Recensioni
Atlante dantesco. I luoghi di Dante e della Divina Commedia
a cura di Guido Micheloneù
L’uscita di questo originale volume – un nuovo atlante su Dante Alighieri (1265-1321) – di fatto diverso da tutti gli altri, conferma l’idea che l’autore Gianluca Barbera in fondo sia un vero biografo, come quelli di una volta, un biografo tentato di tradurre le vite dei grandi in romanzi, come appunto accade in altri suoi testi. Del resto l’autore è il primo a definirsi come un raccontatore di storie, un affabulatore, con l’aggiunta di un temperamento filosofico, contemplativo e vagabondo: “Quando m’imbatto in una storia stimolante ed esemplare – confessa nel corso di un’intervista esclusiva – mi scatta qualcosa dentro. Anche nella vita sono così. In letteratura, ho raccontato l’avventura tragica di Magellano, il viaggio visionario di Marco Polo, la storia delle grandi esplorazioni ne Il viaggio dei viaggi, ma ho anche ricostruito/decostruito il caso Raul Gardini, la sua vicenda famigliare e dinastica, conclusasi tragicamente”.
Barbera risulta perciò un cantastorie attuale, un aèdo moderno con la sincera vocazione del viaggiatore filosofo: e quindi per lui è inevitabile lasciarsi tentare dalla vicenda esistenziale di Dante Alighieri, che ricostruisce attraverso il racconto dei luoghi, delle amicizie e delle passioni. Atlante dantesco diventa quindi un libro che può leggersi come romanzo, ma anche quale guida di viaggio. In altre parole Atlante dantesco nelle intenzioni e nella prassi dell’Autore è l’esperienza di viaggio in compagnia di Dante all’interno di quello che è il suo mondo, ovvero il Medioevo. E proprio il Medioevo resta uno scrigno di tesori: “È un universo sconfinato, che non finisce mai di stupire, di produrre vertigini. I suoi aspetti più oscuri e violenti li conosciamo, ma per dirla con Jacques Le Goff, è stato anche ‘una grande epoca creatrice’, in ogni campo del sapere e dell’arte”.
La teoria secondo cui una costante dell’ opera di Gianluca – sostanzialmente fiction e saggistica – sembra quella di scegliere sempre grandi uomini, ossia eroi, magari con vite sofferte, ma di sicuro individui che il tempo (anche recente) consegna alla Storia, è accettato a fatica dall’autore medesimo: “Potrei cavarmela dicendo che non sono io a scegliere le storie e i personaggi che racconto, ma sono loro a scegliere me. In parte è vero. Sono come un cercatore d’oro, o come un rabdomante, a caccia di vene d’acqua. E quando le trova si accende in lui una luce, ode un richiamo irresistibile che lo spinge a prendere la parola e a narrare. Il mondo ha bisogno di storie, alle persone piace sentirle raccontare: è come viaggiare, entrare nelle menti di altri, tuffarsi in altre epoca: in una parola vivere, vivere molte vite tutte insieme”.
In tal senso Barbera non potrebbe mai essere uno scrittore minimalista. “Non è la mia natura. Come lettore mi piacciono i romanzi incentrati sui piccoli fatti quotidiani, le storie che hanno per protagonista uomini e donne comuni, sempre che questa espressione abbia un senso, raccontate con parole minime. Ma come autore devo assecondare la mia natura: per esempio, quando mi sono imbattuto in un vecchio libro che raccontava con meraviglia e senso di avventura la vicenda di Magellano, mi sono detto: questa è una tragedia che potrebbe essere uscita dalla penna di Shakespeare. E ho subito sentito il bisogno di riraccontarla attraverso le mie parole, il mio sguardo, i miei orizzonti, la mia visione del mondo”.
Descrivere l’Alighieri mediante i luoghi fisici della sua sofferta esistenza non è impresa facile: “Fin da ragazzo sapevo che l’avrei fatto, che avrei raccontato di Dante e Beatrice, di Dante e Guido Cavalcanti, che avrei rivissuto e rielaborato nella mia mente la Divina commedia, un’opera infinita, intramontabile, che contiene il mondo intero”. E forse non a caso un Maestro del Novecento, Jorge Luis Borges, grande appassionato di Dante, sostiene, a proposito del poema: “Non c’è cosa sulla terra che non sia anche lì. Ciò che fu, ciò che è e ciò che sarà. La storia del passato e quella del futuro, le cose che ho avuto e quelle che avrò”. Analogamente per Gianluca la Commedia va in tesa come “opera totale”, grazie a un Autore verso il quale intere schiere di scrittori, intellettuali e lettori di ogni epoca vengono conquistati dalla sua letteratura e dalla sua figura. In ogni parte del mondo, esistono persone che si accostano all’italiano solo per poter leggere il poema dantesco in lingua originale: “E c’è chi non smette di leggerlo e rileggerlo, sapendo che continuerà a trovarvi cose nuove. Perché la Commedia è davvero un’opera infinita, che ogni generazione di lettori rende più ricca”.
