TRE TORTI A CATE MARVIN: O DEL PRENDERLA BENE

On parting

Before I go let me thank the man who mugs you,
taking your last paycheck, thank the boss who steals
your tips, thank the women who may break you.

I thank the pens that run out on you midsentence,
the flame that singes your hair, the ticket you can’t
use because it’s torn. Let me thank the stars

that remind you the eyes that were stars are now
holes. Let me thank the lake that drowns you, the sun
that makes your face old. And thank the street your car

dies in. And thank the brother you find unconcious
with bloody arms, thank the needle that assists in
doing him in—so much a part of you. No thanks

to the skin forgetting the hands it welcomed, your
hands refusing to recall what they happened upon.
How blessed is the body you move in—how gone.

Sulla porta

Prima di andarmene voglio ringraziare l’uomo che ti deruba,
strappandoti l’ultimo stipendio, ringraziare il capo che intasca
le tue mance, ringraziare le donne che ti potranno spezzare.

Ringrazio la penna che si esaurisce a metà di una tua frase,
la vampa che appicca il fuoco ai tuoi capelli, il biglietto
che non puoi usare strappato. Fammi ringraziare le stelle

che ti ricordano i tuoi occhi una volta stelle ora sono buchi
neri. Fammi ringraziare il lago che ti annega, il sole
che invecchia la tua faccia. E grazie alla strada dove muore

la tua macchina. E grazie al fratello che trovi privo di sensi
con le braccia insanguinate, grazie all’ago che lo ha aiutato
a sfarsi –– era tanta parte di te. Nessuna ringraziamento

alla pelle che dimentica le mani che aveva accolto, le tue
mani che rifiutano di ricordare su cosa si posarono. Quanto
benedetto è il corpo in cui ti muovi –– e quanto assente.


 

Anathema

I never recline in splendor,
I never take repose. The eyes
of an old woman are blue
and stick to me like insects to
a screen. She is not hating me,
though there are those who hate me,
so I never lie in repose for fear
that if I agree with the vulnerability
of sleep, I’ll make my own murder.

I don’t embrace the unconscious
or analyze my dreams. The eyes
of people who hate me might be
spiders crawling on my hands,
or snails that leave their shells,
but I will not allow their acidic
tongues to touch me. I believe
in ghosts only now that her blue
eyes stick to me like humidity.

I will not outgrow my spite,
though I read books that instruct
me to. No, I’ll always lie with my
sleep beside me like a knife.
I forgot my spite, once, only
to wish I had not: He lay me
upon the bed, crossed my arms
across my chest, then fell to me,
pressing a book between us.

I never lie in repose. I am not
a portrait. But I think so still
my joints ache. One day, he
shall not be the same (as I have
never been the same), and we
shall read upon his stone a verse
attributed to my name. This
is my foresight and my fright,
blooming red in his eye’s white.

Anatema

Non mi adagio mai nello splendore,
non riposo mai. Gli occhi blu di una
vecchia mi si appuntano addosso
come gli insetti sopra uno schermo.
Non mi odia, ma ci sono quelli
che mi odiano, per questo non mi
abbandono mai al riposo col pavento
che se accettassi la vulnerabilità
del sonno, compirei il mio delitto.

Non carezzo l’inconscio né scruto
i miei sogni. Gli occhi di quelli che
mi odiano potrebbero farsi ragni
che mi scalano le mani, oppure
lumache abbandonati i gusci, e
non permetterò alle loro lingue
acide di toccarmi. Credo ai fantasmi
solo adesso che i suoi occhi blu
mi pesano addosso come l’umido.

Non supererò il mio disprezzo, anche
se leggo libri che me lo ordinano. No,
mi stenderò sempre con il sonno affianco
come un coltello. Solo una, dimenticai
il mio disprezzo, solo per desiderare
di non averlo fatto: mi posò sul letto,
incrociò le mie braccia attraverso il mio
petto, e mi si gettò addosso mettendo
tra di noi un libro.

Non mi adagio mai nel riposo. Non sono
un ritratto. Ma penso in modo così fisso
da farmi male le giunture. Un giorno,
non sarà più lo stesso (come io non sono
mai la stessa), e leggeremo insieme
sulla sua lapide un verso che sarà
attribuito al mio nome. Questo è il mio
oracolo e il mio spavento: l’esplosione
di un rosso nel bianco del suo occhio.  

Lying My Head Off

Here’s my head, in a dank corner of the yard.
I lied it off and so off it rolled.
It wasn’t unbelieving that caused it
to drop off my neck and loll down a slope.
Perhaps it had a mind of its own, wanted
to leave me for a little while.

