Oscar Vladislas de Lubicz Milosz

a cura di Paola Silvia Dolci

Oscar Vladislas de Lubicz Milosz, Czereïa, 28 maggio 1877,
il mattino del 2 marzo 1939 Milosz è trovato morto dal suo cameriere, per terra, accanto alla gabbia aperta e vuota del suo canarino.

« La rivoluzione bolscevica mi ha gettato sul lastrico. Possedimenti di famiglia, capitali, tutto è stato confiscato nello stesso giorno. »

Esoterismo, nel 1919 Milosz fonda con alcuni amici che frequentavano la Società Teosofica il “Centre Apostolique”.

Io sono un grande giardino di novembre, un giardino sconsolato
Dove tremano i derelitti del vecchio faubourg.

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I Superstiti della Vita sbadigliano allungandosi in pose
Di sarcofago. Sulle lastre di portoro
Luccica l’oro delle coppe scagliate. L’estate, l’inferno di rose,
Tra fumi inconsistenti arde immobile.


L’amore non mi diverte più, i delitti fanno troppo rumore
E la Verità mente su labbra inconsapevoli.

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“Signori, le mura crollano, è ora, 
è proprio ora di difendersi, quel minimo.”
Ma, senza alzare gli occhi, la folla dei patrizi replicò:
“Cesare, troppo gli eroi gesticolano morendo.

Val la pena difendere la nostra noia?

Il sangue non ci incuriosisce più.
Per niente. Le nostre favorite – oh scoramento! –
Non avrebbero quell’aria pacata, se così non fosse.

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La luce è tenue nei dormitori d’ospedale della vita;
Il paziente biancore dei muri è fatto di amorevoli pensieri.

Non risvegliare la lampada, questo crepuscolo è nostro amico.

Versa questo vino nel fuoco, chiudi bene la porta

No, non voglio più vedere in te l’amica:
Sii solo un che di estremamente dolce, credimi

Appoggia la dolce testa d’autunno sulle mie ginocchia, raccontami

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