A volte non abito qui

A VOLTE NON ABITO QUI, IL GIORNO VIOLA

GLI ESORDI

Era appena finita l’ora di educazione fisica, nel mio bel liceo di provincia. Credo di averla passata a giocare a pallavolo, anche quella volta. Tornando in classe ho iniziato a sentire un formicolio alle labbra, un intorpidimento. Suona la ricreazione e tutti si disperdono freneticamente: chi in bagno a fumare, chi a fare la vasca lungo il corridoio, chi ad adorare languidamente il bellone della I liceo; tutti diligentemente producendo un brusio forte trecento decibel. Io come al solito il teatrino lo osservo da fuori, sicché sto al centro dell’aula deserta, a raccogliere l’ultima quota per nonsocosa da una compagna di classe, che subito dopo si dilegua nella movida.

In un istante il braccio destro, che teneva gli spicci, cade esanime e, mentre gli spicci sono ancora a tintinnare, si rialza con una potenza che non mi appartiene; la mano si contrae mostruosamente e inizia a sbattere col braccio su-e-giù-su-e-giù-su-e-giù, con una forza e una velocità impressionanti. Provo a fermare il braccio destro con il sinistro, ma non ho nemmeno un centesimo della forza necessaria, e quello continua a sbattere sbattere sbattere. Lo guardo, come una parte altra da me, e stento a credere a quello che sta succedendo. Ma forse non sta succedendo e io non sono qui o io non sono io, o forse sto morendo o stanno per prendermi gli alieni. Altre spiegazioni non ne ho.

LA NOTTE

Spesso i piedi di notte prendevano a battere contro il letto; mamma veniva a controllare che non succedesse nulla di più e il mattino dopo mi faceva dormire fino a tardi. Sembrava sentire su di sé quanto mi stremasse quel minuto di follia.

Adesso è diverso. Mi sveglio urlando. Sogno di ingoiare una parte di me – una specie di pomo d’Adamo al femminile – e so che soffocherò, lo so; sono ancora viva, ma manca un solo istante, morirò, férmati férmati no non riesco, anche stavolta, soffoco maledizione soffocooooooo.

PARLARSI

Si potrebbe dire che si è creato una specie di rispetto reciproco, per cui, finché si può, ci si viene incontro.

Finché si può, certo. Perché quando lei decide di vincere, non ce n’è per nessuno.

Valentina Capone

Tre brevi estratti del racconto Come Sandra e Raimondo, contenuto in AA.VV., A volte non abito qui,  ed. Lice Fondazione Epilessia Onlus, e recentemente tradotto in un podcast di 10 puntate da Stefano Fresi e Beatrice Bruschi disponibile gratuitamente sulla maggiori piattaforme di streaming musicale. In Italia circa 500000 persone sono affette da epilessia, di queste il 30% è farmacoresistente. Molte di loro nascondono la malattia per paura del persistente stigma sociale.