Se Gian Battista Viotti avesse potuto vedere…

a cura di Elisabetta Piras

75474052-2169812056653649-8068360008456208384-n

 

Sembra incredibile quanto il mondo della musica cosiddetta classica evochi sentimenti contrastanti nei cosiddetti “non addetti ai lavori”. Dall’osservazione di ampi e differenziati contesti in cui questo genere non è contemplato come prioritario nelle pratiche musicali, si possono raccogliere diverse prospettive sull’argomento. Al fianco di vivacità, interesse e innamoramento, caratteristici di una fetta di pubblico di intenditori, più o meno alfabetizzati musicalmente, che animano concerti e situazioni considerati, ormai, “di nicchia”, in questa sede se ne vogliono focalizzare almeno due, che forse possono fungere da “ombrello” per altre intuitive considerazioni. Se da un lato vige un timore reverenziale giustificato dall’autorevolezza del repertorio storico, e dalla presunta incomprensibilità del linguaggio tecnico musicale specifico, timore spesso associato a noia e rifiuto a priori di un ascolto attento e attivo, dall’altro assistiamo a una considerazione diffusa verso gli attanti del genere, di successo, eleganza e ricchezza, inarrivabili, presumibilmente retaggio di mode antiche. In quest’ottica, un direttore d’orchestra, e più in generale, un musicista in frac, è inspiegabilmente investito di qualità paranormali che gli consentono di smuovere le più alte sfere sonore celesti che imprigionano, sempre in modo paranormale, le sensibilità umane più profonde, in un’armonica e potentissima delizia dei sensi. Il dogma del talento del musicista classico giustifica in sé e per sé l’idea romantica dell’artista ribelle e iracondo, comunque eccentrico, quando va bene…strano…lasciando spazio a qualsiasi tipo di costruzione/ricostruzione mass-mediatica e comunicativa.

Molti di noi ricordano una celebre pubblicità in cui si chiedeva a un direttore d’orchestra il “segreto” della sua arte, e lui rispondeva senza esitazione: passione e lucidità!

Innegabile e meraviglioso, se non si tralasciano almeno due titoli accademici della durata di dieci anni l’uno, le varie esperienze di perfezionamento e formazione da svolgersi post-diploma e il lavoro di studio che presuppone ogni singolo concerto da dirigere, oltre tutto ciò che si deve realizzare prima di calcare un palco a un certo livello…senza passione e lucidità ciò non si può fare… è lapalissiano!

Nella foga globalizzante, si sa, contenitore e contenuto si identificano l’un l’altro; la magnificenza dell’evento è più importante dell’evento stesso, l’immagine sovrasta la sostanza, e dove non vige una schietta e spietata competizione che affermi tutto questo, non sembra esistere spazio per lasciare un segno imperituro.

