Salutiamo! Salutiamo a tutti!

A cura di Rosalba Pipitone
 

L’appressamento alla morte è un atto di vita [1], dice in un libro un pedagogista di cui non ricordo il nome. E come ogni atto, l’individuo lo prepara, lo corregge, lo esprime, lo commisura, lo riconduce alle sue convinzioni e ai suoi sentimenti dominanti. Se ne potrebbero raccontare molte a riguardo, dice questo pedagogista di cui non ricordo il nome. Il filofofo Kant, per esempio. Si dice che Kant sul punto di morte abbia detto “Benissimo, sto molto bene”. Forse voleva esprimere la sua intima tendenza a collocare la prassi in un mondo di assolutezza e purezza. Questo dice il pedagogista di cui non ricordo il nome e non è un concetto chiarissimo, detto così, di punto in bianco.
Poi c’era Goethe. Goethe sul punto di morte gridava “Più luce! Più luce!” ed esprimeva la sua continua tensione a uscire dal caos. Ed è strano che sul punto di morte uno si ricordi certe cose invece di dire, che so, semplicemente “È finita”, oppure “Mi sa che questa è la volta buona”.
Poi ce n’erano degli altri, più o meno filosofi.
Augusto, per esempio, che disse “La commedia è finita”.
O un altro filosofo, Lessing. Si dice che Lessing sul punto di morte non è che abbia detto granchè. Si è solo alzato un po’ dal letto e si è tolto il berretto salutando tutti.
Oppure quell’altro filosofo, Kierkegaard, che andava dicendo “Salutiamo! Salutiamo a tutti!”.
D’altra parte, dice questo pedagogista di cui non ricordo il nome, davanti ai morti il gusto umano delle differenze, della singolarità di ogni essere, il piacere di cogliere infinitamente le sfumature si arresta; e più che la loro bellezza o bruttezza, gioventù o vecchiaia, ricchezza di vesti e ornamenti, colpisce il silenzio, l’immobilità e ciò che vi è di rigorosamente comune a tutti. Sembra che ogni essere chiamato alla morte abbia risposto e tutti si siano adagiati in un’ubbidienza così unanime, come se dovessero apparire non le distinzioni ma qualcosa di più profondo e di partecipato da tutti. [1]. E, nel silenzio, i cadaveri si consumano, si fanno minimi. 
E a me, sinceramente, non per necrofilia ma per un altro motivo che non saprei bene dichiarare, questo pensiero piace.

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Note:

[1]     Aldo Capitini – La compresenza dei morti e dei viventi