William Wall, il cuore è un progetto aperto cablato per l’allarme, parte 3

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Q, trad. Elisa Audino per Niederngasse

Q cospira con Dio
che veste un camice
verde e guanti di lattice.
Non lascia indizi evidenti.

Scalpello, dice.
Q dice: Dì per favore.
Morsa, dice.
Dì per favore. Sega.

Dio è la meccanica
il trionfo dell’ingegneria
e Q pensa
si sta rimpinzando di morte.

L’indomani
è estatico
in bilico tra la morte e il sonno
sommerso dal dolore.

Bel lavoro, dice Dio,
un bellissimo pezzo.
Tu dammi una costola di scorta, scherza,
e io in cambio ti do una protesi.

Q

Q conspires with God
who appears in a green
gown and wears latex.
He leaves no forensics.

Scalpel, he says.
Q says: Say please.
Clamp, he says.
Say please. Chainsaw.

God is mechanics
and the triumph of engineering
and Q thinks
he is filling up with dead bits.

In the aftermath
he is ecstatic,
drifting between death and sleep
awash with pain.

It’s a good one, God says,
a beautiful piece.
Give me a spare rib, he jokes,
and I’ll give you a prosthesis.
 

Più recentemente ho imparato ad aprirmi di più, a essere più diretto. Il trucco, però, è farlo mantenendo il quadro di riferimento comprensibile e invitante insieme.

[ea] Non deve essere stato facile per i tuoi genitori, quando un figlio si ammala vorremmo sempre sostituirci a lui, ma si rimane inermi.

È vero. Ancora oggi mi chiedo come abbiano potuto fare in un periodo in cui le cure mediche non erano gratuite. Noi malati spesso conserviamo dei ricordi che per gli altri sono ininfluenti. Ad esempio, ricordo ancora la mano fresca di mia madre che mi accarezza la fronte calda e mi pettina i capelli indietro. Non so con esattezza quando accadde, ma ricordo che ero malato e che quello era un gesto di profondo amore.

  williamwall-foto

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