Dopo la Bibbia, Omero e Shakespeare, Dante è l’autore più citato di tutti i tempi, restando ancor oggi uno degli Italiani più famosi nel mondo. È un’icona globale, per certi versi un simbolo pop o cult. Ogni cosa che reca la sua impronta desta attenzione. Film, libri, musica, fumetti, pubblicità, videogiochi, abbigliamento, turismo: tutto testimonia una fama planetaria: “Per noi italiani – sostiene Barbera – è più facile capire l’origine di tanta centralità: da secoli lo consideriamo il padre spirituale della lingua e della nazione italiana. Più interessante è cercare di spiegare la ragione di tanto apprezzamento nel mondo. Innanzitutto, la grandezza della Divina commedia”. E poi c’è da sottolineare – e nell’Atlante si percepisce assai bene – come Dante rimanga non solo grande poeta e letterato, ma anche un uomo di insuperabile dirittura morale, nonostante le ingiuste accuse che all’epoca gli rivolgono da più parti.
Si tratta dunque di un esempio, di un modello per l’umanità del suo tempo e per quelli di oggi. La statura etica, dunque, non è secondaria rispetto ai valori della Commedia, della Vita Nova, delle altre opere sia in volgare sia in latino. Secondo Barbera, il prodigarsi di Dante per il bene comune, sempre con grande senso di responsabilità fa di lui un uomo di ‘impegno totale’, la cui instancabile ricerca della verità, di conseguenza, tocca molti ambiti, ragion per cui diventa altresì un riferimento sicuro in un’epoca di confusione generale come la nostra, anche sul piano dei valori:”Dante non è attuale perché dice cose che valgono ancora oggi, ma perché si è spinto avanti, e già ci attende nel futuro. La sua arte contiene, per dirne una, tutti i caratteri indicati da Italo Calvino in Lezioni americane come fondamentali per una letteratura del nuovo millennio”.
Nel libro, Gianluca riesce a riportare alla luce la dimensione umana dell’Alighieri, il quale, a sua volta resta un unicum nella letteratura mondiale, forse inavvicinabile a scrittori o intellettuali di epoca moderno-contemporanea: “Non c’è nessuno che gli somiglia. Forse, l’unico che in qualche misura si è sforzato di avere la sua statura globale è Pier Paolo Pasolini, il quale tra l’altro nel 1963 intraprese una riscrittura della Commedia dantesca in chiave autobiografica, intitolandola Divina Mimesis (anche se qualcuno sostiene che il titolo sia stato scelto dall’editore). Ma mi accorgo che nel momento stesso in cui l’ho detto già me ne sono pentito e quasi vergognato. È un po’ come paragonare le ombre della caverna platonica alle persone in carne e ossa. La domanda è stimolante, ma rimane senza risposta. Teniamoci Dante, è come se fosse ancora vivo”.
Non va dimenticato, tuttavia, che la fama del ‘ghibellin fuggiasco’ conosce purtroppo momenti di oscurità: tra i detrattori si annoverano filosofi quali Friedrich Nietzsche, che nel Crepuscolo degli idoli si spinge a definire Dante “la iena che fa poesia nelle tombe”. Non pochi sono i ‘colleghi’ che lo accusano, senza capirlo, di scrivere la Commedia per vendicarsi dei nemici e sdebitarsi con gli amici: tra questi, in parte, figura lo storico fiorentino Giovanni Villani, suo contemporaneo. Durante il romanticismo il poeta francese Alphonse de Lamartine non si vergogna a definire la Commedia “un poema dell’odio politico”, una “gazette florentine”, “tenebrosa” e “inesplicabile”.
Tuttavia la grandezza di Dante Alighieri passa indenne attraverso le molte tempeste socioculturali e ogni anno milioni di turisti si riversano nelle strade di Firenze anche per il piacere di calpestare lo stesso suolo toccato dai suoi calzari. E forse questo spinge Gianluca Barbera a scrivere un Atlante dantesco, facendo scoprire i luoghi fisici sia dello scrittore sia della Divina Commedia, parlando via via di Firenze, Toscana, Roma, Verona, Bologna, Lunigiana, Ravenna, Romagna come pure di pure dei luoghi simbolici dalla selva oscura alla città di Dite fino all’Empireo.
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