Classica e jazz si interfacciano 1

Una storia nata attorno al 1960

a cura di Guido Michelone

Esistono variegate maniere in cui classica e jazz si interfacciano. Si può addirittura cominciare con la situazione prejazzistica ottocentesca, ascoltando (e ammirando) in primis il pianista e compositore Louis Moreau Gottschalk (1829-1869) di New Orleans, bianco con sangue materno creolo. haitiano, quando nel 1859 scrive Souvenir de la Havane conosce di certo il termine “jazz”, benché i primi jazzmen di circa quarant’anni dopo attingano alla stessa fonte ispirativa. Gottschalk, dalla Louisiana, nella città multietnica, oggi detta Jazz City e che già a fine Ottocentesca diventa la culla del jazz medesimo; egli adopera spesso i ritmi caraibici dei propri antenati nonché la locale musica folclorica in virtuosistiche composizioni pianistiche, dalle basi comunque dotte chopiniane. Questa tipologia di prestito musicale diventerà la base prima del ragtime, poi dell’hot jazz all’inizio del XX secolo, ma già a metà di quello precedente, Louis Moreau compie frenetiche tournée fino a tenere ben 84 recital nell’arco di 150 giorni, portando de facto i ritmi sincopati della futura musica di afroamericana nei teatri di ogni angolo del Pianeta (accolto in Europa con entusiasmo).

Circa un secolo dopo, c’è un altro personaggio che dalle Americhe si interessa ai possibili legami tra colto e popolare, iniziando dalle proprie radici culturali che riguardano il fenomeno più europeo di tutte le sonorità afroamericane: Astor Piazzolla. Di lui, analizzando III. Night Club, il terzo movimento dall’Histoire du Tango (1960) viene in mente un proverbio, o meglio ancora un vecchio detto argentino che rivela: ‘Tutto in Argentina può cambiare, tranne il tango!’. Ebbene, il bandoneonista e compositore, nativo di Mar del Plata (1921-1992) dimostra che, in effetti, questo non è vero. Piazzolla cresce a Buenos Aires, maturando ovviamente con il tango delle orchestrine. Quando si rivela una promessa nello scrivere tanghi, si affina studiando dapprima in loco con il grande Alberto Ginastera, e in seguito a Parigi con la celebre didatta Nadia Boulanger; ed è proprio lei a convincerlo a comporre ciò che meglio conosce: il tango. Piazzolla contribuisce a forgiare lo stile noto come “nuevo tango” (“nuovo tango”), che combina la danza e la canzone urbane con la classica e il jazz. In quest’opera – che appunto ripercorre la vicenda tanguera – originariamente per flauto e chitarra viene quindi evocata La Storia, dimostrando che il tango risulta in perenne transizione; infatti in questo terzo movimento l’autore evidenzia come il jazz – eseguito nei locali notturni di Buenos Aires durante i Sixties – inizi a farsi breccia nel tango popolare.

continua […]