Recensioni
L’eclettica poesia nel piano jazz di Antonio Faraò Riflessioni attorno a Eklektik, nuovo album del grande solista italiano
a cura di Guido Michelone
Ci sono dei momenti, nella vita di un artista, in cui c’è voglia di cambiare e quindi di sperimentare qualcosa di completamente diverso da quanto finora svolto: è appunto il caso recentissimo del cinquantenne pianista romano (milanese d’adozione), che con questo lavoro dà vita a un sound eclettico nell’abbracciare il discorso elettrico, come vorrebbe il neologismo che dà il titolo all’album medesimo.
Dopo dieci album di jazz’ortodosso – Black Inside (1998), Borderlines (1999), Thorn (2000), Far Out (2002), Encore (2004), Takes on Pasolini (2005), Woman’s Perfume (2008), Domi (2010), Evan (2013), Boundaries (2015) – in compagnia anche dei grandi del jazz Made in USA (Joe Lovano, Bob Berg, Drew Gress, Chris Potter, Ira Coleman, Jeff Tain Watts, Jack De Johnette) o in Europa (André Ceccarelli, Daniel Humair, Miroslav Vitous, Dominique Di Piazza), ecco che Antonio Faraò sforna un disco di smooth jazz con l’obiettivo di incrementare il proprio inconfondibile pianismo dal bebop classicamente raffinato con alcune ballabili sonorità giovanili.
Non a caso, come Antonio racconta in diverse interviste, disco si chiama Eklektik, in quanto sedotto da generi eterogenei quali bossa nova, hip hop, r&b, rap, con la differenza questi stili un po’ commerciali vengono fatti dal deejay, mentre il disco è il risultato di musicisti che suonano, talvolta legati alla storia del jazz come Marcus Miller (basso), Didier Lockwood (violino), Bireli Lagrene (chitarra), Lenny White (batteria), Manu Katché (percussioni), oltre ai noti Snoop Dogs e Krayzie Bone (autentici rappers) e a molti altri ospiti.
Il risultato è interessante, perché l’autore è totalmente consapevole che il jazz sia la musica più contaminata del mondo, ragion per cui si concilia bene con un sound in apparenza lontano o estraneo. D’altronde Eklektic è anche frutto di una lunga meditazione, giacché, come svela ancora una volta il pianista (qui pure alle tastiere e ai sintetizzatori), la molla è scattata qualche tempo fa, iniziando a lavorare all’idea lavorare con il bassista Dario Rosciglione (assiduo collaboratore) e con l’arrangiatore Enrico Solazzo (per la supervisione dei suoni). Tuttavia il progetto rimane nel cassetto ben quattordici anni, perché in Italia le case discografiche di rado amano che un musicista transiti da un genere all’altro: Faraò finalmente trova un produttore esecutivo (Walter Lagorio) innamorato di questa musica (e sostenitore del progetto) e un produttore discografico (Patrizio Romano) in grado di far uscire il lavoro per il 2017. Per Antonio Eklektic ha un intendo ben preciso: “far capire a livello umano che le differenze, di ogni tipo, non devono esserci: per quanto mi riguarda è un modo per abbattere le barriere, la differenza può creare una cosa nuova, può dare uno stimolo in più alla tua cultura. È la fusione di tutte le culture”.
Cfr.: Faraò Antonio, Eklektik, Warner Music (U.S.A. – Italia, 2017)
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