Recensioni
Un concerto indimenticabile, Héléne Grimaud
a cura di Elisabetta Piras
Héléne Grimaud, pianoforte
Camerata Salzburg
Modena, Teatro Comunale Pavarotti-Freni
1 marzo, 2022
[…] “É incontentabile! Mille volte, da piccola, ho sentito dire parole simili da chi mi guardava, accudiva, e ancor prima di capirne il senso, me ne ero fatta una famiglia, come con i peluche. Era la famiglia degli «in», cominciavano tutte per «in» e avevano tutte il potere di dipingere stupore e inquietudine sul volto di mia madre. Sola nella mia stanza, le ripetevo, scandivo attentamente quel che ricordavo delle loro sillabe, ne disegnavo l’albero genealogico. […]”
Così si manifesta la mente immaginifica di Hélène Grimaud, quando descrive i tratti salienti della sua infanzia.
Classe 1969, una donna ormai matura quindi, il cui fascino magnetico riempie senza limiti di mezzi, qualsiasi contatto si possa avere con lei.
Possiamo accrescere la famiglia degli “in”, con “indimenticabile”.
Con la complicità della voglia irrefrenabile di vivere avidamente l’emozione della musica dal vivo, della trasmissione reale di passioni e sentimenti, chi, come me, ha avuto la fortuna di sentire Hélène Grimaud nella data del tour italiano a Modena, nella suggestiva cornice del Teatro Comunale (il 1 marzo 2022) è rimasto, per un tempo indefinibile, intrappolato tra le maglie surreali di un concerto “indimenticabile”.
In un giorno anonimo di inizio settimana, Il Teatro Comunale Pavarotti-Freni, nel pieno centro della città, accoglie il pubblico come un abbraccio, in un misto di eleganza e informalità che danno per scontata la bellezza. Non ci si reca per caso a un concerto di Hélène Grimaud ; si conoscono le sue registrazioni, spesso si è già assistito a qualche suo concerto, il web pullula di video con le sue esecuzioni e documentazioni varie, spesso si parla dei suoi libri , e della sua passione per i lupi…che passione particolare ! É bastato uno sguardo al pubblico per leggere una convergenza di desiderio: l’imprevedibilità! Forse sarà la suggestione, ma la sensazione, prima che la pianista esca sul palco, è quella della presenza di soli discorsi inusuali tra le persone presenti; discorsi sui lupi, appunto (non se ne parla spesso, soprattutto prima dei concerti di musica classica!), oppure sofisticate dissertazioni sulla tecnica pianistica, che, mal celanti una sostanziale impossibilità di spiegare “quel qualcosa in più” delle esecuzioni della Grimaud, coprono l’incapacità di ammettere che piace, che banalmente appassiona, accomunando in questo anche fini e critici musicologi o rampanti e polemici pianisti. Oltre questo, si sentono discorsi riconducibili a forme di adorazione e fanatismo oltre misura, sia nei confronti del personaggio, sia per la produzione artistica e letteraria, in più colloqui sintetizzate in frasi tipo: “era così sin da ragazzina”, “ma come fa? Dove trova il tempo? Avrebbe potuto fare anche la modella”- quest’ultima frase usata anche in altro senso da non pochi detrattori-.… Silenzio, applausi, l’orchestra è pronta, lei arriva, molte persone sorridono, come quando si sorride da soli, senza sapere di essere visti.
É bella, alta e slanciata, semplice, è tanto semplice, non c’è nemmeno un elemento che muova l’equilibrio magico che crea intorno a lei.
Inizia il Concerto n. 20 in re minore K466, con la Camerata Salzburg e il direttore e primo violino Giovanni Guzzo. Il concerto è famoso, l’esecuzione è lodevole, c’è una bellissima energia, sarebbe un lodevole K466 “bello-normale”, ma in realtà in qualche momento, si affaccia qualcosa di “strano”, forse simile a una zampata (di lupo?); un timbro speciale e inaspettato, un colore particolare dove non lo si aspetta, una mezza frase cantabile che in un batter d’occhio catapulta in una dimensione celestiale. Si tratta di un “bello-normale”, comunque è un’esecuzione eccellente! Al pubblico piace, lei è composta, trasuda serenità e semplicità.
Segue la Sinfonia n.40 in sol minore K550. La Sinfonia è ancora più famosa del Concerto K 466, è eseguita con gusto ed è bella, normalmente e semplicemente bella.
Quando la pianista esce di nuovo sul palco, ci si rende conto di quanto sia mancata; si siede, elegante e sinuosa, le braccia sembrano lunghissime, inizia a suonare il Concerto in la minore op. 54 di Schumann. Questo momento di musica non è “bello-normale”, “è bello-incredibile”! Contrasti, forza, movimento, anche i colori più tenui emanano energia selvaggia, passione primordiale, forza. Si respira la purezza della follia di Schumann; la tecnica strabiliante è messa a pieno servizio di un messaggio, senza parole, certo, ognuno sa il significato del proprio, ma il messaggio è chiaro e potente. Timbri mai uditi, tempi liberi da vincoli, respiro, finalmente tanto respiro, e senso di verità.
L’esecuzione si conclude ed è un tripudio del pubblico; colpisce sempre il fenomeno catartico espresso con la compostezza che i concerti di musica classica impongono: molte persone si alzano, senza uscire dal proprio spazio personale, tutti applaudono qualcuno urla -sempre in modo composto- le parole del rito “bravibenebis”, tantissimi (forse tutti?) sorridono, qualcuno (forse molti?) ha gli occhi lucidi, c’è commozione. É successo!!! In modo imprevedibile è arrivato l’inaspettato che tutti aspettavamo!!! Gli animi si sono smossi, un normale martedì sera è diventato “indimenticabile”. La pianista, senza risparmiare gesti affettuosi di ringraziamento all’orchestra e al pubblico, inizia i bis, uno più strabiliante dell’alto, porta il pubblico in terre lontane, ma anche in giurie di selettivissimi concorsi di interpretazione pianistica, forse in Provenza quando piove, magari in un bosco a salvare un lupo, in uno studio di registrazione, in un aereo per New York, a Salem nel ‘700, o più semplicemente…a un concerto di musica classica…in un normale martedì sera, a Modena…
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