Approfondimenti
STORIA DEL FALLO IN 13 PEZZI + 1/8 – L’ANDROGINO FEMMINA
Esplorare la simbologia del Fallo accogliendo il tema in tutti i suoi aspetti, utilizzando uno sguardo ironico e poetico (quando possibile), è un’idea che mi è sorta nella mente, così come sorge il sole dalle montagne a Est, una mattina di ormai diversi mesi fa.
Stavo rileggendo alcune frasi di Plutarco e altri scritti relativi alla storia di Iside e Osiride, ero completamente immersa nella trama del mito, affascinata dall’atmosfera magica dell’antico Egitto; mi spingevo sempre più avanti sulla via della dea, andando a riprendere anche il testo di Marie-Louise Von Franz. In “Alchimia”, la psicologa analista allieva e collaboratrice di Carl Gustav Jung, offre di Iside un’immagine che ritengo importante sottolineare in questa sede, ovvero quella di artefice femmina, creatrice dell’opera vitale attraverso la completezza del proprio essere, grazie alla dote della sapienza e per mezzo di un doppio modus operandi: il contenimento dell’istinto e la capacità immaginale – che è in se stessa trasformativa.
Mi sono soffermata a riflettere, a partire dal mito di Iside e Osiride, sul significato psicologico dell’azione “immaginale” compiuta dalla dea al fine di ridare la vita allo sposo smembrato. Come è noto, il corpo di Osiride fu infatti diviso in quattordici pezzi dal fratello eppur nemico Seth, e, avendo recuperato soltanto tredici frammenti, la sposa creativa compie quello che potremmo definire un “gesto di chirurgia simbolica ricostruttiva”, al fine di ricreare la vita e concepire nel proprio ventre il nuovo dio, il Sole Horus.
Indice dei capitoli I-VII
I – dove si parla di Iside e di Osiride, nonché dello smembramento del dio in 13 + 1;
II – dove si parla del motivo per il quale si vorrebbe disquisire di simbologia del Fallo (e altri dettagli);
III – dove si parla delle divinità ctonie e dei numerosi lati oscuri dell’archetipo maschile e degli uomini;
IV – dove si parla del giardiniere Priapo, il personaggio con il membro più grosso e verace di tutta la mitologia greca;
V – dove si parla di terapie bizzarre per le isteriche, di vibratori e di altri simpatici aggeggi;
VI – dove si parla di nani di gigantesse e di altri ruoli archetipici;
VII – dove si parla del Briccone archetipico e del dio ebbro alle prese con l’annosa questione delle misure del pene.
Virago o Androgino femmina? Essere o non essere complete, o del dilemma di Iside
Quando si parla di Virago, non posso evitare di immaginare una donna dotata di quell’oggetto-spauracchio che nell’immaginario collettivo fa di lei una femmina con velleità di dominanza.
Virago: somiglia a “virgo” (intendendo con “virgo” non tanto l’illibatezza, quanto l’essere potenzialmente tutte noi “Una in noi stesse”) ma con quella “a” in mezzo alle gambe diventa una “parola grossa” che indica la grande Imperatrice, inflazionata sovrana che comanda i colori e i servitori.
Cerco di trovare un esempio.
Esploro e trovo un nome ma non sono certa di aver fatto centro.
Una ben nota Virago sorride di un sorrisetto teso, armata di frustino, nella famosa fotografia di Jules Bonnet che ritrae la giovanissima Lou Andreas Salomé (San Pietroburgo, 1861- Gottinga, 1937), futura grande scrittrice e psicoanalista, dietro le teste di Paul Rèe e di Friedrich Nietzsche. La scenetta ripresa anche dalla Cavani in “Al di là del bene e del male”, sembra sia stata pensata e desiderata dallo stesso filosofo, ferito nell’orgoglio e nell’animo folle, obnubilato dal rancore per il rifiuto amoroso di Lou (eppur non privo di ironia, parrebbe). La splendida russa, che con Nietzche e Rèe progettò una coabitazione intellettuale – “la santa trinità – decisamente scandalosa per la morale dell’epoca, trascorse la propria vita cercando di fruire il più possibile della libertà di spirito. Eppure, digitando su Google “Virago famose” e sfogliando la storia delle donne, inevitabilmente si incappa in lei: “Se non è l’eterno femminino la forza che spinge questa ragazza, è, forse, l’eterno mascolino” (Nietzsche).
