Recensioni
L’infanzia dei dittatori Riflessioni ‘politiche’ sul nuovo libro di Véronique Chalmet
a cura di Guido Michelone
In copertina titolo (breve) e sottotitolo (lunghissimo) non lasciano dubbi: “L’infanzia dei dittatori. Dieci uomini che hanno contribuito a disegnare il mondo come lo conosciamo: Hitler, Stalin e Mao e tutti gli altri hanno dimostrato, nel modo peggiore possibile, che un solo individuo basta a cambiare il corso della storia mondiale, a deportare o decimare intere popolazioni fino a sconvolgere completamente la fisionomia di una nazione”. Arduo invece rispondere alla domanda in inchiostro azzurro: “Qual è l’origine di personalità del genere?”. Per illustrare il quesito, la giovane scrittrice francese – indicata, nella succinta biografia, quale psicologa e criminologa, senza riferimenti all’interessante attività di saggistica musicale con monografie su Adele e Billie Holiday – sa perfettamente condurre un’inchiesta storico-critica: grazie a una prosa divulgativa che risulta al contempo brillante, intrigante, affascinante, Véronique indaga a fondo gli anni vissuti, fra nascita e adolescenza, di dieci leader feroci, sanguinari, assolutisti, dove il culto della personalità riesce a distruggere antropologicamente (e talvolta persino materialmente) intere civiltà o grandi nazioni.
Ma chi sono i malvagi, assurdi, criminali tiranni? Véronique li presenta nel libro in ordine sparso, ma, ovviamente, si possono suddividere per fasi storiche, fra primo Novecento (Mussolini, Stalin, Hitler) e secondo Novecento (tutti gli altri, tranne Franco a cavallo tra le due guerre), oppure per aree geografiche fra Europa (i quattro dittatori ‘storici’ appena citati), Asia (Mao e Pol Pot), Africa (Bokassa e Amin) e Mahgreb (Gheddafi e Saddam) oppure per fede ideologica tra reazionari (Mussolini, Hitler, Franco), comunisti (Stalin, Mao, Pol Pot), nazionalisti tra socialismo islamico (Saddam e Gheddafi) e clan tribali (Amin e Bokassa).
E si potrebbe andare avanti con molte altre categorie, dal conto degli anni di dittatura a quello dei numeri di morti causati dal potere, eccetera, eccetera, ma ciò che veramente conta in questo bellissimo libro resta la forza, la volontà, il desiderio, l’impegno da parte dell’Autrice di scoprire e rivelare come dall’infanzia nascono i primi traumi che dureranno per l’intera umana esistenza e diverranno la causa di un eccesso di megalomania. Si tratta, per Hitler & Co., di un delirio di onnipotenza, traducibile, in questi dieci casi, attraverso un “modus governardi” terrorizzante, sadico assolutista, dove prevale il gusto malato per l’annientamento dell’avversario e la macabra insistenza nell’annichilire addirittura ogni eventuale sospetto. Ignoranza, violenza e povertà sono le tre cause principali delle vite dei futuri dittatori dagli zero ai vent’anni: nati e cresciuti nell’indigenza, spesso privati di un genitore o con padri maneschi, irascibili, volgari, che insomma trasmettono al malcapitato pargoletto i difetti peggiori, diventando ben presto bambini di volta in volta ottusi, rissosi, introversi, ribelli, prevaricatori.
L’infanzia dei 10 dittatori sembrerebbe tragicamente comune a tutti quanti, ma, in realtà, a leggere fra le righe, si intuisce una sostanziale differenza fra i tre che abbracciano l’idea comunista e gli altri che, un po’ confusamente, si fanno portavoce di nuove vecchie istanze dove razzismo, tribalismo, integralismo, ultranazionalismo vengono pesantemente mescolati. Infatti Stalin, Mao e Pol Pot posseggono, rispetto agli altri sette (alla fine riconducibili a una politica di destra, benché spesso non allineata, con valori teorici talvolta progressisti), una cultura individuale superiore, acquisita mediante studi più o meno regolari, talvolta dalle propensioni artistico-creative (poesia e narrativa soprattutto). Tutto questo non giustifica però il fatto che, in nome della filosofia marxista-leninista (che vorrebbe “pace, pane e lavoro” oppure giustizia sociale, economia collettivizzata, uguaglianza sovrana, libertà spirituale) Stalin, Mao e Pol Pot attuino criminosi attentati nei confronti dei singoli esseri umani, giustificandoli come atti “per il bene dell’umanità” o dell’avvenire.
Il discorso porterebbe a riflettere su mille altre questioni storico-politiche, con la voglia di avere un secondo libro sugli anni di “maturazione” di questi dieci personaggi o magari leggerne un terzo sulla loro vecchiaia (talvolta coincidente con una fine ingloriosa). Oppure, finita la lettura de L’infanzia dei dittatori, sorge il desiderio di un bis, nel senso di raddoppiare la quantità di malvagi, magari pescando da un’altra decina di inquietanti tiranni novecenteschi fra Salazar (Portogallo), Papadopulos (Grecia), Hirohito Giappone), Khomeini (Iran), Batista (Cuba), Vargas (Brasile), Somoza (Nicaragua), Pinochet (Cile), Videla (Argentina), Noriega (Panama), Stroessner (Paraguay) e purtroppo i viventi TEODORO OBIANG NGUEMA (Guinea Equatoriale), ROBERT MUGABE (Zimbabwe), OMAR AL BASHIR (Sudan), ISAIAS AFEWERKI (Eritrea), RE MSWATI III (Swaziland), KIM JONG-UN (Corea del Nord), BASHAR AL ASSAD (Siria), ISLAM KARIMOV (Uzbekistan), ALEKSANDR LUKASHENKO (Bielorussia).
Cfr.: Chalmet Véronique, L’infanzia dei dittatori, Baldini+Castoldi, Milano 2018, pagine 171, euro 17,00.
Utenti on-line
Ci sono attualmente 28 Users Online