French Jazz Style 1 Swing e cool all’ombra della Tour Eiffel

a cura di Guido Michelone

Quattro piccoli flash

Quattro piccoli flash. Il primo: nelle memorie pubblicate nel 1938, il mercante d’arte Wilhelm Uhde testimonia che già nel 1905 i caffè parigini alla moda o per così dire all’avanguardia, come il Royal Bar, il Maurice Bar, Le Rat Mort, Le Hanneton, il Café de Versailles, sono già ‘animati’ dal jazz. Forse la cifra andrebbe postdatata di almeno un decennio, però nulla fa sospettare che qualche forma di ‘art nègre’ proveniente dagli Stati Uniti o dal Centroamerica possa risvegliare gli interessi degli avventori che si gustano un pernod, una panaché o un café crème.

Il secondo: quel che è certo è che durante la Grand Guerre (1914-1918), alcune formazioni d’Oltreoceano partecipano alla diffusione dell’hot jazz in Francia (e quindi a creare un french jazz style) suonando nelle retrovie, nelle zone conquistate, nei campi militari e negli ospedali, per alleviare le sofferenze e portare il buoumore dentro un conflitto assurdo. James Reese ‘Jim’ Europe (cognome davvero profetico), all’epoca già tra i maggiori band leader a New York di uno stile tra ragtime e jazz, arriva a Brest e poi a Saint-Nazaire alla fine del 1917 con un’orchestrona composta reclutando una sessantina di suonatori di Harlem e Porto Rico, e formando gli Harlem Hellfighters, ovvero il 369° reggimento di fanteria.

Terzo: a viaggiare nel tempo a ritroso, visitando la Parigi tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ‘60, ancora satura di quel mélange di allure, charme, souvenir appunto molto parigino tra eleganza e bohème – magistralmente evocato, in piena consapevolezza kitsch dal film musicale Un americano a Parigi, diretto da Vincent Minnelli con un funambolico Gene Kelly e una debuttante Leslie Caron e con le musiche di George Gershwin, pellicola che tutti i jazzofili dovrebbero vedere – risulta la città del jazz in Europa, capitale morale e materiale. Basti pensare ai molti club, aperti soprattutto nel Quartier Latin – Blue Note, Caveau de la Montagne, Chat qui Pêche, Caméléon, Riverboat, Bidule, The Blues Jazz Museum, The Gill’s Club, Riverbop, Le Petit Opportun, Le Living Room, Magnetic Terrasse, Le Bilboquet, Le Totem, Le Jazz Unite, Le Dreyer, Le Village, Les Sept-Lézards, Le Franc-Pinot – con un’animazione mirabilmente descritta da Boris Vian e da Simone de Beauvoir, a loro volta mattatori in un’intellettualissima Saint-Germain-des-Prés.

Quarto: di quell’effervescente periodo, tra swing e cool all’ombra della Tour Eiffel, oggi resta solo Le Caveau de la Huchette, fondato nel 1948, mentre dagli anni ’80 vengono create nuove sale per il french jazz style e per gli americani di passaggio, come il Jazz Club Étoile, Le Petit Journal Montparnasse, il New Morning, oltre i localini nella caratteristica in rue des Lombards (Sunset-Sunside, Le Duc des Lombards, Le Baiser Salé). Per fortuna esistono i dischi: e dal 2000, in 113 CD la collana “Jazz In Paris” della Universal (Gitanes Productions) documenta quanto avvenuto tra gli anni Trenta e Ottanta: un french jazz style composto da 78 giri ed EP (extended play, dischi a 33 giri di piccolo formato, contenenti circa dieci minuti a facciata).

 continua…