Non mancando di mezzi economici e intellettuali, la Salomé si realizzò con gli uomini – ispirando a scrittori, drammaturghi, filosofi e scienziati opere e missioni – sugli uomini – decidendo autonomamente quale forma dare alle relazioni nelle quali sceglieva di immergersi – e attraverso gli stessi – sviluppando la propria personalità, approfondendone le variegate possibilità.
Come definire veramente una donna simile? Come racchiuderne la potenza in un solo termine? Non è di certo la parola “Virago” a ingabbiare una creatura multiforme e “transgender” nel senso più profondo della questione.
“Dove lei giunge”, scrive Nadia Fusini in “Uomini e donne. Una fratellanza inquieta”, nasce qualcosa, o qualcuno. Lei è “il creatore”. E perciò nella famosa foto Nietzsche la vuole sul carretto col frustino. Sovrana.”
Biblio: L.A.Salomè “Uno sguardo sulla mia vita” Bompiani; Freud-Salomè “Eros e conoscenza” Boringhieri; Rilke-Salomè”Epistolario”LaTartaruga; H.F.Peters “Mia sorella mia sposa”, Mondadori.
Oltre Monsieur Vénus
Se Lou Andreas Salomé è regina del suo regno, guidata dalla forza del senso, immagine d’Androgino femmina ancora attuale, di certo può dirsi invece Virago il personaggio letterario di Raoule de Vénérande, proiezione della scrittrice Rachilde Vallette. Siamo in pieno Decadentismo, un momento culturale che per certi versi ricorda la contemporaneità. Una vamp dominatrice cresce dentro il sogno gulliveriano del dominio sul genere maschile. L’annullamento dei sessi sembra essere la via per realizzare se stesse, o almeno così parrebbe osservando le gesta dell’amazzone scardinatrice di ruoli sessuali. Raoule fa dell’amante, il delicato fioraio Jacques Silvert, un fantoccio senza definizioni e limiti, spingendolo alla morte. Raoule fa uccidere Jacques perché è lui per primo a spezzare il sogno della Virago: “Non sei dunque un uomo?”, domanda prima di lasciarci le penne.
Come una sorta di Iside fuggita dal mito, la donna del romanzo finisce per cavalcare un cadavere, ma il risultato non va oltre la necrofilia psichica. Nessun Horus sorgerà oltre le colline.
Il romanzo: http://www.sololibri.net/Monsieur-Venus-Rachilde.html
L’angelo e la dea
Scrive la Von Franz, a proposito della dea Iside descritta nel “Codex Marcianus” (un antico testo alchemico), che la conoscenza dei segreti della Grande Opera arriva alla sposa perché ella resiste alle seduzioni di un angelo desideroso di unirsi carnalmente a lei – senza poter attendere un istante! Resistere all’angelo appassionato simbolicamente significa “uscire dalle proiezioni” e poter utilizzare l’energia del Fallo (il Logos, il pensiero, lo spirito creativo) per compiere un’opera importante.
Facciamo un esempio di proiezione negativa che potrebbe inficiare il percorso di una donna verso la propria completezza, bloccando la danza tra la coscienza femminile e il maschile interiore.
Iside opera internamente sulle proiezioni, ovvero non cede immediatamente all’angelo – identificandosi in esso o disperdendosi negli intenti – e rinuncia alla loro immediata concretizzazione. Pronunciando non il “Sì” di Maria all’Arcangelo Gabriele, non la sottomissione, ma il “No”, ella attende. Muove i propri passi autonomamente, sceglie i passaggi dell’Opera alchemica, impara, fase dopo fase, a trattare i segreti dell’Arte.
L’immagine della forza resistente di Iside in questo antico testo d’alchimia, analizzata dalla studiosa junghiana mostra una via interessante: non quella della Virago ma quella della rinnovata vergine – non data, non preesistente alla scelta di farsi tale. Iside aspetta, prima di agire. L’azione segue la riflessione. L’angelo invadente è costretto a rivelarle – come se fosse lui quella Shahrazad narratrice di storie vitali nelle Mille e una notte – i segreti per fare l’oro.
