L’arte di esistere contro i fatti, Aldo Giorgio Gargani

Ci sono molti modi di fare cultura, ovviamente, ma in ogni caso sono due gli atteggiamenti fondamentali con i quali gli uomini si pongono di fronte ad essa, l’uno è quello di coloro che operano sempre all’interno di essa e che formano perciò le loro idee trascorrendo da un testo all’altro nella continuità di un percorso prestabilito dalla tradizione di quei testi; l’altro è quello più raro, più rischioso ma anche più avvincente di coloro che fanno cultura perché di tempo in tempo si pongono al di fuori di essa, la ribaltano e rovesciandola alla fine producono paradossalmente ancora cultura, ma una cultura che è nuova e che perciò dissolve questo effetto di paradossalità.
Mentre i primi sono gli intellettuali che esauriscono la loro attività nella tesaurizzazione delle opere dei vecchi maestri, proteggendole dalle incursioni della vita e dalle inquietudini dell’esistenza, i secondi producono una cultura differente in quanto, essendo motivati da un’intenzione che non è scolastica ed erudita, scrivono soltanto per reagire ad una cultura ufficiale che li soffoca perché non restituisce le ragioni della loro vita, perché non arriva sino alle scaturigini di quei grandi temi preverbali dell’esistenza che essa anzi vorrebbe esorcizzare, ma nei quali alla fine risiede lirre-quietezza del destino cui essi sono inevitabil. mente esposti. […]

 

 

 

 

 

 

 

L’arte di esistere contro i fatti. Thomas Bernhard, Ingeborg Bachmann e la cultura austriaca. Introduzione di Marco G. Ciaurro, Lamantica ed. 2017

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Aldo Giorgio Gargani (Genova, 1933 – Pisa, 2009), laureatosi in Filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, proseguì gli studi presso le Università di Oxford e di Cambridge. Insegnò Estetica e Storia della filosofia all’Università di Pisa. Fu il massimo studioso italiano di Ludwig Wittgenstein e contribuì alla scoperta in Italia dei maggiori filosofi della tradizione britannica e statunitense, e di scrittori austriaci come Thomas Bernhard e Ingeborg Bachmann. I suoi ambiti di studio sono stati prevalentemente la filosofia del linguaggio, l’estetica, l’epistemologia, la psicoanalisi, e la cultura austriaca. Di particolare interesse è anche il suo tentativo di una scrittura filosofica narrativa, come in Sguardo e destino (1988), L’altra storia (1990) e Il testo del tempo (1992).