La resa delle aquile

La resa delle aquile – a cura di Lisa Orlando

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(La foto è di Sanne Sannes – Untitled, c. 1967)

Sopra le vie della vita la resa delle aquile; / sarebbe come se un volo d’angeli, / per uno spazio di tempo, / passasse attraverso l’umano; / sarebbe come la misura e il freno del violino / e subito dopo la quarta dimensione del mare / che crea la clausura della potenza, / e la terra, divina (!), arata con le mani.

 

Che a me – a te – sia dato vivere; ora, potrà essere? Dopo esserci aggrappati ai muri delle stanze vuote trovando protezione agli inverni indissociabili dai ghiacci, specchi delle nostre gravità. Quanto abbiamo dovuto conservare con fatica lo spazio che ci separava dalle labbra, contrastando l’impulso primordiale del rosso – fuoco –che spalanca la terra sotto i piedi, del rosso – sangue – del glorioso sesso. Iniziano, ora, movimenti che hanno l’espressione genuina d’un alzarsi: le gambe si sciolgono, s’allungano, il corpo si erge; è come se fosse stata sotto i miei piedi una vegetazione infinitamente ricettiva, e che, nel suo punto centrale, non si originava da me stessa. Era la vita? La vita! Che mai precipita nel suo impulso a non morire. E ora? Ho bisogno di questa purezza: baciarti. Baciarti, perché tu sia desiderio. E raggiungerti, per avere un’esistenza al di fuori di me. E vincere la tentazione del sogno; farmi corpo. Uscire dal rifugio dell’invisibilità, come una poesia che esca dal silenzio: sentire quel lampo, forte, nel cuore, quel tempo definitamente nuovo. Io e te che iniziamo, io e te che finiamo, e pur tuttavia con un’immagine di eternità!

Ma ora? In questo punto, ferma; la scrittura s’è interrotta. Si sta giocando un altro fallimento – qui! Precipito, ancora? Senza viaggio? Senza racconto? Dove sei? Non voglio impedirmi la fine. Toccarti! Questa parola ferita dall’infattibilità; l’assenza energica di iniziare: ogni volta mi mancano le forze.

“Va’, disarmata”. Chi è che parla? Questa voce mi viene confidata. Come fa freddo qui. E’ uno spazio che abito poco: ci si libera dalla potenza. Qui, si arrendono le aquile? Qui, si va con il movimento di un cuore? Venire da te e finirmi. Senza potere, ch’è il senso del mio segreto.

“Lascia che lui ti guardi; debole ed esposta!” Di nuovo, la voce; questa voce! Qualcosa si è compiuto in me?, con lo stesso movimento che potrebbe mettermi in rapporto. Il battito del cuore, l’agitazione della speranza, l’ansietà del desiderio.

Baciami, sono qui. – Sei tu che mi hai spinto verso te, era tua la voce? – No, hai solo vissuto nell’attesa: veder venire verso di te la vita. – Sei tu la vita? – Baciami! – Dovrei fare dei passi verso te? – Quello che può accadere, ora, è la deviazione dell’attesa: vieni, a baciarmi! – Fa’ che ti possa baciare!

(Lui non avrebbe più potuto dimenticare questa preghiera.)

Dove sei? – Sono qui! – E io? Non aver paura di non essere qui; sei qui! – “Qui” è solo il delirante luogo del nulla – creato da me; usciamo, da queste anguste fittizie pareti; usciamo, per la mia disperata salvezza. – Ma io, chi sono? – Tu sei l’ombra proiettata al di fuori, da me; eppure, nella tessitura degli eventi, esisterai – da qualche parte; perché io, ti v o g l i o! – E’ un’illazione emotiva? – No! – Tutto ciò che accadrà qui, esisterà nella realtà? – Immagino di sì! – Allora se le tue membra, qui, potranno eseguire quei gesti che ti consente il linguaggio: fa’ dei passi verso me, e toccami, e baciami; è un luogo eccitante questo, la tua fantasia ha solo bisogno di un additivo carnale, tattile.

Piano… piano… come il mistero delle orme sulla sabbia, sto venendo verso di te; hai una segreta febbrile fosforescenza. Io, ho i piedi scalzi, e le gambe sono nude, dai capelli mi scende un lungo velo.

Stai creando una solenne scansione cerimoniale, e stimolante, ma le pareti della tua fantasia stanno cedendo alla tentazione della fatiscenza. Avvicinati più in fretta.

Sei un luogo pulsante, ti sto offrendo: quanto mio sangue? Posso partorirti un volto bellissimo?

Sì! solo se non sarà una preziosità servile (da fornire a chi ti leggerà).

Chiedimi, ora, di chiudere gli occhi. Chiedimi, ora, di baciarti. Non è per creare un perfetto gesto linguistico, non è per una illusoria generazione di miracoli. Lo voglio!

Lo vuoi?

Ti appare una richiesta blasfema?

(No, è una formula che agirà nel giorno benedetto.) Ora, chiudi gli occhi. Ora, avvicina le tue labbra alle mie, e baciami.