Renato Greco, un poeta da mattinali ameni

MATTINALI E ALTRE AMENITA’. IL DOTT. RENATO GRECO
 

Intanto, voi che avete cliccato coraggiosamente su questo sito e, ancor più coraggiosamente, avete aperto questa pagina specifica, meritate un encomio ed un ringraziamento personale.
Fate ancora in tempo a tornare indietro.
Qualora non lo faceste, vi spiego, in quanto primo articolo di questa rubrica (venghino signori venghino!), cosa andrete a leggere. Ci possiamo dare del tu, vero? Il “Voi” non si usa da tempo ed il “Lei” mi incasina i congiuntivi e i condizionali. Il “coloro” mi par troppo formale. Rimaniamo al “Tu”
In questa sezione parleremo di poesia contemporanea e di poeti contemporanei. Cioè degli assassini della poesia.
Celebreremo, insieme, con contrizione estrema, il poesicidio e processerò i colpevoli. Ovviamente il Pubblico Ministero sarò io e prima o poi, essendo io stesso un poetucolo criminale, mi auto-processerò. Per il momento, dedico la mia attenzione a quelli seri.
Ordunque:
“Fermate gli orologi, tagliate i fili del telefono e regalate un osso al cane perché non abbai.
Faccia silenzio il pianoforte, tacciano i risonanti tamburi, che avanzi la bara. Che vengano gli amici dolenti…
…Lei è morta”
Così scriveva Wystan Auden e così mi sento io stamane. Dedico questi immortali versi alla poesia contemporanea. Sono così triste che mi sono messo anche i boxer neri, in segno di lutto.
Ancora una volta me l’hanno uccisa. Assassino! Lo so, lo so, mi starete prendendo per matto.
“Ma di chi parla? What’s the buzz, tell me what’s happening”, starete bisbigliando.
Parlo di tal Renato Greco, residente in quel di Modugno, ridente paesello a pochi chilometri dal centro di Bari.
Il Sig. Greco è un simpatico ex non so cosa in pensione che, cito la quarta di copertina del suo ultimo libro dal titolo “Mattinali e tramonti dell’opera compiuta”(GULP!), ha pubblicato “46 raccolte singole di poesie, sette antologie e un’opera di poesia epica in 5 volumi e l’antologia etc etc”. Cazzo, neanche un cinese lavora così a cottimo!!
Anyway (trad. Comunque), quello che ti salta all’occhio è che manca la casa editrice. E no Renato, e no! Si pubblica i libri da solo! Ma perché? Ok, scelta editoriale, Le stanno sulle palle le case editrici. Anche a me, ma vabbè, io soldi per pubblicarmelo e promuoverlo da solo il mio libro non li avevo, Lei sì, facciamo finta sia una scelta Sua. Guardi, ci voglio credere. Tra l’altro ho assistito ad una Sua presentazione e all’incensamento da parte di due prof. di lettere e non posso dubitarne. (La scuola italiana…mannaggia alla pupazza!!).
Apro il libro e anche la Premessa se l’è scritta da solo. Mi inizia a sorgere un leggerissimo dubbio. Ma lo declino, lo ignoro, quasi lo aborro. Nella Sua presentazione mi ha raccontato di viaggi fantastici, di colleghi celebri, di maestri; mi ha anche affascinato, per carità, con i suoi aneddoti.
Quindi spero, sfoglio, leggo. Certo, su oltre 300 pagine riesco a leggere qualcosa che io possa definire emozione, poesia, ricerca compiuta, tanto per richiamare il titolo. Ma le pagine sono ricche di immagini già visitate, già viste, dense di retorica e di brutti giochi di parole. Incomprensibili. Attenzione, non ho detto ermetiche, quello sarebbe pregevole, ho detto proprio INCOMPRENSIBILI. Ma forse sono incomprensibili perché io mi sforzo di trovare un significato complesso, composto, profondo dietro quelle parole. Ma non c’è. Tutto è così banale e scontato.
C’è una poesia che si intitola “Il non supposto signor G”, va bene Sig. Greco, la citazione non è dichiarata, ma non capisco neanche se è voluta oppure lei “QUEL” Signor G. non lo conosce o l’ha copiato.
Ci descrive momenti di vita quotidiana, mi piace la vita quotidiana. E’ quella che io vivo quotidianamente, altrimenti non sarebbe vita quotidiana. Ma è tutto morto, tutto spento, tutto senza passione, tutto senza ricerca. E’ lo scrivere non perché si ha qualcosa da dire, ma perché si vuole dire qualcosa, a tutti i costi.
Arriva a scrivere “le più difficili sono le vie che si percorreranno da soli”. E no! E no! E no! Moccia farebbe di meglio.
“Aprile, altro non dico che i tuoi fiori e il profumo di fresco naturale”, vista in mille poesie, in mille libri, in mille film in mille discorsi fatti al bar.
“Bellissima la ragazza intravista. Un fiore. Qualcosa di celeste.” Basta non ce la faccio più. Questa è degna di D’Avenia.
Giuria, mi affido a voi. Per me è condannato!
Assassino!

Senza titolo