Approfondimenti
STORIA DEL FALLO IN 13 PEZZI + 1/5 – VIBRATORS
Questo è il dono di Lalage per te,
dio che l’hai sempre duro:
tavolette con disegni lascivi
ispirati agli scritti di Elefantide.
Ti prego, vedi di farmi una grazia,
fai che queste immagini divengano realtà.
(Carmina Priapea, trad. R. Gagliardi, Savelli, Roma 1979 – VII – La cortigiana Lalage dedica a Priapo quadretti osceni tratti dai libelli erotici della poetessa e pittrice Elefantide – II/I sec. a. C.)
Ripartendo da Priapo (leggete la quarta puntata della serie, mi raccomando), è facile adesso compiere una digressione, prendendo in mano il f… ilo per addentrarsi nel labirinto del Fallo. Perché di labirinto si tratta, se intendiamo – così come io stessa intendo – percorrere le strade dei non detti ad alta voce, la via delle cose sussurrate, quelle che son note perché “si fanno ma non (sempre) si dicono”.
Mi piace il sapervi attenti e interessati a questa storia – i dati relativi alle visualizzazioni non mentono, anche se molti di voi saran di certo timidi (eppur vi vedo, là dietro i vostri schermi!).
Eccoci dunque giunti alla quinta tappa sulla via di Osiride, ed è un sentiero composto da 13 frammenti (del dio) più un ultimo pezzetto decisamente introvabile. Si tratta – ricordiamolo qui, rammentiamolo ancora una volta – del coccio finale per la ricostruzione dello sposo che fu smembrato dal gemello tifonico, Seth. E’ il nostro caro Fallo.
Poiché la dea non riuscì a fare i conti addizionando il quattordicesimo tassello al corpo divino e dovette inventare da sola un membro nuovo, estraendolo dalla propria immaginazione al fine di potersi fecondare, ho deciso – in qualità di sacerdotessa (metaforicamente parlando) della nostra Iside – di scrivere una serie di articoli prendendo spunto alla famosa questione. Ma non perdiamo tempo, il viaggio è ancora lungo, l’opus alchimistica richiede tutta la nostra attenzione.
Da Priapo all’olisbo di cuoio, la strada è rapida. Oggetti fallici di cuoio cotto e altri materiali più o meno duri e convenienti venivano utilizzati nel mondo greco dei primi secoli avanti Cristo. Siamo a conoscenza del fatto che la prima rappresentazione del membro virile in pietra, un “coso” della lunghezza di 20 centimetri, risalga a circa 28.000 anni fa. Un pene marmoreo in pietra è stato infatti ritrovato nella grotta di Hohle Fels in Germania e ricostruito – ma guardata che caso! – da 14 frammenti (non sappiamo però quale fosse il reale utilizzo del suddetto oggetto – http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/4713323.stm). Dallo stesso sito archeologico sono emerse anche una serie di statuette rituali femminili – le note Veneri, tra cui quella di Shelklingen.
(Ph. dal web, etologia, Frans De Waal)
Le nostre sorelle scimmie – così si evince dagli studi dell’etologo Frans De Waal sui bonobo – quando sono in estro si masturbano utilizzando allo scopo anche dei piccoli bastoni. Queste primati sono noti anche per la loro tendenza a praticare sesso di gruppo, con carezze e azioni finalizzate alla coesione sociale. Lo studioso in questione ha identificato le simpatiche creature come particolarmente intelligenti e vicine a noi umani in quanto capacità di mettersi in relazione attraverso un comportamento empatico, attento al prossimo – un altro da amar come se stessi, senz’altra regola morale che lo scambio: http://www.stateofmind.it/2014/02/ilbonobo-elateo-etologia-antropologia-…
Tornando all’oggetto di fallica fattura, occorre sottolineare quel che già sono andata tracciando nelle prime puntate, ovvero il fatto che l’aspetto meramente piacevole dell’utilizzo di un olisbo vada di pari passo in tutto il mondo con l’utilizzo di peni rituali per festeggiare e vezzeggiare le divinità associate alla rinascita della vegetazione e alla sessualità umana nei riti di fertilità, nonché per rendere loro omaggio e ottenere favori. In molte religioni arcaiche è presente il simbolo maschile per eccellenza, messo in gioco per offrire agli umani una rappresentazione terrena dello spirito e per dare agli dei la forma della potenza che da questi ultimi deriva. In India, i “lingam” di granito, argilla cotta e altri materiali sono stati (nei templi dedicati a Shiva) la rappresentazione del divino da adorare. Esistono immagini votive dello stesso Osiride con membro eretto e rappresentazioni itifalliche di molti altri dei maschi, di eroi e di guerrieri. Le stesse erme, pietre al crocicchio delle strade associate al dio Hermes hanno assonanza indiscutibile con l’elemento che andiamo tratteggiando.
