The Tree of Life

a cura di Salvatore Pietro Anastasio

illustrazione in copertina: Michaela D’Astuto

The Tree of Life

REGIA: Terrence Malick
SCENEGGIATURA: Terrence Malick
ATTORI: Sean Penn, Brad Pitt, Joanna Going, Fiona Shaw, Tom Townsend, Jessica Chastain, Jackson Hurst, Crystal Mantecon, Lisa Marie Newmyer, Pell James, Tamara Jolaine, Jeniifer Sipes, Will Wallace
FOTOGRAFIA: Emmanuel Lubezki
MUSICHE ORIGINALI: Alexandre Desplat
MONTAGGIO: Hank Corwin, Jay Rabinowitz, Daniel Rezende, Billy Weber

PRODUZIONE: Plan B Entertainment, River Road Entertainment
DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
PAESE: Usa 2010

DURATA: 138 min

#9 Poesia

La fiamma brucia, oppure smette di essere fiamma per divenire assenza.

Ciò che non c’è più, rimane con noi nella nostalgia delle cose passate, gioca a farci distrarre dal presente. Quante volte al giorno, viviamo attimi del passato? Che senso ha lasciare il presente per rivivere l’assenza? Che senso ha sprofondare in attimi di pensiero su realtà oggettive scomparse?

In principio era il nulla, dicono, poi la fiamma, e poi è tutto un ricordo di quel momento, e noi sempre lì a rintracciare, l’inizio della vita, il senso di questa fiamma esplosa e scomparsa, trasformata in cenere, in mondi di cera, che percorriamo come stoppini. Noi immagine e somiglianza di quella fiamma, la ricordiamo. Ed ogni giorno, con le nostre opere la commemoriamo. Noi diveniamo fiamma per essere nuovamente principio e volontà.

Creiamo per farci teatro e monumento di quella fiamma, di quella prima esplosione che creò la nostra vita.

L’albero della vita. Dal seme, al rigoglioso emergere della primavera, al frutto che dondola nel vento, alla solitudine nel ramo dell’autunno, al freddo pallido del velo invernale.

Perdiamo qualcuno per strada, e lo cerchiamo. Perdiamo pezzi di storia per strada, e li cerchiamo, cerchiamo la vita per strada e la cerchiamo. Ed alla fine, secondo Malick, saremo un unica voce sulla spiaggia, ricongiunti con la fiamma primordiale.

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#7 Rilevanza

Malick ha impiegato 30 anni a realizzare The Tree of Life. Non possiamo che apprezzare tanta dedizione, che da sola merita di essere premiata con una visione del film.

Dovendo stabilire se ne è valsa la pena, la mia risposta è meno positiva.

Amo Malick, “La sottile linea rossa” è stato un film di grande apertura per me, ne ho in principio attaccato l’enorme massa retorica, con il continuo bisogno di cercare questa luce tra gli alberi. Questo inizio. Malick deve essere molto legato al senso del principio, del primordio. In seguito ho accettato e abbracciato questa retorica senza “ragione”, mi sono lasciato andare alla semplicità in essa contenuta.

Bene Malick, vengo a giocare con te, vengo a cercare la luce in mezzo agli alberi, vengo a sentire le voci narranti che dicono cose semplici e basilari. Voci che continuamente fanno domande, voci di uno spirito curioso che è la vita, che sempre avanza, e che anche se impaurita, dopo una scottatura, torna a cercare la fiamma, il calore pulsante della luce.

Tree of life, non racconta del grande albero della vita “ebraico”, non spiega i “cancelli del cielo”, eppure il suo impianto tende al “da’at”, il principio che unisce tutte le cose in una.

Cercare di conoscere qualcosa che sia di più dell’amore e della conoscenza tra i personaggi.
Cercare di raccontare storie per raccontare i problemi dell’esistenza umana, così da portare una visione interpretativa dell’opera.

L’interpretazione in se stessa non ha bisogno di alcuna difesa: è con noi sempre. Ma come ogni attività intellettuale, essa è interessante solo quando è estrema.

L’interpretazione moderata, quella che articola un consenso, per quanto possa avere valore in certe circostanze , è di scarso interesse.

L’unico modo che ho per affrontare la pellicola di Malick è affondarla. Portarla in Niederngasse, tra i nostri fondali, dove finiranno altri tesori inestimabili e fondamentali per avere uno sguardo complesso sul valore delle opere.

Posso con una scena di un cacciatore che banchetta sulla preda, voler dire “vorrei che tu fossi qui”?

Dovremmo prima stabilire o conoscere le regole di questo possibile linguaggio di rimandi.

