Classica e jazz si interfacciano 2

Una storia nata attorno al 1960

a cura di Guido Michelone

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Sempre nel 1960, il grande universalmente stimatissimo Duke Ellington (1899-19749), ritenuto il più dotto e quindi ‘classico’ fra tutti i jazzmen, pubblica l’album Grieg Peer Gynt Suites Nos 1 & 2 (CBS) quasi a dimostrare che l’influenza del jazz sulla musica classica non si applica solo al Novecento o alle avanguardie; il long playing viene poi ristampato col titolo Swinging Suites a opera di Edward E. e Edward G., dove chiaramente i due Edoardo sono lui (nome di battesimo) e il grande compositore Grieg. Nel disco si ascolta ovviamente la big band ellingtoniana riproporre la famosa partitura basata sulla storia di Peer Gynt di Grieg, riarrangiata jazzisticamente in due suite swing per big band. Nello stesso anno il Duca applica la stessa metodologia a Lo schiaccianoci di Tchaikovsky. Il Peer Gynt ellingtoniano viene ben accolto dagli americani, ma non dagli scandinavi: addirittura la Royal Swedish Academy of Music rimprovera Ellington in una dichiarazione ufficiale, dove si sottolinea che la versione jazz di Grieg resta “offesa alla cultura musicale nordica”.

Del resto tra gli anni ’50 e ’60 anche Gunther Schuller (1925-2015) è nel mirino dei critici quando teorizza e sostiene un metodo (quasi una scuola) di composizione che battezza musica della “Terza corrente”. Si tratta di un’autentica ‘filosofia’ che attinge liberamente tanto dal gergo jazz quanto dal vocabolario classico, senza che nessuno dei due sottometta l’altro. La novità schulleriana sfocia dall’idea alla prassi che si può facilmente ascoltare nell’album collettivo Jazz Abstractions (sottotitolo John Lewis Presents Contemporary Music: Compositions by Gunther Schuller and Jim Hall, uscito da Atlantic nel 1961) che, a sua volta, combina elementi dell’atonalità della seconda scuola viennese con figure del modern jazz. Schuller vanta pure un impressionante curriculum quale suonatore di corno, esibendosi da un lato con l’American Ballet, la Metropolitan Orchestra, dall’altro con il tentet (o tuba band) del Miles Davis di The Birth Of The Cool (1949-’50). Negli anni ‘60, durante l’esecuzione della parte del corno nella Sagra della primavera di Stravinsky, Schuller incontra un altro grande compositore americano che spesso chiede al jazz in prestito armonie e ritmi: Leonard Bernstein. Bernstein, direttore della partitura stravinskiana viene così impressionato dal modo di suonare il corno di Schuller, da offrirgli di eseguire la prima di una delle composizioni; e, nel 1967, il suo capolavoro, Triplum No. 1 for Orchestra – può vantare la première alla Philharmonic Hall di New York City con Leonard sul podio. Un anno dopo, nel 1968, inizierà a scrivere un’enciclopedica storia musicologica del jazz medesimo, interrotta solo dalla morte.