Recensioni
Jaco Pastorius, il poeta del basso elettrico
a cura di Guido Michelone
Il 21 settembre 1987 muore, a Fort Lauderdale (Florida), dopo dieci giorni di coma, il ‘poeta del basso elettrico’, John Francis Anthony Pastorius III, per tutti ‘Jaco’, un jazzman davvero speciale, sia pur tutto ‘sturm and drang’, tutto ‘genio e sregolatezza’. Da almeno un lustro conduce una vita da tossico ai limiti del vagabondaggio e della disoccupazione, ma solo nel 1982 Jaco viene riconosciuto, dal pubblico e dalla critica, attraverso riviste specializzate, il miglior bassista elettrico al mondo (e come tale ama presentarsi alla gente quando è ancora un giovane perfetto sconosciuto); e nel corso dei suoi cinque anni di collaborazione con il quintetto Weather Report di Joe Zawinul e Wayne Shorter, Jaco non solo diventa una rock star, ma ha il tempo dimostrare che è molto più di un semplice bassista.
Infatti, fuori dal gruppo e con un vantaggio economico notevole, a livello di case discografiche, passando dalla Columbia alla Warner Bros, Jaco realizza, dopo l’esordiente Pastorius/Metheny/Ditmas/Bley (1974) e l’omonimo Jaco Pastorius (1976) il terzo disco da leader intitolato Word of Mouth (1981), guidando un’orchestrona allestita per poter realizzare in libertà le composizioni e gli arrangiamenti, da lui pensati da molto tempo. Dopo l’album, a Jaco vengono richiesti diversi concerti con questa nuova formazione, perfettamente costruita attorno a un sestetto jazz riguardante, oltre il bassista, Bob Mintzer (sassofoni), Randy Brecker (tromba), Peter Erskine (batteria), Don Alias (percussioni), Othello Molineaux (steel drum) e naturalmente le sezioni di ance e ottoni comprendenti altri grossi nomi della scena newyorchese; il repertorio per gli show dal vivo consiste di brani del bassista, alcuni dal primo LP altre scritti per l’occasione, assieme a un bel mix di jazz standard jazzistici e canzoni soul, pop, funk, reggae.
Arriva ora, in questo 2017, quasi a ricorrenza dei trent’anni della scomparsa un doppio CD, a nome Jaco Pastorius dal titolo Truth, Liberty & Soul, sottotitolo Live in NYC The Complete 1982 Jazz Alive! Recording, edizioni Resonance Records, con un corposo booklet incluso (Jaco Pastorius Immortalized. A long Road) a cura di Zev Feldman. Registrato la sera del 27 giugno 1982 nella newyorchese Avery Fisher Hall, all’interno del George Wein,s Kool Jazz Festival, album comprende 14 pezzi tra cui spiccano Donna Lee di Charlie Parker, Sophisticated Lady di Duke Ellington, I Shot The Sheriff di Bob Marley e una Bass And Drum Improvisation di circa un quarto d’ora, a dimostrazione della versatilità del leader e della big band.
Che dire ancora di Pastorius III nato a Norristown (Pennsylvania) il 1° dicembre 1951? Si tratta di un artista maledetto e al contempo del ‘poeta del basso elettrico’ e per questo innovativo strumento da molti e da se stesso ritenuto il maggior solista di ogni tempo, riverito e acclamato non solo nel jazz e nella fusion (che restano i linguaggi da lui amati e preferiti), ma anche in generi disparati dal rap al metal, dal pop al rock. Chiunque oggi voglia imparare lo strumento non può prescindere dalla lezione impartita in pochissimi anni suonando uno scassato fender jazz con stile fretless, tra alti e bassi, in concerto, in jam session e soprattutto nei dischi dai soli due LP solisti ufficiali ai cinque con i Weather Report, oltre una ventina in cui appare come ospite, turnista o collaboratore anche in un solo pezzo. A soli 23 anni debutta su disco con un album collettivo in compagnia di Pat Metheny e Paul Bley in un percorso artistico ben presto in salita, nel senso che la vita in breve conduce Jaco dall’anonimato al ruolo di star incapace a gestirsi i problemi di alcol e cocaina fino all’auto-annullamento.
La tragedia esistenziale però non traspare da una musica che, al,contrario, nei momenti di sobrietà, evita accuratamente drammi, tristezze, malinconie, riuscendo invece a sprigionare energia, dinamismo, solarità attraverso un iter creativo espresso in completa solitudine o al contrario ponendosi in dialettica con gruppi anche numerosi. Oggi in Italia è infine Faso, bassista di Elio e le Storie Tese, del Trio Bobo e fondatore della Biba Ban a ricordare, ne ‘Il Sussidiario’, l’importanza e il valore di Jaco Pastorius: «Lui è stato per il basso ciò che Jimi Hendrix è stato per la chitarra. Prima di lui nessuno suonava così. Una specie di messia, o di marziano. Era anche un grande compositore, basta ascoltare Three wiev of a secret. È unico (…). Visto che ha influenzato intere generazioni di bassisti, puoi trovare sempre chi prova a suonare come lui. Magari bassisti che stanno accompagnando qualche canzoncina e col basso fretless (senza tasti), iniziano a combinarne di tutti i colori. Fa sorridere, ma ci sono passato anch’io».
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