STORIA DEL FALLO IN 13 PEZZI + 1/4 – OH, PRIAPO!

Locandina ZiZi

Quarta puntata, quarto frammento di cultura ironico-erotica, quarto pezzetto del corpo di Osiride. Perché scrivere del Fallo e delle sue avventure in quattordici/XIV/14 brani? Fatevi un giro nei primi tre capitoli della storia e capirete.

C’è Iside, la cercatrice d’oro – aurum non vulgi (che è nascosto nelle cose volgari). C’è Osiride, il dio da ricostruire.

Nel Codex Marcianus è contenuto un testo greco dal titolo: La profetessa Iside a suo figlio (Horus), là dove Horus va a braccetto con Oro, ovvero il Sole degli alchimisti. Alla dea è associata la Luna, l’astro d’argento. Luna cerca Sol – va alla riconquista dello sposo perduto, smembrato dal tifonico Seth, lo stesso Sol Niger che in battaglia accecherà Horus e verrà da quest’ultimo castrato. Tutti i protagonisti del mito devono rinunciare alla propria interezza al fine di ottenere, attraverso un ridimensionamento, l’equilibrio dinamico nella relazione con gli altri. Iside compare come filo rosso, tessitrice di trame, riordinatrice di parole, alchimista dell’oro e dell’argento, iniziata alla “sacra arte” da un angelo bellissimo che vorrebbe unirsi carnalmente a lei. La dea resiste all’angelo ottenendo la conoscenza in cambio. Perché la conoscenza abbia luogo e tempo, diventando conquista interiore, recupero di Osiride e rivitalizzazione del divino, occorre operare senza remore con gli elementi più ‘bassi’ e materiali, con la feccia che siamo. Senza paura né vergogna.

Bisogna stare nella natura così com’è e preparare le cose con la materia che si ha sottomano“, dice Iside a Horus.

(I brani del Codex Marcianus sono tratti da Marie-Louise Von Franz, Alchimia – Bollati Boringhieri, 1990)
 

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Che cos’abbiamo sotto mano?

Nella terza puntata mi sono addentrata lungo i sentieri boschivi alla ricerca degli dei vivaci e proteiformi del mondo ctonio. Ho accennato agli spiriti mascolini irruenti e focosi, delineando la questione della doppia faccia e della doppia Ombra del Fallo.
 

ACHTUNG!

 

Scrive Marie-Louise Von Franz: “L’irruzione libidica dell’inconscio si presenta dapprima su un piano animale o relativamente basso; questo è un fenomeno di cui facciamo esperienza continuamente” (M.L. Von Franz, Alchimia, Bollati Boringhieri, Torino 1990, pag.45).

Stiamo bassi, per ora. Poi ci innalzeremo, eh: che ne dite?

Al limitare del bosco possiamo riconoscere il guardiano degli orti, PRIAPO, il Padre Fecondo (Anonimo Vaticano), il personaggio più libidinoso di tutti, seppur sofferente proprio per via degli eccessi insoddisfatti. Il suo pene gigantesco, e-n-o-r-m-e, è il dono (ed è la condanna) offerto al dio da Era, gelosa di Giove – poiché, secondo i romani, il re dell’Olimpo avrebbe generato l’illegittimo PRIAPO con la bella Venere. Questa versione delle cose ci connette ancora una volta al tema di Iside e della ricostruzione del Fallo.
Secondo altre versioni, più antiche, il nanetto barbuto e superdotato sarebbe nato dal connubio tra Dioniso/Bacco e, appunto, Afrodite/Venere. Priapo ha a che fare anche con Hermes, il Mercurio romano, il loquace ingannatore, secondo altre fonti, oppure con la virilità di Ares/Marte. Non può essere lontano dall’energia erotica, lui, perché la paternità del dio coinvolge diversi aspetti del principio maschile fecondante. Il suo culto si diffuse in Italia e fu fiorente intorno al III° secolo. Pan, Dioniso, Luperco, Fauno sono altre divinità associate al nostro PRIAPO. Il 10 di agosto, notte nota per la tradizionale pioggia di stelle, fu data associata alle emissioni spermatiche del guardiano giardiniere.

“Chiunque con pessime intenzioni varchi il confine del mio orto si accorgerà che non sono castrato”, dichiara il dio nei Carmina Priapea.

Se un tempo in molte abitazioni greche e romane PRIAPO faceva bella mostra di sé come statuetta apotropaica, oggi come oggi lo troviamo, assai ridimensionato, a far la guardia dietro i cancelli insieme a Biancaneve. Il classico nanetto da sempre nasconde sorprese, si sa, e sempre ne nasconderà – le ricchezze dei nani, tra-là-là. Egli è affetto dalla s-piacevole vivacità del proprio pene, un elemento eccessivo che ci connette all’energia libidica.

