Liubou II (Cristina Basile)

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La scatola

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Io e la mia famiglia vivevamo poco lontani da quella che sarebbe stata la mia scuola, in un grande palazzo grigio, soprannominato “Korobka”, la scatola, dove noi e i vicini vivevamo ammassati gli uni sugli altri, proprio come scarpe in una confezione.

Un sovietico rigore ci divideva tutti eccetto quando, quelli troppo poveri, alla fine del mese, venivano a bussare alla nostra porta: le loro visite erano brecce di solidarietà che squarciavano la solitudine generale e paradossalmente rallegravano l’atmosfera. Mia madre, solerte, riempiva di solyanka un barattolo di vetro e lo porgeva ai visitatori. Ricordo ancora la visione della zuppa acidula con i cetriolini in salamoia passarmi sopra la testa. Dentro, una fetta di limone galleggiava.

Nessun rimorso a vedermi soffiare via sotto il naso quella pietanza che amavo così poco.
«Sfama più il patriottismo che lo stomaco», diceva mia madre, chiudendo la porta. 

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