Sergej Stratanovskij

Oggi signori un altro russo vero. Dal samizdat degli anni ’70 passando dal tamizdat alla perestrojka dell’85 e insomma stato dai 24 ai 41 anni nella vctoraja kul’tura, la seconda cultura, in pieno ztastoj, la stagnazione brezneviana. Con la raccolta Stichi (versi) pubblica per la prima volta nel ’93 il troppo accumulato in 25 anni. Bibliotecario, proveniente da una famiglia dell’intelligencija pietroburghese, la vita filtrata dalla letteratura e il byt (l’oggetto di tutti i giorni) convivono nei suoi testi col vecchio Dio, V strache i trepete, che non garantisce la salvezza. T’ma dnevnaja (buio diurno), da il titolo all’antologia Einaudi del 2009 da cui estraggo i brani in lettura e con dieci anni dentro, i novanta, e un punto di vista che prova a mettersi sopra la storia, con ” franca esplicitezza”, un pensiero al ruskij nuvoris (il nuovo ricco russo) e senza più nessuno su cui scaricare le colpe. Entrate.

 

Il terrorista

” Schiaffoletale
all’angelo del paradiso ghiotto
Ai cinguettanti parchi del piacere
alla cuccagna femmineo-cristallina
Alle porno-tane squadernate,
alle messe che vellicano Dio
Alla loro prosperità, al loro cielo incorruttibile
Alla loro democrazia, ai loro partiti, ai loro televisori,
alle loro ville al mare
Schiaffoletale, odio, odio…vendetta”

Cercano l’omicida: chi è? un arabo? un italiano?
Un tedesco? un mongolo? Sforna versioni il computer
Chi è il distruggitore?
Un uomo o uno spettro da un libro
Composto un secolo addietro
nella mucida, malata Pietroburgo
Parto del sottosuolo,
fantasma di un cervello dostoievsco
1985.

Una bellezza russa

Un asociale avverso al libero mercato
l’ha violentata nella bolgia
Di un’esistenza da baracca e da bastarda,
ma si è rialzata e pare più bella
Delle gran fiche newyorkiane
e arresterà il galoppo di un destriero
1992.

Durante la lettura obbligatoria
Del Libro dello Stato
presero ad amarsi,
Amarsi di un amore saldo, eterno
e, dispiegato, l’in-folio divenne
Talamo del loro amore giovane

Ed eccoli adesso, infrolliti,
nel matrimonio annoso e disastrato
Lottare furiosi
per la feroce lettera disamorata
Di quel Libro non letto fino in fondo
1992.

E adesso convegni
nelle città dove soffrirono e morirono
E relazioni sul contributo
dato alla lett. mondiale e, tra l’altro, locale
E il rinfresco presso le autorità
e il concetto di armoniche, di sarafan
E la gita alla fossa
(presunta, rinvenduta a casaccio)
O al dirupo della fucilazione
1997.

L’atto di un corpo che aggredisce
A scopo di sballo un corpo altrui
Si effettua in ambienti
fluidi, friabili, cedevoli
E odorosi, e letalmente ardenti
Ossia:
Nel latte e nella granaglia
Nella sabbia araba e nel cemento
Nell’alabastro e nella calce,
nella nafta e nella pece, nell’asbesto
Nel ventre di un blindosauro,
durante un sùbito bombardamento
Nel terriccio delle trincee,
nell’emopagina delle leggi
Dell’ora X, del čas Č e ancora
Nel Monte Bianco delle scorie,
in un catino di piscio e nella merda
E su un tappeto stellato
dietro la porta del Tutore della Morte
1996.

Ci fu: il giocare alla rivoluzione
in un asilo denutrito
L’olocausto dei giocattoli,
e poi, nel giardino accanto
L’assalto al castello d’inverno
Il sudore della concitazione, la battaglia a palle di neve
e Ven’ ka il traditore appeso
In quello stesso giardino, a un ramo
1995.

Senzavolto, Gassoso,
vive nel sottosuolo,
Nel terrario dei collegamenti
o in un canale fumido
Fluisce accanto,
Accanto a fabbriche, ospedali
Accanto ai visi uggiosi di coloro
Che suggono abominio, borbottando appena
Presso la fragorosa via Gaza

Senzavolto, Gassoso:
non essere, ma bolla
Di terriccio scadente,
crespa della vita mesta
1995.

Dio diceva a Giobbe:
“Troppo ti ho preservato
Sia dalle disgrazie preservato
Sia dalle strade nebbiose
Dove senza volto e gambe
Gironzola soltanto il Nulla
Ed ecco che ha preso a soffiare dal deserto
un vento di grande afflizione
Ed è venuto il tempo di sapere
Davanti a Dio chi tu sia veramente”
1999.

Per bambini

L’orso di zucchero
e il panino leporino ai semi di papavero
Ma più buono di tutti è, certo, il kolobok
Soltanto lui è vivo
e non vuole essere cibo
sentilo, borbotta in lingua cotta
nella favella fornarella, farinella
Vedi: trotrotta e si trasporta oltre la porta
E poi via via, a rotta
di collo per il campo nero della notte
1999.

testi da Buio diurno, Einaudi ed., 2009
a cura di Alessandro Niero
 

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