A Reykjavik si trova un museo interamente dedicato al nostro protagonista; si tratta del “Museo Fallologico Islandese”, ovvero “probabilmente l’unico museo al mondo che raccoglie una collezione di campioni fallologici appartenenti a tutte le varie specie di mammiferi presenti in un singolo paese. La Fallologia è una scienza antica che, fino ad anni recenti, ha ricevuto un’attenzione assai limitata in Islanda, se non come un campo di studi marginale di alter discipline accademiche, come la storia, l’arte, la psicologia, la letteratura e altri settori artistici come la musica e il balletto. Oggi, grazie al Museo Fallologico Islandese, è finalmente possibile per gli individui dedicarsi allo studio serio del campo della fallologia in maniera organizzata e scientifica” (dal sito del museo: http://phallus.is/it/)
Dal momento che anch’io qui sto seguendo una certa fallologica, ritorno un attimo all’olisbo, oggetto caro alle signore della Grecia, elemento che nei componimenti licenziosi viene nominato – “pene di cuoio” – come ad esempio nei mimiambi di Eroda del III secolo a. C.
Metro e Coritto parlano di un fallo costruito dal calzolaio Cerdone: “Ma, ti garantisco, sembrano lavori di Minerva: ti par di vedere le mani di costei, non di Cerdone. Io (ché me ne portò già due) come li ebbi visti, o Metro, mi schizzarono fuori gli occhi stravolti… I loro negozi agli uomini… (guardandosi attorno) siam ben sole? non s’incordano così… E non solo questo: ma son mollicini, come il sonno; e i coreggioli lanosi, non di cuoio… Puoi cercarlo, ma un cuoiaio più compiacente per le donne non lo trovi…: non c’è eguale!”
(//www.ilmattinodifoggia.it/blog/alba-subrizio/25400/I-sexy-shop–Esistevano-gia.htmlmiambi on line – http://www.mori.bz.it/humorpage/mimiint.htm)
E non c’è rimasto nemmeno uno straccetto di ganzo” si lamenta invece Lisistrata rivolta alle ateniesi. “Poi, da quando i Milesi ci hanno tradito, non ho visto più nemmeno un olisbo lungo otto dita, a darci qualche sollievo… di cuoio” (parola di Aristofane, 411 a.C.)
Più avanti nei secoli, incontriamo il vibratore. Di recente, un commedia leggera mette in luce il periodo storico che fece da contesto per l’entrata in scena del nuovo elettrodomestico: il fallo. “Hysteria”, 2011, diretto da Tanya Wexler. Con Hugh Dancy, Maggie Gyllenhaal, Felicity Jones, Rupert Everett e Jonathan Pryce.
(http://www.ilpost.it/2012/02/24/hysteria-invenzione-vibratore/)
Oggetti di forma fallica erano usati per pratiche sessuali almeno dall’antica Grecia, ma il primo oggetto vibrante per la stimolazione genitale femminile vede la luce in Francia nel 1734: venne chiamato “tremoussoir” e funzionava tramite un meccanismo a molla. Era usato per trattare le pazienti affette da isteria, senza alcuna connessione dichiarata (non dico cosciente perché è difficile pensare che mancasse proprio il nesso) con il sesso. Dopo l’invenzione del tremoussoir, i medici continuarono a effettuare i “massaggi pelvici” manualmente, fino all’avvento – direi – della psicoanalisi. A quel punto, gli attori della terapia spostarono l’incontro per il trattamento della cosiddetta isteria innalzando l’energia dalle zone basse al livello di analisi del transfert e del controtransfer, ponendo l’attenzione sulla psiche.
