IL LIBRO DEL SANGUE /parte finale!

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Testo e illustrazioni sono state esposte
a Torino e alla Rivellino Art Gallery di Locarno
nel 2012-2014 per
“The Red Book Art Project”.

 

 

Qualche notte dopo, sognai i cancelli della Città dei Morti.

Compresi che Knoleg era giunto all’estremo Sud del mondo.
Dietro i cancelli, una moltitudine di anime ascoltava in silenzio le parole di una donna.
Anime ridotte in cocci, frammentate, anime trasparenti: creature di ogni tipologia e foggia camminavano verso il centro di una grande piazza.
Knoleg si trovò subito a suo agio, come se conoscesse quei luoghi, come se la voce della donna suonasse familiare. Ciò che ella stava dicendo in quel momento lo riguardava.

“Gli umani credono di poter fermare la bellezza e cercano di dimenticare il Sangue della bestia.”

Quando la folla si disperse, Knoleg si avvicinò alla donna. Sembrava, in effetti, che lei lo stesse aspettando.

“Quelli che hai appena visto” – disse lei – “sono gli Humus. Sono coloro che hanno nome singolare pur essendo una moltitudine.

Sono i morti che hanno mangiato altri morti nella terra dei cimiteri.
Gonfi, potenti, potrebbero condurre a sé i viventi.
Scatenare gli Humus alla guerra non è nelle mie intenzioni, nonostante gli esseri umani meritino di scomparire in fretta nelle viscere del pianeta.

Io sono la figlia delle figlie e credo ancora nel futuro.”

La conversazione con la signora del Sud durò a lungo: per sette giorni e sette notti Knoleg restò suo ospite. La comprensione del mistero di lei crebbe insieme alla passione. Gli Humus li servivano in silenzio, portavano loro il cibo, mentre le parole, una dopo l’altra, tessevano la trama della realtà profonda. Fu all’improvviso che Knoleg ricordò.

“Siamo tutti figli dello Strappo…”

La figlia delle figlie parlava mentre un vento bollente da Sud increspò le onde del Sangue.

Knoleg ricordò di essere stato un pesce, un uccello, il vento, un albero.
Coda di drago, corpo strisciante. Si vide nascere, figlio della figlia, padre e fratello di lei. La fissità era superata. Il caos stava ora per giungere ad una nuova dimensione e ad un nuovo ordinamento.

Venni a conoscenza di tutte queste cose parlando con il vecchio. Non mi capacitavo del fatto che Knoleg, iniziato ai misteri dalla donna che viveva nella Città dei Morti, fosse ormai privo di forze: perché il mio spirito aveva ceduto? Che cosa avrei dovuto fare io per salvarlo?

Egli aveva una certa urgenza, deveva terminare il suo racconto. Nel corso del settimo giorno Knoleg e la signora produssero insieme alcune misteriose sostanze nel vaso primigenio al centro della Città.

Poi, Knoleg riprese il suo viaggio.
Lei, dopo alcuni mesi, diede alla luce una figlia.
La bambina era molto piccola e interamente ricoperta di scaglie d’argento, come un pesciolino guizzante, facile preda delle ombre.

Io sognai la bimba E pesci d’argento. Quando la bambina pesce nacque gli Humus si quietarono e ritornarono ad aprire le braccia per accogliere i semi nella terra umida. Le acque dei mari tremarono. Come poteva una piccola cosa creare tanto scompiglio? Così tanta energia in una piccola cosa per dare la pace ai morti?

La figlia delle figlie non era bella a vedersi, eppure il suo sguardo antico nutriva il seme del destino umano. Destinazione. Cangiante, mutevole, l’anima del Sud di tramutava restando sempre uguale agli abissi. Negli abissi pesci luminescenti, vita primigenia, scintille…

La percezione delle profondità fu per Knoleg rivelazione.
Nel ventre dei pesci era l’oro. L’oro degli alchimisti.

L’Opus tende all’oro, aurum non vulgi, ma il futuro dell’oro vitale non è, se non Argento.
Sognai di allattare la bambina, e Knoleg, felice, illuminato nel volto come mai l’avevo visto prima di allora mi disse:

“Proteggi la figlia delle figlie”.

Così Knoleg parlò. La luce che illuminava il su volto fu cielo sereno. Il mantello scivolò dalle sue spalle e cadde a terra. Knoleg spiegò le ali. Il suo corpo, come per magia, aveva ritrovato l’antico fulgore. Tutto ciò era accaduto con lentezza, mi disse. Sotto il mantello egli andava ringiovanendo giorno dopo giorno come i vampiri quando si nutrono di sangue.

Knoleg non era un vampiro. Lui il sangue l’aveva donato.  

Lunga era stata la strada per trovare il senso, la piccola scintilla, la bambina d’argento, figlia di un’Opera che non ha fine. Un procedere per piccoli punti.

VBM

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