Recensioni
where am I going
Letture per le feste
a cura di Paola Silvia Dolci
BUONE VACANZE, CIAO!
Lunch poems, Frank O’Hara, Oscar Mondadori, 1998
Prendendo parole a prestito qua e là, lasciandosi alle spalle ogni regola codificata, creando strutture ariose, O’Hara raggiunge una libertà di espressione poetica mai vista nella poesia americana fino ad allora. La sua concezione della poesia come cronaca dell’atto creativo nasce dallo stretto contatto con altre espressioni a lui contemporanee: la pittura di Pollock, Kline, de Kooning; la musica di Cage e Feldman e tutta la stagione della grande vitalità artistica newyorchese a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta. Nei Lunch poems O’Hara si tuffa a pieno nella creatività caotica di Manhattan, forgiando un nuovo idioma in grado di amalgamare le suggestioni e le tentazioni del vivere quotidiano di una città che con i suoi odori e sapori, rumori e colori è il “ronzio” continuo della sua poesia. Edizione con testo a fronte.
«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati»
«Dove andiamo?»
«Non lo so, ma dobbiamo andare»
Pubblicato per la prima volta il 5 settembre 1957, il libro divenne in seguito un testo di riferimento, quasi un manifesto, a ispirazione della cosiddetta Beat Generation. Il romanzo è stato inserito dal critico Richard Lacayo, nei migliori 100 romanzi del secolo XX e ha venduto 3 milioni di copie.
For Victoria Chang, memory “isn’t something that blooms, but something that bleeds internally.” It is willed, summoned, and dragged to the surface. The remembrances in this collection of letters are founded in the fragments of stories her mother shared reluctantly, and the silences of her father, who first would not and then could not share more. They are whittled and sculpted from an archive of family relics: a marriage license, a letter, a visa petition, a photograph. And, just as often, they are built on the questions that can no longer be answered.
Dear Memory is not a transcription but a process of simultaneously shaping and being shaped, knowing that when a writer dips their pen into history, what emerges is poetry. In carefully crafted collages and missives on trauma, loss, and Americanness, Victoria Chang grasps on to a sense of self that grief threatens to dissipate.
In letters to family, past teachers, and fellow poets, as the imagination, Dear Memory offers a model for what it looks like to find ourselves in our histories.
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