La poesia del tango, ‘qui lontano’

a cura di Guido Michelone
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Non molti anni fa il tango viene dichiarato Patrimonio UNESCO dell’Umanità, come poche altre musiche del mondo (il blues, il jazz) ma come tanti compositori: Bach, Mozart, Beethoven e via dicendo. Perché il tango, fino a poco tempo fa associato alle balere e, ancor oggi, meta turistica di quartieri malfamati dove lo si balla in maniera lasciva, sensuale, erotica? Perché il tango è poesia! Poesia in senso musicale, ma anche letterario del termine, se si pensa ad esempio che il maggior scrittore latino americano in assoluto, Jorge Louis Borges, non a caso anch’egli nativo di Buenos Aires (la metropoli da cui tutto inizia), dedica proprio all’amore per il tango versi intensi e pagine memorabili. Il tango è poesia anche perché i versi intonati nei propri brani – oltre il tango strumentale, esiste da sempre il tango-canción – così passionali ed espliciti o al contrario ombrosi e metaforici sono un grande manifesto di lirica umana popolare – sia proletaria sia borghese – in grado di narrare esemplarmente il bello e il brutto, la gioia e il dolore, l’apollineo e il dionisiaco, il bene e il male, la felicità e la tristezza della vita medesima.

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A ribadire la poesia del tango c’è ora un nuovo disco intitolato Aca lejos (letteralmente ‘qui lontano’), registrato a Bassano del Grappa tra il settembre e il dicembre 2021, prodotto quindi in Italia per l’etichetta veneziana Caligola Records: Autore è il quintetto la Maquina del Tango (cioè la ‘macchina’), guidato da Juan Esteban Cuacci (pianoforte) e Mariel Martinez (voce), assieme a Silvina Alvarez (viola), Laura Asensio Lopez (contrabbasso), Lauren Stradmann (percussioni). La giovane band interpreta un repertorio per così dire classico di tredici noti pezzi ad esempio di Gardel (Melodia de Arrabal e Golondrinas), di Troilo (Toda mi vida), di Guzman (De Buenos Aires morena), degli Exposito (Maquillaje) sia cantati sia strumentali (tutti assai ben commentati nel booklet), con nuovi moderni arrangiamenti che, a loro volta, conferiscono un imprinting più attuale; dal vivace jazzato al dotto serioso, sempre però la Maquina del Tango pare ovunque ribadire, tra finezze solistiche, intese collettive ed esecuzioni via via luminose, struggenti, impeccabili quella poesia del tango che il citato Borges nomina a ogni pié sospinto: “Il tango conquista in modo semplice perché l’ascoltarlo o vederlo ballare invogliano a infilarsi un paio di scarpe da tango e lasciarsi condurre”. Oppure: “Il tango è un linguaggio in cui convivono tragedia, malinconia, ironia, amore, gelosia, ricordi, il barrio amato, la madre, pene e allegrie, odori di bordelli e di attaccabrighe”. O ancora, per finire: “Il tango trasgredisce e lì sta la sua attrattiva. In quella sensazione di libertà che accende tutti i tipi d’emozione”.