where am I going

Letture per le feste

a cura di Paola Silvia Dolci

BUONE VACANZE, CIAO!

Lunch poems, Frank O’Hara, Oscar Mondadori, 1998

Prendendo parole a prestito qua e là, lasciandosi alle spalle ogni regola codificata, creando strutture ariose, O’Hara raggiunge una libertà di espressione poetica mai vista nella poesia americana fino ad allora. La sua concezione della poesia come cronaca dell’atto creativo nasce dallo stretto contatto con altre espressioni a lui contemporanee: la pittura di Pollock, Kline, de Kooning; la musica di Cage e Feldman e tutta la stagione della grande vitalità artistica newyorchese a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta. Nei Lunch poems O’Hara si tuffa a pieno nella creatività caotica di Manhattan, forgiando un nuovo idioma in grado di amalgamare le suggestioni e le tentazioni del vivere quotidiano di una città che con i suoi odori e sapori, rumori e colori è il “ronzio” continuo della sua poesia. Edizione con testo a fronte.

Urlo & Kaddish, Allen Ginsberg, il Saggiatore, 2013
“Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte da pazzia.” Con questi versi, letti da Ginsberg stesso il 13 ottobre 1955 alla Six Gallery di San Francisco, si apre “Urlo”, diventato presto un testo fondamentale della Beat Generation. Una ballata psichedelica, un grido di dolore e protesta contro l’America. Ma Urlo è anche colmo di tenerezza e umorismo: nei versi rapidi che incapsulano decine di esistenze e personaggi, nell’invito a non dimenticare ciò che è vero nella vita. Insieme a Urlo, Kaddish, il bellissimo lamento funebre per Naomi, la madre morta in manicomio, in cui il dolore individuale si scioglie nella totalità dei dolori.

Sulla strada, Jack Kerouac, Oscar Mondadori, 2001
Sulla strada (titolo originale: On the Road) è un romanzo autobiografico, scritto nel 1951, dello scrittore statunitense Jack Kerouac, basato su una serie di viaggi in automobile attraverso gli Stati Uniti, in parte con il suo amico Neal Cassady e in parte in autostop.

«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati»
«Dove andiamo?»
«Non lo so, ma dobbiamo andare»

Pubblicato per la prima volta il 5 settembre 1957, il libro divenne in seguito un testo di riferimento, quasi un manifesto, a ispirazione della cosiddetta Beat Generation. Il romanzo è stato inserito dal critico Richard Lacayo, nei migliori 100 romanzi del secolo XX e ha venduto 3 milioni di copie.

POESIE, Lawrence Ferlinghetti, Guanda editore, 2005
Lawrence Ferlinghetti nasce a Yonkers (NY) nel 1919, figlio di Carlo Ferlinghetti e di Clemence Albertine Mendes-Monsanto. Dopo gli studi alla University of North Carolina serve la marina degli Stati Uniti come comandante nella Seconda Guerra Mondiale. Nel 1947 ottiene un diploma post-laurea alla Columbia University e un dottorato alla Sorbona nel 1950. L’anno seguente si trasferisce a San Francisco dove insegna francese, dipinge e scrive di problematiche artistiche. Nel 1953 fonda insieme a Peter D. Martin il City Lights Bookstore, la prima libreria del paese con un catalogo di soli libri in brossura (ritrovo di scrittori, artisti e intellettuali) e, due anni dopo, la City Lights Publishing House. La casa editrice inizia pubblicando la serie Pocket Poets, attraverso la quale Ferlinghetti intende creare e alimentare una sorta di movimento dissidente nei confronti dell’establishment statunitense. La pubblicazione di Howl and other poems di Allen Ginsberg a opera della City Lights porta all’arresto di Ferlinghetti per oscenità. Il processo che ne segue calamita l’attenzione nazionale e internazionale sul movimento dei poeti Beat e della San Francisco Renaissance e l’assoluzione finale dell’editore (e poeta) segna un precedente fondamentale per la pubblicazione di opere controverse ma di valore letterario e sociale.

Dear memory, Victoria Chang, milkweed editions, 2021

For Victoria Chang, memory “isn’t something that blooms, but something that bleeds internally.” It is willed, summoned, and dragged to the surface. The remembrances in this collection of letters are founded in the fragments of stories her mother shared reluctantly, and the silences of her father, who first would not and then could not share more. They are whittled and sculpted from an archive of family relics: a marriage license, a letter, a visa petition, a photograph. And, just as often, they are built on the questions that can no longer be answered.
Dear Memory is not a transcription but a process of simultaneously shaping and being shaped, knowing that when a writer dips their pen into history, what emerges is poetry. In carefully crafted collages and missives on trauma, loss, and Americanness, Victoria Chang grasps on to a sense of self that grief threatens to dissipate.
In letters to family, past teachers, and fellow poets, as the imagination, Dear Memory offers a model for what it looks like to find ourselves in our histories.