Con la nascita dell’industria del porno, i vibratori cominciarono a essere usati pubblicamente associati a pratiche sessuali. Erotismo sta più vicino al simbolo di quanto possa essere l’oscenità – che è fuori dalla scena – con la separazione, la parcellizzazione del corpo per uno spettacolo offerto all’occhio del pornografo. La pornografia è tanto segno, quanto Eros si muove nel mistero simbolico che la prima strappa di dosso al sesso. Ma non sono forse queste gradazioni di uno stesso fenomeno anticamente contenuto nel rito? Non sono concetti variabili anche rispetto al modus operandi individuale, elementi che hanno significati differenti nella storia umana? Georges Bataille mi sorride dall’al di là, lo sento.
Nel suo saggio sulla letteratura erotica al femminile, Enrico Badellino scrive di come sia difficile interpretare oggi la poesia di Saffo perché il cristianesimo ha messo il veto all’opera della poetessa per molto tempo e decine frammenti sono andati perduti. Questo fatto non ci impedisce di ricordare – grazie anche all’operazione degli umoristi ateniesi al tempo delle guerre fra Atene e Mitilene (VI sec.) – come la sessualità delle donne di Lesbo fosse serenamente priva di inbizioni. Dunque è probabile che a loro venisse attibuita l’invenzione di tutti quegli atti sessuali che la fantasia può immaginare compreso l’utilizzo degli olisbi – falli artificiali?
(“Le scrittrici dell’eros – Una storia della pornografia al femminile, Xenia Edizioni, 1991)
A questo proposito è allettante un frammento poetico di Saffo nel quale troviamo il termine “olisb o dokois” ovvero “ricettori dell’olisbo” che ricorda “phlebodokos” – “ricettore della vena” ossia del pene. Se Saffo ne fa un cenno dispregiativo è per l’associazione con la solitudine, come a dire che l’altra – la nemica in amore, la rivale – non può trovare un partner e si deve rivolgere all’oggetto fallico. L’olisbo era comunque associato alla masturbazione sia etero che omosessuale.
Nella prossima puntata, dopo l’estate: sul maschio come vibratore, sul fallo come arma (e la violenza maschile).
Fin da bambino, questo nostro fratello, sposo, amante, amico maschio viene abituato a considerare il proprio pisellino come un organo a se stante, dotato di vita propria, arma della quale essere fiero o della quale vergonarsi, a seconda dei casi e dell’entourage familiare. Più tardi, il mero possesso di un membro attaccato al corpo genererà immediata associazione – e riceverà supporto o meno, sostegno corale o castrazione sociale, sempre a seconda del contesto – con gli impulsi aggressivi che derivano dal testosterone in circolo. Uomo uguale macho, se no sei checchina. Virile uguale duro. Ce l’hai duro? Sei sufficientemente maschio? Poveri compagni, costretti a tener duro in ogni faccenda della vita. Poveri amici, così mollemente lassisti, così poco all’erta. Una giusta misura no? Oltre i codici e simboli del “vero uomo”, oltre il “copulo ergo sum”, nell’immagine del pene eretto si concentra la potenza e la volontà di dominio sul mondo, lo scettro bastone del comando imperiale ma anche la forza della natura fecondante, il simbolo del Logos che fa piovere la forza creativa sulla terra aperta al ricevere. Cos’è Yin senza Yang, e viceversa? L’importante è aver coscienza degli opposti che si mescolano e rimescolano in ogni aspetto della vita.
A presto.
Utenti on-line
Ci sono attualmente 8 Users Online