French Jazz Style 1 Rive Gauche, dixieland e bebop

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Il discorso su Autumn Leaves

Il discorso su Autumn Leaves – quale canzone impiegata in contesti jazzistici internazionale, sino a diventare un grandissimo standard – aprirebbe una parentesi sui cantautori francesi che hanno solo contatti sporadici con il french jazz style: ad esempio un disco strumentale per George Brassens in tempi non sospetti, due di Charles Aznavour di cui uno con l’orchestrona statunitense Clayton Hamilton, un sentore jazzy nel primo Serge Gainsbourg, una collaborazione di Claude Nougaro nientemeno che con Ornette Coleman o all’inverso la vocalist afroamericana Dee Dee Bridgewaer (residente a Parigi) che omaggia les chansons di Jacque Brel, Charles Trenet, Gilbert Bécaud, Leo Ferré. Dagli anni ‘80, con la riscoperta dello scat, del vocalese, della torch song, si riafferma un canto jazz soprattutto femminile tanto sensuale quanto scoppiettante che non disdegna di confrontarsi con i due estremi della variété e del free: giovani, belle, capaci vanno almeno indicate, in sequenza progressiva, dalla A alla Z, Mina Agossi, Cyrille Aimée, Isabelle Antena, Camille Bertault, Élise Caron, Elisabeth Caumont, Croisille, Anne Ducros.

Parlando invece di jazz nel secondo dopoguerra con la sconfitta del nazifascismo, altrettanto noto risulta l’ulteriore entusiasmo che intellettuali e popolo mostrano nei confronti di ogni tipo di ‘ritmo sincopato’: ci sono gli esistenzialisti sulla Rive Gauche che si esaltano tanto per il dixieland quanto per il bebop, ci sono operai e studenti ‘pazzi’ per il boogie e la canzone jazzata. Quasi a sé stante c’è uno scrittore come il citato Boris Vian che indica la strada per una surrealista figura di jazzologo/jazzofilo/jazzomane, essendo oltretutto sia musicien (trombettista, cantante, paroliere, compositore) e sia critico, giornalista, consulente, organizzatore nei settori jazz e pop. E via via sul finire degli anni ’50, quando si parla di Nouvelle Vague per il cinema e la letteratura, il french jazz style inaugura le colonne sonore improvvisate durante lo scorrimento delle immagini, Miles Davis è il primo con Ascensore per il patibolo di Louis Malle, mentre Parigi diventa la residenza stabile per molti bopper mediante un fenomeno sociale poi raccontato nel lungometraggio A mezzanotte circa di Bertrand Tavernier che, facendo recitare il vero Dexter Gordon, s’ispira a una figura a metà fra Lester Young e Bud Powell (del quale il jazzofilo Francis Paudras scrive una biografia usata per la stessa pellicola).

In piena contestazione generale, durante il ’68 (e oltre), il french jazz style raccoglie, quasi come esuli, gli arrabbiati esponenti del free afroamericano, che si esibiscono accanto agli improvvisatori europei, radicalizzando ulteriormente le loro proposte per un’etichetta locale, l’Actuel, incaricata di lanciare il nuovo verbo che altro non è che la new thing: come Bechet per l’après-guerre, così nei giorni del Maggio sono il tenorista Archie Shepp e il quartetto Art Ensemble Of Chicago a catalizzare l’attenzione facendo da ideale collegamento tra rivolta francese, black power americano, terzomondismo africano. Da allora oggi il french jazz style si distingue anzitutto per la qualità delle iniziative: i francesi insomma sono orgogliosi di avere sia ottimi musicisti sia attività culturali straordinarie attorno al jazz medesimo sotto l’aspetto erudito (libri, riviste, radio), didattico (scuole, conservatori, accademie), organizzativo (concerti, seminari, festival, rassegne).

Guido Michelone 

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