Addomesticare le bestie

L’esordiente Maria Lo Conti, vincitrice del Premio letterario Formebrevi, con la raccolta di versi “Addomesticare le bestie” (Formebrevi Edizioni) maneggia in maniera insolita, con una cifra del tutto personale, una materia che altri avrebbero forgiato in modo incandescente e che l’autrice siciliana tratta con un misto di grazia e di soffusa fisicità.

I versi infatti sembrano seguire un percorso a tratti scosceso e ad altri fluido, ma intenzionalmente sorvegliato e si bilanciano trovando un loro equilibrio fra un’iniziale sacralità senza religione (beato il tuo silenzio e il mio, e tu/ che non mi conosci e io/che non ti conosco) e un eros che non ristagna sotto le lenzuola, ma sotto pelle (un confuso desiderio che si dimena).

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All’autrice sembra interessare più la crepa, la cicatrice, che la contemplazione o l’estetica della bellezza (Apriamo ferite/ l’uno all’altra dediti. /Quale più grande/ dimostrazione d’amore), mostrando attenzione verso la falla, o ancor più nei confronti della malattia che del farmaco (La nausea cambierà d’aspetto,/ ma dell’emorragia/ dovrà restare/ l’anguilla o almeno il sogno).

Dalla poesia di Lo Conti si insinua lentamente come acqua che sgocciola e fuoriesce dall’acquaio il passato, filtrato attraverso la dilatazione dei ricordi che seppur sfibrati diventano esperienze radioattive (come nella poesia Non potrò più leggere Anna Maria Ortese) e sostanze con cariche erotiche pronte ad esplodere (toccarsi/ toccarsi per avere/ prova di reciproca esperienza).

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In una raccolta che ospita la quotidianità degli oggetti (alle grondaie/ il privilegio di non dover parlare) e delle speranze (raccomandarci al destino), l’autrice lascia spazio per un’ulteriore crescita della sua poesia.

Giuseppe Rizza
(Illustrazioni di Marion Fayolle)