Dalla Enciclopedia Treccani (online): “Priapismo in medicina, sindrome clinica caratterizzata da erezione dolorosa del pene, di lunga durata, non accompagnata da eccitamento sessuale né seguita da eiaculazione; può essere determinata da cause varie che provocano un’eccitazione dei nervi erigenti.”.

Jung ci ricorda che la stessa energia vitale e creatrice di vita non è unilaterale, poiché anche il povero PRIAPO ha bisogno di rilassarsi, diciamo. C’è un’immagine che casca a fagiolo – ma se volessimo fare i precisi diremmo ‘casca ad asino’, essendo l’asino, guarda il caso, animale sacro al dio. Secondo l’analista svizzero, emblematica è la statuetta che si trova al Museo Archeologico di Verona. La statua in questione rappresenta il guardiano dei giardini e degli orti che addita sorridendo un serpente intento a mordergli… l’uccello. Ecco una rappresentazione del dissidio interno alla natura, un contrasto che la stessa natura accoglie sorridendo, tutto sommato…

(Questa immagine si trova in Carl Gustav Jung, Simboli della trasformazione, Bollati Boringhieri). 

C’è una certa comicità in tutto questo. Lo stesso PRIAPO sorride di se stesso e della vulnerabilità che sta nell’essere morso dalla serpe. Leggendo i Carmina Priapea a lui dedicati non si può evitare di ridere. L’opinione corrente è che si tratti di una raccolta di composizioni anonime, risalenti al primo secolo dopo Cristo. Nulla esclude che c’entri anche lo zampino di qualche poeta famoso, poiché alcuni di questi versi sono stati attribuiti in passato a Ovidio, Catullo, persino Virgilio, ma è possibile che si tratti solo di parodie.

A guardia dell’orticello c’è lui, in ogni caso, e di certo non usa troppi eufemismi: “Dammi ciò che puoi dare, tanto mica si consuma!” – suggerisce. “Ciò che la vergine dà al marito voglioso la prima notte di nozze, temendo, l’inesperta, la ferita nell’altro posto. Ma è molto più semplice dirti da buon romano dammi il culo. Che vuoi che ci faccia, la mia Minerva è volgare.” 
 
(Traduzione online, finalmente, e testo latino: Edoardo Mori – www.docplayer.it).

“Non sono stato scolpito né da Prassitele né da Scopa, né levigato dalla mano di Fidia, ma un rustico contadino mi ha sgrossato e mi ha detto tu sei Priapo. Eppure mi guardi e continui a ridere? Ci credo, a te deve sembrare buffa questa colonna che svetta dal mio pube.” 

E ancora, rivolgendosi a un ladruncolo, il nostro ‘Brontolo’ dice:

“Attento a non farti prendere! Se ti prendo non ti farò male col bastone, né ti darò crudeli ferite con la falce curva: trafitto da questo piolo lungo un piede, sarai così allargato che potrai far conto di non aver più grinze al culo.”

I nostri nani da giardino sono la forma moderna del Fallo eretto a difesa delle verdure ma anche dei personali, personalissimi e carnalissimi, membri.

“Senza mezzi termini ti devo dir tutto, perché la mia natura è sempre aperta. Io ti voglio inculare e tu voi prendere le mele: se darai ciò che desidero io, prenderai ciò che desideri tu.”

“Tu che hai cattivi pensieri e a stento ti trattieni dallo svaligiare l’orto, sarai inculato da questo membro lungo un piede. E se non ti basta una pena così grave e molesta, colpirò più in alto!”

“Lo ammetto, a me manca un bell’aspetto, ma il mio membro è davvero magnifico ed è desiderato più degli altri dei da ogni fanciulla che non abbia la fica insensibile.” 

“Ti invocano nella loro preghiera le vergini pudìche perché tu sciolga il nodo della loro cintura troppo a lungo legata; te invoca la sposa perché il marito abbia spesso il membro duro e sia sempre potente. Salve, o sacro Priapo, dio delle cose.”

Il nostrano Berlusconi, rappresenrante indefesso dello spirito bricconesco all’italiana e dell’aspetto mediterraneo del despota, catturò perfettamente le proiezioni collettive dell’archetipo priapesco. Possiamo leggere in un articolo de “Il Fatto Quotidiano” del 7 maggio 2012 come le aspiranti “Miss Qualcosa” Chiara Danese e Ambra Battilana fossero rimaste ‘scioccate’ nel vedere altre ragazze, ospiti dei festini ad Arcore, baciare il pene della statua di Priapo.

“Così il mito incrocia il bunga-bunga”, scriveva Repubblica negli stessi giorni.

C’è da riflettere circa alcune attuali politiche inneggianti alla fertilità.

Alla prossima…
Valeria BM

Nella foto qui sotto: Honen Matsuri, festival della fertilità, festa del pene – https://japon-secreto.com

 el Hōnen Matsuri (豊年祭) o Festival del Pene, celebrado cada año el 15 de marzo en el santuario Tagata (田縣神社) de la ciudad de Komaki, en la prefectura de Aichi