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Si parla di fiction, per quanto non di science fiction, è pur sempre un mondo alternativo. Il mondo che viene deciso non solo dall’autore, ma soprattutto in questa modernità dal budget, dall’incantesimo del pubblico, dalla produzione, dagli eventi quotidiani del girato.

E sono così tanti gli elementi “fantastici” che portano allo sviluppo del prodotto finale, dell’evento cinematografico, che alla fine, la totalità potremmo chiamarla “vita”.

La pellicola, è un dna, è una vita, ed ho scelto un modo per rappresentarla con un grafico, un radar che chiameremo da qui in avanti “CINESPETTRO”.

#11 Il ” CINESPETTRO ” di The Tree of Life”. Una fotografia dell’anima-film.

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 I Soggetto
II Sceneggiatura
III Fotografia
IV Musica
V Tecnica audiovisiva
VI Direzione artistica (coerenza)
VII Rilevanza dell’opera
VIII Recitazione
IX Poesia
X Regia

I colori parametrici: legenda.
Rosso = 1
Arancione = 2
Giallo = 3
Verde = 4
Blu = 5
Indaco = 6
Violetto = 7

Rosso rappresenta il valore più basso. Violetto il più alto.
Rosso significa lavoro superficiale, grossolano.

Violetto significa lavoro sublime. Nel mezzo dei colori c’è il resto della deduzione.

#1 Soggetto, #2 sceneggiatura, #10 regia, #6 direzione artistica.

Terence Malick è narratore e pensiero del suo film, si avverte regolarmente la sua mano. La sua regia è un linguaggio. Molte le domande che propone, e solo alcune le risposte. Potrebbe essere questo il suo modo di interfacciarsi con un pubblico. Schivo per natura, tre matrimoni, una vita completa e complessa, solleva la sua nube esperenziale davanti allo spettatore continuamente. Sono lontani i ritmi semplici di “la rabbia giovane”, e lo stile della sua quinta regia “the tree of life” è più simile alla “sottile linea rossa”, a “the new world”.

Malick propone un buon soggetto, e lo sceneggia con delle linee narrative semplici, la sua retorica abbraccia simboli e praticità. “The tree of life” contiene due regie differenti, la componente documentaristica con un portamento spettacolare, e picchi di rara intensità, che si intreccia con la storia di un professionista (architetto?) di mezza età (Sean Penn) che ha perso il fratello (in guerra?), e che con una serie di ricordi cerca di ricostruire le dinamiche della sua famiglia. Il personaggio di Penn, al termine di una vita di memoria ed analisi, assegna due ruoli fondamentali ai suoi genitori, il padre come rappresentante della NATURA, la madre come rappresentante della GRAZIA. Come dicevo, è un buon “soggetto”.

Malick tenta di spiegare il dualismo cosmico ponendo queste due “possibili” vie dell’esistenza come eventi nucleari, come prototipi della scelta, i due grandi pilastri.

Natura e Grazia sono opposti che coesistono, che continuamente si scontrano e si incontrano nell’universo.

La Natura è ribelle, capricciosa, vuole dominare con regole caotiche, la Grazia invece accoglie l’immobile giacenza, l’amore senza compromessi, l’eterna attesa e l’equilibrio di forme e tempo.
La Grazia è degli angeli, dei santi, del sereno. La Natura è del conquistatore, dell’insoddisfatto, dell’indeciso, della dispersione, del numero che continua a dividersi all’infinito senza mai trovare la propria matrice.

Grazia e Natura condividono l’esistenza.

La Grazia attraversa la purezza della “regia” documentaristica nelle evoluzioni del cosmo.
La Natura si impone nella narrazione degli eventi familiari vissuti dai personaggi della storia.

Esiste una scena meravigliosa dove tutto questo si incontra alla perfezione. Un torrente dove riposa un piccolo dinosauro, forse malato, forse spossato, forse immobile nella sua grazia. Viene notato da un dinosauro più grande, minaccioso, che raggiungendolo lo calpesta con un piede. Non lo divora, non lo uccide, semplicemente per due volte gli preme la testa sotto la zampa. Esprime con un solo gesto la sua emozione dominante, la sua regola. Io divengo, la mia “NATURA” si impone alla tua che immobile soccombe.

La natura non ha ricordi, non si pentirà di avere calpestato un piccolo dinosauro, non evolverà mai nella grazia. La grazia è una chiamata, una ascensione. L’uomo ascende alla grazia se riesce a trovarne la via.

Il dinosauro più grande, si allontana dal dinosauro più piccolo, dopo averlo calpestato, e questo accadrà ancora, per millenni sotto miliardi di altre forme. Gli attori di quella scena torneranno intatti nella nostra vita, e sempre li vedremo intorno a noi.