Come può questa immagine antica avere a che fare con noi? Con le donne di oggi? Si tratta di uno scritto di centinaia di anni fa, un testo che parla di alchimia! Ebbene, pensate a quando noi donne moderne riusciamo a non farci catturare dalle emozioni immediate ma prendiamo tempo e, se riusciamo nell’intento, comprendiamo meglio una data situazione che, agli inizi, ci appare confusa. Ecco, il percorso per imparare a relazionarsi creativamente con lo spirito – il Fallo simbolico – e con l’uomo è proprio questo.
È un esercizio di contenimento – e di azione, se e quando necessaria.
I grandi esponenti della cultura europea che una donna come Lou Andreas Salomé incontrò, per esempio, scoprirono in lei sola la vera poligamia (tra gli altri, Nietzsche, Réé, Rilke, Tonnies, Wedekind), perché Lou seppe sempre mantenersi completa, senza rinunciare alla propria personalità per un uomo, anzi: spesso accadde il contrario, pur non essendo nelle intenzioni dichiarate di questa donna il “rubare” segreti all’angelo alchemico. Piuttosto, leggendo la sua biografia si comprende come Lou fosse consapevole del proprio diritto di apprendere l’Arte della trasmutazione della propria vita, per migliorarsi sempre.
Eppure, una pioniera della libertà femminile come Lou è nota al grande pubblico principalmente per il triangolo filosofico-animico con Nietzsche e Réé.
La sua storia è molto ricca di spunti per cercare di comprendere la differenza tra la “Virago” (che in qualche modo si appropria del Fallo simbolico distruggendo gli uomini) e l’Androgino femmina (ben al di là dell’invidia del pene declamata dai Padri (!) della psicologia), anzi piuttosto così generativa da divertirsi tutto sommato dell’invidia che lei stessa suscita nei confronti di quel Vas, di quell’utero dentro il quale il Fallo stesso si rivivifica.
Lou Salomé non potè mai accontentarsi dei profili di divino sposo interno che ogni uomo sulla sua strada si limitò, temporaneamente, a rappresentare: lei partorì libri come fossero figli, raccogliendo ispirazioni da ogni suo amore e, contemporaneamente, fecondando l’uomo. Non è di certo necessario vivere la vita allacciando concretamente più relazioni affettive, anzi. Non si tratta affatto di disperdere le conoscenze di quell’angelo che sussurra a Iside i segreti dell’alchimia, per quanto, pur realizzandosi anche solo monogamicamente (se è quel che desidera davvero), sia importante per ogni donna mantenere il filo delle variegate possibilità di stare nelle relazioni – creative, amicali, sociali, professionali, al di là del genere.
“Non avrai altro Fallo all’infuori di me”, dice il Dio del monoteismo. Ma noi sappiamo che la psiche umana è fatta di tante immagini che trovano il centro solo se comprese e accolte.
Nel Sé femminile (in questa puntata stiamo parlando di donne) la riscoperta di Osiride come elemento della psiche femminile e Fallo simbolico fecondante non significa monoteismo, dedizione assoluta a un solo ruolo, a un solo uomo, solamente ai figli, soltanto al lavoro, solo a…
Il dio unico, non è altri che la voce del padre dietro i trucchi dell’illusionista, “l’ombra di un padre magico che in nessun luogo si può trovare. E’ l’ombra di Dio Padre”; scriveva la Nin nei suoi “Diari”: “Siamo ingannati da quest’ombra di Dio Padre proiettata sul mondo, un’ombra più grande dell’uomo. Adoreresti quest’ombra (…) sognando che ti copre e ti culla (…) più grande di uomo e donna, di chiesa e casa (…) “, sagoma del vecchio tempo, il patriarca, un Saturno irredento.
Iside l’alchimista si confronta in ogni proiezione esterna con la propria interna “poliandria”, ed è solo alla fine del viaggio che un vero rapporto tra esseri umani (anche quello con un unico “dato uomo” che, però, abbia anche lui fatto i conti con le proprie frammentazioni) è possibile.
Ma… come fare?
Il percorso è lungo.
Siamo solo all’ottava puntata.
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