Apparentemente la musica classica non presenta questi tratti in larga parte delle sue manifestazioni, ma la competizione sì, semplicemente in modo diverso da quello convenzionalmente inteso. La competizione in questo genere musicale si manifesta a vari livelli, spesso difficilmente quantificabili, talvolta striscianti. Sicuramente avviene una competizione di natura intima, quasi ossimorica quindi, che persegue il superamento dei propri limiti e il raggiungimento di un proprio obiettivo soggettivo, che comunque è in relazione da un lato a modelli di prassi esecutive autorevoli e consolidate, dall’altro è in relazione alla musica stessa e a ciò che questa induce a livello tecnico e interpretativo. Posto che la competizione si proponga in modo più o meno aggressivo negli ambienti di formazione, dando sovente luogo a situazioni improduttive, non si pone come elemento qualificante e valutativo. In questo senso è facile scadere nella più bieca interpretazione del concetto di competizione (in origine, “chiedere insieme”) di “rivalità”, in questo caso inutile. L’unica situazione in cui la competizione genera una situazione di “esclusione”, in cui si presenta una vittoria oggettiva, è quella dei concorsi. Sino a non troppi anni fa, i grandi concorsi internazionali di musica classica sancivano carriere stellari, caratterizzate da tournée incredibili, incisioni con le maggiori case discografiche e simili; arrivare, poi, a far parte di una giuria determinava uno stato di semi-divinità. Attualmente, questo mercato della classica sembra essersi di gran lunga ridimensionato, e nonostante in Italia ci siano alcuni di questi importantissimi appuntamenti, l’attenzione dei media e delle istituzioni è focalizzata su altri tipi di competizioni…peccato! Di recente (9-19/10/2019) ha avuto luogo a Vercelli la 70ma edizione del prestigioso Concorso Internazionale di Musica “Gian Battista Viotti”, ed è stata una vera e propria iniezione di energia creativa, un’esperienza galvanizzante che ha coinvolto partecipanti e fruitori in un vortice di umanità e bellezza che non si ricorda spesso come obiettivo, così come si dovrebbe nell’ambito della competizione. Il Concorso Viotti ha condiviso il suo lustro con il tessuto cittadino e con la comunità locale e forestiera che ha preso parte come anima della manifestazione. Questa vede la luce nel lontano 1950, quando un musicista intellettuale e illuminato, Joseph Robbone, pensò di celebrare i settant’anni della nascita della Società del Quartetto di Vercelli con la fondazione di un grande concorso musicale, sull’impronta dei concorsi internazionali esteri, come il Concours International d’Exécution Musicale di Ginevra, al quale collaborò in qualità di giurato nel 1949.

Il Concorso Viotti vanta quindi, nel suo genere, un primato di longevità mondiale, e nei suoi annali si rileva la partecipazione del gotha della musica internazionale di quasi un secolo.

Corre l’anno 2019 e il Concorso Viotti, in quest’edizione dedicato interamente all’esecuzione pianistica, assolve alla stessa funzione competitiva e professionalizzante di allora; dei 69 partecipanti pre-selezionati, giunti preparatissimi da tutto il mondo, solo tre arrivano in finale, dopo le prove eliminatorie. Nel frattempo la città è in fermento: dalla cerimonia inaugurale solennizzata dal concerto di Kostantin Emilianov, vincitore dell’ultima edizione del concorso, inizia una serie di appuntamenti musicali in vari luoghi, street music e simili, che vede la collaborazione delle realtà musicali della zona, oltre che dell’Ateneo cittadino. Il Teatro Civico è la reggia bella della musica; il percorso per arrivarci è tracciato da fotografie dei candidati e da indicazioni vivaci, lì si svolgono le prove eliminatorie, tutte pubbliche, le persone partecipano in religioso silenzio. La concentrazione è alle stelle, studenti, appassionati, curiosi, professionisti e musicisti impegnati in vari generi possono vivere con i candidati l’emozione calda e unica dell’ambizione alla perfezione, dei repertori speciali, della soddisfazione nel sentire la fatica concretizzata in arte. La finale è una festa, tutti e tre i finalisti ottengono un riconoscimento, tra cui quello importantissimo del pubblico, e la vittoria è di un vitalissimo cinese Ziyu Liu, che a 21 anni travolge i numerosi astanti con l’enorme Concerto n.1 di Tchaikovsky, accompagnato dall’Orchestra del Teatro “Carlo Felice” di Genova, e la direzione di Daniel Somogyi-Tòth.

76710821-2587233471358890-7203189711974694912-n

Lo spettacolo è sontuoso: scenografie e luci suggestive, video, ricordi, testimonianze e intrattenimento, mentre i candidati affermano il proprio talento, il pubblico lo vive e vive l’evento, ormai la competizione è diventata artefice di sinergia. Il Concorso ha avuto il suo vincitore, un primo premio, ma si sono ottenute anche altre importanti vittorie, prima tra tutte una grande condivisione umana mediata dalla musica, forse, in questo senso, la vittoria, quella più grande, è stata della valorizzazione più nobile e onesta della competizione musicale.

  76775060-2160444734252529-4788740959963709440-n