Phaedra in speculo: un personaggio senecano – Parte 5/5

A cura di Rosalba Pipitone

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La morte di Fedra, Vincenzo De Angelis

La morte di Fedra, Vincenzo De Angelis

Intanto Teseo è ritornato, felice di essere scampato all’orrore dell’oltretomba. La sua felicità dura poco, perchè lo accolgono pianto e mestizia che provocano in lui un immenso senso di desolazione e di delusione.
Il Teseo che ritroviamo accanto a Fedra ci lascia esterrefatti: non è certo lo sposo crudele e ferino che il monologo iniziale aveva dipinto. Il suo modo di accostarsi alla sposa è delicato e premuroso; le sue parole sono ricoperte di angosciosa tenerezza verso colei che rifiuta di svelargli l’oscuro mistero.
Aggrappandosi a una efficace sticomitia, Fedra risponde alle affettuose e reiterate domande dello sposo con monosillabi ma Teseo, di fronte a tanta ostinata riluttanza, decide di abbandonare la sua pietosa condotta e minaccia di mettere in catene la nutrice per estorcerle il segreto di cui è a conoscenza insieme alla regina. Fedra si trova così costretta a intervenire, mettendo in moto la diabolica macchinazione e lasciando l’agnitio del colpevole a Teseo che inorridito accusa la natura ferina dell’ipse filius derivatagli dal genus infandum. A un tratto, tutta la compassione, che prima aveva mostrato di possedere nei confronti della sposa, esplode in una furia omicida che si scatenerà di lì a poco, con una funesta maledizione sull’innocente figlio, dalle sembianze di un mostruoso toro marino.
Alla notizia della tragica morte del giovane, in Fedra si scatena un rimorso terribile, ella non ha pietà per se stessa e si scaglia addosso maledizioni, punizioni terribili.
Istupidito e incredulo, Teseo non comprende il delirio di colei che, offesa, ora piange, china sul corpo del suo stuprator. Fedra è in preda al rimorso, attanagliata nel dolore, confessa a Teseo la sua scelleratezza, l’inganno ordito ai danni di un giovane puro e di suo padre ma non per questo risparmia Teseo, che investe con parole dure e odiose, rinfacciandogli la sua spietata e sconfinata ferinità, che oltrepassa il legame di sangue.
Come con tutti gli altri personaggi, anche con Teseo, Fedra ha un rapporto di ‘opposizione e identità’ che si estrinseca nella consapevolezza delle azioni. Davanti al corpo del giovane entrambi sfogano il loro dolore attraverso un “monologo, che si risolve in un colloquio con se stessi e con una pluralità di interlocutori, tutti idealmente presenti nell’intimo” [21]; non avviene nessuno scambio di pensiero tra i due, nessun insegnamento viene offerto dall’uno all’altra, al di là delle riprese verbali che possono ingannare.
L’estraneità, la distanza è insita nei due ‘coniugi’, in quanto tali, cioè a dire, il loro rapporto, paradossalmente li allontana creando una frattura e una incomunicabilità che si esplica in una cattiva condotta familiare. Il loro punto di unione è Ippolito; essi si ritrovano, infatti, sullo stesso piano di consapevolezza nei confronti del giovane, morto a causa della loro cattiva condotta di genitori. Teseo, commiserandosi, non lascia in disparte la regina, dando vità così all’opposizione, che si rivela nella corrispondenza antitetica delle affermazioni di uno contro l’altra.
“La specularità tra le battute dei personaggi è dunque un procedimento tipicamente senecano, che, se, da un lato ne evidenzia i tratti comuni e la loro costante intima conflittualità, dall’altro, ne pone maggiormente in risalto le differenze sostanziali” [22].
I toni altamente lirici, forse tra i più lirici di ogni età, evidenziano “l’altezza umana raggiunta dal personaggio” [23]  Fedra che si è redento e liberato dalla sua torbida quanto scellerata passione e da ogni aspetto puramente carnale, così da essere sospinta “nell’Olimpo dei grandi amori romantici” [24].
Sostiene Albini: “attraverso la sua protagonista femminile, Seneca coglie la mutevolezza, la varietà del mondo e dei sentimenti, il perenne crescere degli affetti su se stessi, e pone l’accento più sulla fluidità che sulla costanza di un carattere” [25].

Note:

[21]     Solimano, cit, p.86.

[22]     Solimano, cit., p.91.

[23]     Giomini, Saggio, cit., p.105.

[24]     Ibid.

[25]     Albini, cit., p.135.