime occasioni: da un lato The Wishing Stones (Destiny Records) di Tom Guarna, dove appunto svolge il ‘lavoro’ di accompagnamento batteristico in seno a un bel quartetto mainstream con Jon Cowherd al piano, John Patitucci al basso e il titolare alla chitarra; dall’altro questo Body And Shadow con la Fellowship Band ovvero Myron Walden (sax alto e clarinetto basso), Melvin Butler (sax tenore), il citato Cowherd, Chris Thomas (contrabbassi) e naturalmente Brian che evita di proposito lunghi assolo o pericolosi sconfinamenti verso territori avanguardistici (come gli accade per esempio nei gruppi di Wayne Shorter). Ma il suono controllato dell’intera band deriva altresì dalla volontà del leader di ancorarsi alla forma-canzone e di interfacciarsi con la scrittura e la progettualità; si tratta di una volontà che si spiega ulteriormente con il fatto che The Fellowship Band è attiva da oltre un ventennio, però vanta soltanto cinque album pubblicati, quasi a voler ribadire che i livelli artistici sono tra i primi a essere perseguiti sia dalla front line sia dalla sezione ritmica. Basterebbe l’ascolto di un brano, Duality, tra il soave giustapporsi di impasti timbrici e atmosfere rarefatte a intuire come Brian Blade sia bravo a comporre meticolosamente fondendo il corpo e l’ombra, come avverte il titolo, ovvero, metaforicamente il jazz alla cantabilità e viceversa.
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