Approfondimenti
POESIA O DELLA VERITÀ
a cura di Beppe Mariano
Sta cadendo una stella, si dice ancora, osservando meravigliati
una traiettoria di luce nel cielo notturno.
Ma da tempo la scienza ha precisato, con non poca infastidita supponenza, che si tratta soltanto di un grumo di sabbia che brucia al contatto con l’atmosfera terrestre.
Molti credono ancora che la precisazione scientifica sia una spoetizzazione della realtà, la quale ha invece bisogno di poesia. Della verità altra della poesia.
La verità della poesia è dunque diversa da quella scientifica? Così, in passato, si è spesso asserito, e ancora qualcuno lo ribadisce.
Sappiamo invece che non possono più essere concepite le due facoltà come se fossero fazioni contrapposte. È superato il tempo in cui scienza e letteratura venivano considerate come entità separate dello scibile, secondo il ben noto libro di Snow “Le due culture”.
La poesia dev’essere rispecchiamento della realtà, sia di quella esteriore che di quella interiore. Non astrazione soltanto, purché emozionante, come se la sola emozione fosse sufficiente. La facoltà umanistica della poesia credo abbia uno spettro ben più ampio, includente la realtà della scienza. La rivelazione da fantastica è diventata scientifica. E ciò va considerato sicuramente un arricchimento.
Se la scienza precisa che non è una stella ad attraversare il cielo ma soltanto un grumo di sabbia, delude forse il vecchio poeta, ma soddisfa l’attuale, che si emoziona ugualmente per quel grumo di sabbia. Poiché è possibile ricavare dalla sua verità scientifica una poetica, ossia attraverso l’inganno ottico, la metafora o la similitudine di ciò che nella vita è ingannevole. Oppure è possibile egualmente esaltare il granello di sabbia che s’infoca nell’atmosfera, come ha fatto tante volte la poesia nei confronti di ciò che è minuscolo e pur prodigioso, facendone un rimando simbolico. E molti altri esempi si potrebbero fare.
Anche l’apprendimento scientifico è dunque emozionante, come lo è stata, e per tanti versi lo è ancora, la mitologia: che oggi possiamo ancora evocare come aspirazione, esigenza metaforica a una realtà diversa rispetto all’attuale, quando questa è tanto deprimente.
Possiamo, dobbiamo piuttosto chiederci che cosa deve dirci la poesia oggi che la realtà, irta di guerre regionali, sta andando con improntitudine e dabbenaggine verso una guerra mondiale, molto probabilmente nucleare. Se mai c’è stato bisogno di poesia civile, il momento è questo.
Non basta più dire come io stesso ho scritto tante volte che il termine civile aggiunto alla poesia è una tautologia giacché la poesia è comunque e sempre civile. Dicendo ciò in realtà intendevo anche difendere la poesia autoreferenziale, che consideravo e considero pure poesia civile, in quanto prodotto, sia pure ermetico (“la poesia parla solo a chi sa” asseriva Vassalli) dell’interiorità dell’umano.
Mai come oggi, credo, vivendo in un preciso contesto socio-politico in crisi, per molti anzi in disfacimento, è la realtà stessa ad imporci l’etica di una poesia civile comunicativa; civile ad ampio raggio linguistico, naturalmente. Se la voce del poeta è dalla società considerata marginale, poco importa: a maggior ragione essa deve arrivare comunque all’orecchio della sordità presuntuosa, guerrafondaia.
Beppe Mariano (1938), saviglianese, è diventato torinese – come ha scritto Giorgio Luzzi – per cultura e frequentazioni. Per vent’anni ha collaborato alle pagine culturali de «La Gazzetta del Popolo» prima e di «Stampa Sera» poi. Anche Firenze, dove ha terminato gli studi ed è stato per parecchi anni redattore di una rivista di poesia, gli è stata formativa. Poeta appartato. Negli anni 90 è stato direttore artistico del teatro Toselli di Cuneo. Tra i premi vinti, si ricorda il ‘Cesare Pavese’ per la poesia edita, 1997. Auspice il pittore e critico Albino Galvano, Mariano ha svolto dal 1973 al 1980 attività di poeta visivo (catalogo edizioni Marcovaldo, 2002). Una sua prima, parziale antologia poetica è stata pubblicata nel 2007 con il titolo Il passo della salita. Ha scritto racconti, testi teatrali (il principale è Il caso Molineri) uno dei quali, vincitore di un concorso nazionale, è stato messo in scena nel 1987 da “Il Teatro delle Dieci” di Torino. Dopo essere stato, negli anni Settanta, cofondatore e redattore della rivista «Pianura», diretta da Sebastiano Vassalli, nel primo decennio del Duemila ha condiretto prima a Milano, poi a Roma, la rivista «Il cavallo di Cavalcanti». Sue pubblicazioni recenti di poesia: Il seme di un pensiero. Poesie 1964-2011, Nino Aragno ed., 2012, ristampato nel 2013, premio Gozzano, premio Ada Negri, premio Arenzano-Rodocanachi, premio Sandro Penna, premio Giovanni Pascoli e premio Michelangelo; Attraversamenti, Interlinea, 2018; Il Monviso e il suo rovescio, Mursia, 2019; La guerra di Annina e i camminanti, Di Felice ed., 2021; Notizie dalla terra stondata, Di Felice ed., 2024, prefazione di Alessandro Fo.
Da qualche anno collabora a “In Limine”, redatta dall’Università di Tor Vergata, e a “Mosaico italiano”, redatta dai dipartimenti di italianistica delle università brasiliane.
Utenti on-line
Ci sono attualmente 2 Users Online