DECAPITAZIONI – decollo!

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Munch all’Inferno!

JAZZ DELL’AMORE DECOLLATO

(da “Favolesvelte” in uscita per  Golem Edizioni
con prefazione di Federico Sirianni)

Favolesvelte non sono solo filastrocche. Canzonette, ballate, poesie e alchimie. Un calderone, un laboratorio di versi. Versi animali, pure. Questo jazzino è dedicato agli amori che sanno crescere negli anni attraverso le tempeste e sotto il sole cocente, nel tepore o nel freddo dell’inverno, giorno dopo giorno. Il passaggio delicato tra la condizione d’innamoramento e l’amore come relazione profonda tra esseri umani. 

Quando tu perdesti la tua testa per me 
gettai lontano questa mia, così adesso
andiamo in giro con il cielo al collo –
la collana e la cravatta son cappelli.

 

Da Paris a London, da Berlin fino a Rome 
un aereo tira l’altro e allora spesso
noi siamo in volo ben prima del decollo –
le nostre teste con ali di capelli.

 

Andiamo in giro con il cielo al collo –
la collana e la cravatta son cappelli.

 

Amor d’aria dopo un po’ ci rende tristi
come i sogni già piovuti nella Senna
ma tu dammeli due vani più servizi
ché del tuo corpo io bramo tempi e spazi. 

Pianta stabile, non siamo più turisti:
firmiamo i figli e quattro fogli con la penna.
In cantina, dai, chiudiamo tutti i vizi
ma teniamoci il divano qui per gli ozi.

 

Andiamo in giro con il cielo al collo
la collana e la cravatta son cappelli.

 

Dopo vent’anni brillano cicatrici
i sogni a due si congiungono alle stelle.
Mani e piedi son tracce sulla mappa
dell’amore cesellato toppa a toppa.

Ci troveranno avvinti come radici
di un albero carnale in vene e pelle.
Scaveranno terra nera con la zappa
brinderà all’amore Morte nella coppa. 

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PARLIAMO DI DECAPITAZIONI!

“Questa notte ho fatto un sogno”, scrive Strindberg nelle pagine dell’autobiografico “Inferno”: “Una testa mozza era stata adattata al tronco di un uomo che sembrava un attore ubriaco.”

  
Nell’ “Autoritratto all’inferno” (1895), il suo amico Edvard Munch aveva dipinto se stesso in toni di fuoco, zolfo giallo e ombre, con il collo attraversato da una rossa pennellata come fosse l’effetto di una ghigliottina; in “Autoritratto con braccio di scheletro” (1895) (E. di Stefano, Munch), il volto del pittore emerge dal fondo “come un’apparizione macabra” che il drammaturgo svedese fa sua e riprende come “testa, sopra una nuvola, con sotto due stinchi in croce”!  
 

Le teste di Munch urlano angosce dipinte, strette nelle mani per non sentire “Il grido” di morte proveniente dal loro stesso “rischio di follia”, quella follia che trascina l’alchimista Strindberg nei labirinti velenosi della propria coscienza:
“Io ho peccato d’orgoglio, hybris, l’unica colpa che gli dei non perdonano (…) Voglio fare l’oro (…) quando uno spirito s’insinua in un essere umano, prende possesso anche della sua memoria.”
Nel crogiuolo di Strindberg si forma “la figura di un teschio con due occhi lucenti” che gli “penetrano l’anima con un’ironia soprannaturale”; l’Anima esclusa dall’uomo dimezzato ritorna sotto forma di “ragazza che balla la danza serpentina” e somiglia “al gheriglio di una noce o ad un cervello”, di “sogni impuri” e ragnatele.

“Nel cervello dell’uomo” ( Munch, 1897) un femmineo corpo nudo è preso al laccio nei labirinti psichici, nelle circonvoluzioni dell’ “inferno stercorario” maschile. Lo scrittore svedese nel contempo, fa sua la predica di Ezechiele ( cap. 13, vers. 18) quando scrive:
“Guai a voi donne, che (…) fate dei guanciali per le teste d’ogni grandezza, per prendere le anime al laccio! (…) vedete, io ve li strapperò dalle braccia e lascerò andare le anime, le anime che voi prendete al laccio come uccelli.”
Il pensiero che si allontana dal legame con la terra, lascia scivolare scivolare lo spirito nella lava di un’Ombra concupiscente e mortifera; l’alchimista Strindberg grida:
 

“Desidero di morire o, piuttosto,
che mi bruciate subito, vivo!”

E poi, ancora:
“Tu rivivi la tua vita intera, dalla nascita fino al giorno in cui vivi, tu risoffri tutti i dolori che hai sofferto, tu vuoti tutti i calici che, così spesso, hai vuotato fino alla feccia; tu crocifiggi il tuo scheletro perché non c’è più carne tua da martoriare, tu bruci sul rogo la tua anima, perché il tuo cuore è già ridotto in cenere.”

Non si può affrontare l’Opera se non si è disposti a rinunciare alla visione unilaterale, che è quel modus operandi demonizzante ogni aspetto dell’inconscio; il percorso inevitabilmente porterà a vitalizzare anche le Ombre e se non si è disposti ad abbandonare il giudizio intellettuale prima di uccidere il demonico si rischia di impazzire. come l’alchimista qui descritto. La medesima follia può cogliere anche chi si lascia troppo sedurre dal magma del nero.
Nel fuoco purificatore il teschio brucia e si trasforma nello spirito corporeo della Natura, proprio come succede nella favola siberiana “La fanciulla e il teschio”.

   
La fanciulla accoglie il teschio ma lo trasforma: lo spirito maschile diventa l’alito vegetativo che feconderà la sposa alchemica. Per arrivare a trasformare un elemento occorre cominciare dalla feccia. Un ricorrente motto alchemico riportato da Jung: “In sterquiliniis invenitur”, ovvero il “Lapis” si trova nelle cloache.   
 

A. Strindberg, Inferno (pag. 93) “E’ il mulino del Signore, che macina lento, ma macina fino, e macina nero! Tu sei disciolto in polvere e credi che per te tutto sia finito. Ebbene, no. Si ricomincia da capo e ti si fa ripassare un’altra volta per il mulino. Sta allegro! Questo è l’inferno, l’inferno su questa terra…”

 

S. Di Lorenzo in La donna e la sua Ombra (pag. 145 seg.) riporta il testo di M.L.Von Franz, An Introduction to the Interpretation of Fairy-tales, cap.7, pag. 60 seg. La fanciulla trova un teschio e lo porta a casa; i due diventano amici. I genitori di lei si spaventano, fuggono e lasciano figlia e teschio in solitarie recriminazioni. Il teschio dice alla fanciulla di bruciarlo, cosicchè possa acquistare un corpo. L’autrice nota che “quando è bruciata una “creatura-spirito”, il bruciare le conferisce un corpo”. La ragazza rispetta il volere dello spirito quando si copre gli occhi, frena la curiosità e non guarda il suo amico mentre si trasforma. Alla fine compare un ricco uomo vestito di pelli a capo di un nutrito gruppo di persone e animali. “Nella fiaba la ragazza sa rispettare la trasformazione, senza volerla capire e interpretare prima del tempo; così può incontrare l’Animus positivo, molto ricco e ben collegato con la vita istintiva, al contrario del teschio”.

  

croce

A pennarelli scorre il sangue!