Interviste
LE INTERVISTE CECENE: L’AGENZIA PONTE DI CARTA RISPONDE
INTERVISTA CECENA A “PONTE DI CARTA”, AGENZIA LETTERARIA
A cosa servono le agenzie letterarie?
Ad attraversare i ponti della gioia, dimenticando la paura delle altezze, il pericolo della caduta, ma soprattutto permettono alla cecchina cecena che porta il mio nome a prendere meglio la mira.
Oggi intervisto le combattenti Roberta Di Pascasio e Sonia Ciuffetelli, le quali, da brave kamikaze (abruzzesi) hanno fondato un’agenzia letteraria, “Ponte di Carta”, ad Avezzano, nel tentativo vibrante di far fiorire parole tra le macerie.
FdA
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“Agenzia”, il luogo in cui risiede “l’agente” ovvero colui che tratta o amministra gli affari altrui. Ne deduco che il vostro lavoro sia quello di amministrare gli affari della letteratura. Qual è la differenza con un amministratore di condominio?
La parte burocratica fa pensare a un amministratore, conti, mercato, vendite, diritti. E poi in fondo il mondo dell’editoria è come un grande condominio, fatto anche di rivalità, competizione, discussioni, rancori. Per fortuna noi difendiamo e sosteniamo un solo condomino per volta, non tutti, e ci occupiamo di storie e personaggi, quindi di creatività, non solo di conti. In ogni caso l’amministratore di condominio fa molti più soldi di noi!
“Ponte di carta” è un nome bellissimo per un’agenzia letteraria, oltre ad essere evocativo, quasi poetico. Peccato che se la carta brucia, lo scrittore cade nel vuoto…
Oggi, chi si occupa di letteratura e di libri, non può che essere ottimista e il nostro ponte noi lo vediamo sì di carta, ma con solide fondamenta, scripta manent, lo dicevano già i latini. Sul nostro ponte, che vuole essere simbolo di passaggio, di movimento e di condivisione, non si sosta, ma lo si attraversa, serve a guardare le cose dall’alto, un po’ ‘sollevati’, un occhio alla realtà e un occhio all’immaginazione, aiuta a non rimanere fermi e sicuri nel proprio piccolo recinto.
… E in anni irrespirabili, in cui tutti scrivono e tutti pubblicano, un po’ di sano vuoto, forse, non potrebbe riportare le cose alla normalità?
Ormai il processo è inarrestabile, tornare indietro o fermarsi è impossibile. Se solo gli editori si limitassero a fare buona letteratura (è soggettivo parlare di buona e di cattiva, certo, ma alla fine chiunque è capace di distinguere tra l’alta letteratura di Dostoevskij e le storie d’evasione di Volo). E questo sarebbe già possibile se venissero eliminati tutti gli editori a pagamento. Sai quanta robaccia in meno circolerebbe e quanti esordienti imparerebbero il valore della pazienza e del lavoro?
Una delle parole chiave del vostro lavoro è “passione”. E a ben dire, perché scrivere è un patire senza requie… Perché?
Cotroneo diceva che scrivere è voler sedurre il mondo. E ogni tentativo di piacere, di sedurre, di essere apprezzati ha in sé potenzialmente il germe della sconfitta. E non c’è sofferenza peggiore dell’essere rifiutati o trattati con indifferenza da chi si vuole conquistare. Si tratta di una sfida con se stessi (sarò all’altezza?) e una sfida lanciata al mondo (mi apprezzerà?). Ma se c’è passione in quello che si fa, si sopportano anche le conseguenze. Amare e soffrire possono essere sinonimi in certi casi, se si ama senza un po’ di patimento sai che noia.
Altra vostra parola chiave è “sogno”. Perché oggi in molti sognano di diventare scrittori e di pubblicare un libro?
Ci riagganciamo alla risposta precedente. Perché vogliamo essere apprezzati e ammirati, vogliamo avere il nostro quarto d’ora di celebrità. Sogno però indica anche incoscienza. Perché ormai si è scritto di tutto e su tutto, inventarsi qualcosa di nuovo è quasi impossibile, eppure tutti ci provano, il sogno è di scrivere una cosa che lasci a bocca aperta. Che conquisti. Una delle emozioni più antiche e potenti: il desiderio.