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Qualcuno di noi, potrebbe avere la fortuna, dopo avere ferito un amico, un amore, un geranio, un melograno, di riconoscere in quella immobile meravigliosa energia che accoglie, la presenza luminosa della grazia. E quel pentimento, quella consapevolezza, potrebbe per un attimo avvicinarci a Dio, all’equilibrio, alla purezza, al sublime.

Il solo comprendere anche per un istante la bellezza della grazia, farebbe di noi un ottimo sensore dell’universo. Ripagandolo infine, di avere creato per noi, tutta questa bellezza.

Peccato non essere riuscito a sviluppare con una altrettanto buona sceneggiatura ed una regia ancora più emozionante questa visione consapevole.

#5 Tecnica Audiovisiva
Ottima la resa dell’audio, tra le migliori mai sentite. Sintomo di buon impiego di tecnologia da parte di professionisti molto competenti. Le frequenze medio basse, ed il basso più profondi sono capaci di riempire la stanza della visione, e di rendere molto fisico il rapporto con la visione. Si avvertono frequenze audio inferiori ai 30hz, meravigliosamente viscerali.
La parte documentaristica inoltre offre una qualità dell’immagine eccellente, qualità che sicuramente troveremo nel prossimo film documentario di Malick, che s’inoltrerà ancora tra le nebbie della creazione universale. “The Tree of Life”, potrebbe avere aperto la strada per questa nuova opera di completamento.
Ricordo che molte sequenze documentaristiche provengono da materiale esterno, rendering fatti da università ed istituti di ricerca, come le immagini di Saturno, preparate da Gordan Ugarkovic.

#4 Musica
Malick propose una già eccellente selezione musicale al compositore della colonna sonora, Alexandre Desplat. Il regista aveva già in mente un certo tipo di musica, e forse si aspettava che l’autore delle musiche potesse in qualche modo scrivere partiture all’altezza dei grandi compositori. Così, probabilmente, non è stato.
La musica scorre comunque magnifica nel film grazie alle incisioni, prese in prestito dal catalogo discografico, che accompagnano i momenti più emozionanti. Abbiamo in apertura il “Funeral Canticle” di Tavener, la Lacrimosa di Preisner con Towarnicka alla voce soprano, il meraviglioso Requiem op.5 “grande messe des morts” di Berlioz, così come una ottima Sinfornia n. 4 in Mi minore, op 98 di Brahms.
Quattro buoni motivi per vedere il film, o semplicemente per ascoltarlo, perdendosi nelle solide braccia della natura.

#8 Recitazione
Poco consistente la prova di Sean Penn, che interpreta Jack adulto. Interessante la prova di Jessica Chastain nel ruolo della grazia e della madre. Riusciva con movimenti leggeri a evocare quella linea di separazione con gli altri personaggi, con i personaggi ed i ruoli della natura. Ancora migliore la prova di Laramie Eppler, nel ruolo del fratello di Jack bambino, un personaggio anche lui devoto alla grazia, simile alla madre, ma forse ancora più incisivo nella capacità di perdono e comprensione del bello. Libero, puro, in sintonia con la vita. Interessante l’aspro ruolo della natura incarnata nel padre dei ragazzi, Brad Pitt. Attore capace di simpatie e poliedrìa, qui forse andava smussato e naturalizzato ancora un po’. Regala comunque una prova efficace. Ottime le scene di performance all’organo in chiesa, e bellissima la scena in cui suona in casa e viene accompagnato dal figlio più luminoso, Laramie.

#11 Conclusione
Un film da vedere. Specialmente nelle migliori condizioni, partecipando al senso di vitalità complessiva di un’opera forse non troppo riuscita, ma capace di momenti di rara suggestione. Un antipasto in attesa dell’uscita del prossimo “Voyage of Time”, il documentario sulle origini dell’universo, raccontato con lo stile del grande T. Malick.

Impianto usato per la visione
sezione video
TV LCD 32″ PHILIPS 7404
formato video usato 1080p su disco Bluray

sezione audio
Formato: DTS MASTER 24bit, traccia INGLESE
Finale di potenza per diffusori frontali: Accuphase P260
Diffusori frontali: Paradigm Reference Studio 60
Ricevitore AudioVideo: Yamaha Rx-V667

Posto a sedere: Divano.

Link utili:
Accuphase – http://www.accuphase.com
Paradigm Audio – http://www.paradigm.com
DTS AUDIO – http://it.wikipedia.org/wiki/Digital_Theater_System