La poesia di Luigi Tenco ovvero l’omaggio di Mauro Ottolini

a cura di Guido Michelone

FOTO tenco

La cultura italiana ricorda, già dal gennaio scorso, la maggior tragedia accaduta alla musica tricolore: nella notte del 27 gennaio 1967 infatti muore suicida il cantautore Luigi Tenco di origini alessandrine Da allora a oggi il personaggio diventa quasi subito leggendario o emblematico di certo immaginario popolare, benché la musica ‘leggera’ da lui creata si limiti a poche decine di canzoni, scritte e interpretate lungo un arco temporale brevissimo grosso modo 5-6 anni all’epoca, mentre la fase del successo risulta ancora più ristretta insomma ridotta a una trentina di mesi.

Luigi Tenco resta tuttavia una delle figure maggiormente citate fra le icone pop del secondo Novecento, raggiungendo dunque post mortem la fama e la notorietà, forse rincorse a lungo troppo impulsivamente, al punto tale insomma da fargli compiere il gesto estremo. Ed è proprio il suicidio purtroppo l’elemento chiave di una tua mediatico, che gli include fin da subito l’accesso al Pantheon dei grandi artisti, stimati sia dal pubblico sia dalla critica. Dunque il paradosso attorno a Luigi Tenco consiste proprio da un lato in questa venerazione dell’autore giovane, bello, colto, intelligente, autoimmolatosi forse in nome della purezza artistico-musicale, dall’altro lato nella misconoscenza di un’opera quantitativamente ristretta, ma qualitativamente meritevole di ascolti, analisi, approfondimenti.

In fondo, oggi come ieri, di lui la gente conosce solo poche canzoni, anche perché, fatti salvi gli anni subito dopo il suicidio, nessun altro cantante riesce a farne cover memorabili. Ma di Luigi Tenco la massa ignora un aspetto particolarissimo (allora tenuto a freno dall’industria discografica, dagli apparati radio-televisivi e dallo show business nazionale) a cui il cantautore il medesimo dà invece la massima importanza: si tratta delle canzoni impegnate o di protesta, che egli compone e interpreta, senza tradire il proprio stile romantico, anzi riuscendo persino ad accentuarne diverse irrinunciabili caratteristiche.

Si sa, infatti, che Luigi Tenco resta, per tutti, il cantautore ‘esistenzialista’ che – assieme a Gino Paoli, Fabrizio de Andrè, Umberto Bindi, Bruno Lauzi – rappresenta al meglio la cosiddetta scuola genovese (entro cui viene anche incluso il triestino Sergio Endrigo): un poeta dei sentimenti, che si accompagna a dolorose ballate, attento insomma a quanto già proposto, in lingua francese, dal cantautore belga e Jack Brel, soprattutto nei versi lirici. E, sul piano musicale invece trascorse jet Sisti c’è il sax tenore in piccole band inducono Luigi Tenco a creare quasi tutti i pezzi dall’armonia e complesse che ancora oggi resistono al passare del tempo, anzi sembrano più moderni che mai (non a caso fioccano di tributi di grandi jazz singer da Tiziana Ghiglioni ad Ada Montellanico).

Tuttavia c’è un altro fattore da considerare in riferimento al Luigi Tenco engagé subito rimosso: egli, unico in Italia (salvo gli esponenti del Cantacronache e del Nuovo Canzoniere Italiano, vicini però al folk revival) a metà dei Sessanta percepisce i “venti di cambiamento” che arrivano dai cantautori statunitensi, in particolare Joan Baez e soprattutto Bob Dylan (del quale fornisce una curiosa cover di Blowin’ in the Wind). E, in tal senso scrive diverse canzoni, dai temi più sociali che politici, le quali, ora, Per fortuna, accanto ad altre melodie più autobiografiche (quando parla di sé o dell’amore) tornano essere rinverdite grazie a un doppio CD che il geniale polistrumentista jazz Mauro Ottolini licenzia per Azzurra Music con il titolo Tenco. Come ti vedono gli altri.

foto ottolini

Il disco è il frutto della serata speciale dedicata, qualche mese fa, dal Premio Tenco al ‘poeta’ nel sanremese Teatro Ariston di Sanremo, dove il simpaticissimo arrangiatore, trombonista e big band leader “Otto” da Peschiera (Verona) risulta protagonista assoluto di un super-concerto intitolato Come mi vedono gli altri… quelli nati dopo comprendente solo musicisti nati dopo la morte di Luigi Tenco. Ottolini, su incarico del direttore artistico Enrico De Angelis, ha ri-arrangiato ventidue canzoni dirigendo l’Orchestra Sinfonica di Sanremo integrata con una particolare sezione ritmica da lui scelta. L’idea di fondo – che è pure e l’aspetto più apprezzato nel lavoro del jazzista – risulta la bravura nell’offrire quasi un’esistenza nuova a tutti i pezzi del cantautore genovese valorizzandone gli elementi ancor oggi modernissimi.

FOTO Tagliabue Vanessa

Visto dunque l’amore di Ottolini per la ‘poesia’ Luigi Tenco, l’etichetta veronese Azzurra Music, con la quale il jazzman lavora fin dal primo CD (8funk Project, 1997) propone questo disco in studio con ulteriori arrangiamenti, insomma arricchiti di colori, assolo, sfumature e occasioni imprevedibili al Teatro Ristori di Verona (e con l’ingegnere del suono Paolo Lovat), con una registrazione e una produzione quasi “d’altri tempi”, dunque con orchestra sinfonica, sezione fiati, ospiti speciali indicati dal Maestro stesso. Tra cantanti femmine e maschi si ascoltano via via Petra Magoni (Io lo so già), Roy Paci (Giornali Femminili, In qualche parte del mondo), Daniele Silvestri (Una brava ragazza), Alberto Fortis (Ciao amore ciao), Edda (Un giorno dopo l’altro), Karima (Ragazzo mio), Renzo Rubino (Quando), Vanessa Tagliabue Yorke (Ho capito che ti amo, Quasi sera, Io si), Rossana Casale (Padroni della terra), Bocephus King (Un giorno di questi ti sposerò), il ‘fuori’ quota Gino Paoli (Mi sono innamorato di te), oltre allo stesso Ottolini (Ballata della moda). Persino il giovane rapper Kento partecipa al progetto, componendo con il leader due canzoni in chiave hip-hop (Io sono uno che la pensa come te, Sera triste sera), mentre infine Vincenzo Vasi, già membro della formazione “Sousaphonix” s’inserisce con altre tre canzoni (Vita sociale, Se sapessi come fai, Il mio regno).

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