Immagino dunque che nei vostri corsi di scrittura insegnate sia a patire un po’ meno, sia a sognare meglio. Come si fa?
Impossibile insegnare a patire meno e a sognare meglio, è così soggettivo, quello che cerchiamo di insegnare (una parola un po’ presuntuosa, preferiamo condividere: storie, idee, emozioni) è la consapevolezza. Promuoviamo la lettura di testi, facciamo capire come funziona una storia, anche la scrittura come le altre forme d’arte ha bisogno di apprendistato, di esercizio, di tecniche basilari. Ma la strada di ogni romanziere è fatta di ansia, amore, paura, sudore e solitudine. Come disse una volta un amico scrittore: una vita di merda e splendente insieme. Quindi patire sempre ma continuare a sognare.
Avete intrapreso questa importante scommessa in Abruzzo, terra di pastori, rotatorie e aperitivi. Cercate la santità o cosa?
Guardiamola da un altro punto di vista: aprire un’agenzia letteraria a Roma o Milano che senso avrebbe avuto? In Abruzzo almeno la concorrenza è minima! Il problema è la mentalità, non la mancanza di cultura. Anzi in Abruzzo c’è un sottobosco vivissimo fatto di associazioni culturali, librerie, editori, compagnie teatrali. Basta impegnarsi per farlo venire alla luce. Noi organizziamo anche eventi, incontri con scrittori, seminari di lettura. Se non ci fosse nessuno a voler cambiare un po’ le cose… In ogni caso è meglio lavorare su un terreno vergine che cercare di ricavarsi uno spazio angusto in un terreno già occupato.
Le agenzie letterarie servono davvero a qualcosa?
È una domanda che ci facciamo spesso ultimamente, soprattutto quando ci troviamo a ‘combattere’ con certi esordienti: quelli che già si considerano arrivati (come, rifiutate il mio magnifico romanzo?); quelli che, nel caso in cui il romanzo venga accettato, pensano che allora possono farcela da soli e partono alla ricerca dell’editore rifiutando il nostro aiuto; quelli che non vogliono alcuna forma di miglioramento al testo perché è già perfetto così; quelli che, quando trovi un buon editore per il loro manoscritto, un editore cioè disposto a offrire un regolare contratto di edizione, ti dicono “però non ho soldi per pagare il vostro servizio, grazie lo stesso e arrivederci”. È un mondo estenuante. Lavori lavori e a volte non vai da nessuna parte. Sarà per questo che continuiamo a farlo. Gli agenti sono dei missionari. Cercano la luce, la storia giusta. E dei masochisti. Sopportano di fare il lavoro ‘sporco’. Però aiutano perché fanno selezione e gli editori, in mezzo alle decine di manoscritti che ricevono, leggono volentieri un testo sapendo che è già stato selezionato da chi si occupa di storie e parole ogni giorno.
… e gli editori?
Gli editori servirebbero se solo pubblicassero buona letteratura, ma alla fine sono aziende a tutti gli effetti e l’obiettivo di un’azienda è sempre e soprattutto il guadagno. Quando l’aspetto economico arriva ad influenzare la letteratura, è sempre un problema: il libro viene trattato come un prodotto, e quindi dev’essere soprattutto vendibile. Ma tant’è, non ci possiamo fare nulla. Diciamo che ci permettono di orientarci in un mercato enorme e frammentario, sono una sorta di bussola del lettore: se compriamo un libro della Neri Pozza o della Ianieri edizioni sappiamo già, più o meno, cosa scegliamo.
… e la letteratura?
Domandone! È un ‘valore’ sempre più anacronistico, il mondo va nella direzione dell’utilità, della velocità, della tecnologia, mentre la letteratura segue la strada opposta fatta di lentezza, solitudine, scavo. Ma in fondo è proprio questa la sua utilità: riequilibrare l’aridità dell’oggi, mantenendo la memoria di ieri, e promuovere la fantasia e la creatività. Ci piace anche pensare che serva a sopportare la vita, una vita spesso agra, per dirla con Bianciardi.
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