Or it was scared and detached itself
from the stalk of my neck as a lizard’s tail
will desert its body in fright of being caught.
The fact is, I never lied. The fact is,
I always lied. Before us, we have two mirrors.
At times, they say, one must lie in order

to survive. I drove by the house, passed
it several times, pretending it was not
my own. Its windows were red with curtains
and the honeyed light cast on the porch
did not succeed in luring me back inside.
I never lied. I drove by the house,

suckling the thought of other lovers
like a lozenge. I was pale as a papery birch.
I was pure as a brand new pair of underwear.
It will be a long while before I touch another.
Yet, I always lied, an oil slick on my tongue.
I used to think that I was wrong, could

not tell the truth for what it was. Yet, one
cannot take a lawsuit out on oneself.
I would have sworn in court that I believed
myself and then felt guilty a long time after.
I hated the house and I hated myself.
The house fattened with books, made me

grow to hate books, when all the while
it was only books that never claimed
to tell the truth. I hated him and I hated
his room, within which his cloud of smoke
heaved. I disappeared up narrow stairs,
slipped quick beneath the covers.

My stomach hurts, I told him, I was tired.
I grew my dreams thick through hot nights:
dear, flickering flowers. They had eyes
which stared, and I found I could not afford
their nurture, could not return their stare,
Meanwhile, liars began their parade

without my asking, strode sidewalks inches
before my doorstep. I watched their hulking
and strange beauty, their songs pregnant
with freedom, and became an other self.
I taught children how to curse.
I bought children gold pints of liquor.

I sold my mind on the street.
I learned another language. It translates easily.
Here’s how: What I say is not what I mean,
nor is it ever what I meant to say
.
You must not believe me when I say
there’s nothing left to love in this world.

Deponendo

Eccola la mia testa, in un angolo umido
del cortile, l’ho appena allentata e se
ne è rotolata via. Non è successo per diniego
che si lanciasse a penzolare dal mio collo
giù per un pendio. Forse ha una testa
tutta sua, voleva prendersi una vacanza.

Oppure si è presa spavento e distaccata dallo stelo
del mio collo come la coda di una lucertola diserta
il proprio corpo per timore della cattura. Il fatto è
che non ho mai mentito. Il fatto è che ho sempre
detto il falso. Davanti a noi stanno due specchi.
A volte, dicono, è necessario mentire

per sopravvivere. Guidavo vicino casa, la superavo
più e più volte, fingendo che non fosse la mia.
Le sue finestre arrossite dal tendaggio e la luce
ambrata sopra il portico non riuscivano a
adescarmi dentro. Non ho mai mentito.
Guidavo vicino casa

leccavo il pensiero di altri amanti
come un confetto. Ero pallida come una betulla.
Pura come un nuovo paio di mutande. Passerà
parecchio prima che ne tocchi un altro. Pure:
ho sempre mentito, una patina d’olio sulla lingua.
Pensavo di essere nello sbaglio, di non potere

dire la verità per ciò che era. Pure: non si può
fare querela a sé stessi. Avrei spergiurato
a giudizio che mi credevo poi mi sarei sentita
a lungo in colpa. Odiavo la casa e odiavo
me stessa. La casa imbolsita dai libri, mi faceva

Insofferente ai libri, intanto erano solo
libri che mai avevano giurato di proclamare
il vero. Odiavo lui e odiavo la sua stanza,
dove pesava la sua nuvola di fumo.
Scomparivo per scale strette, scivolavo
lesta sotto la coperta.

Mi fa male lo stomaco, gli dicevo. Ero stanca.
Lasciavo inselvatichire i sogni nelle notti calde:
amati fiori evanescenti. Avevano occhi che
scrutavano fisso, e scoprii di non potere permettermi
la loro cura, non potevo reggerne lo sguardo.
Intanto, i bugiardi cominciavano la loro marcia senza

che glielo avessi chiesto, battevano i marciapiedi
a pochi passi dalla mia porta. Scrutavo la loro goffa
esotica bellezza, le loro canzoni gravide
di libertà, e diventavo un’altra.
Insegnavo ai bambini a bestemmiare.
Compravo ai bambini dorate pinte di birra.

Ho venduto la mia testa per strada. Ho imparato
un’altra lingua. È facile tradurla. Ecco:
Quello che dico non è mai quello che penso,
e non è mai quello che intendevo dire
. Non
dovete credermi quando affermo che
non c’è più niente da amare a questo mondo.