Recensioni
L’esattezza dello sguardo di Nadia Campana (Rosa Riggio)
Nadia Campana
Verso la mente
Raffaelli editore, 2014
L’esattezza dello sguardo di Nadia Campana (Rosa Riggio)
Quando si lavora per un fruitore “lontano nello spazio e nel tempo” si elimina “la preoccupazione della comunicazione – che è qualcosa di inessenziale nella poesia”. Così scriveva Nadia Campana (1954-1985) nel suo studio “Uno sguardo lontano” sulla poesia di Emily Dickinson. L’affermazione è rivelatrice della sua visione poetica. È noto che farsi comprendere non è la preoccupazione del poeta contemporaneo. E, infatti, la poesia si fonda sul tentativo di fare della creazione il proprio mestiere, di inventare “nuove vite con le parole”.
La poesia di Nadia Campana si colloca in una zona impossibile, fuori dal racconto, intorno alla sintassi, che viene ridisegnata a partire dalla sua struttura. Sembra che Nadia voglia accerchiare le parole, costringerle a percorrere un tragitto che non parte dal dato reale, ma da un punto lontano, per poi, da lì, ritornare al reale con una aggiunta di senso, o meglio con la giustificazione del reale stesso. “La parola poetica trasforma, anzi, già in sé è vita, e la vita reale accanto ad essa non può che essere progressivamente polverizzata da quel vento fino a diventare anch’essa incandescente.” (in “Finendo. Saggio incompiuto su Marina Cvetaeva”).
La prosa critica di Nadia Campana è pari alla poesia, dove raggiunge risultati originali, intensi. La ricerca presuppone l’autoesclusione, è questo il prezzo da pagare. Scrive in “Visione postuma”: “Destino di questo tragitto non può essere alla fine che l’autoesclusione dell’autore, anche del suo corpo in certi casi.”. Parole che sono la forma del suo tragico destino.
Se la poesia lirica, come scrive Adorno, spera di attingere all’universale attraverso “un’individuazione implacabile”, qui assistiamo ad un’implacabile spersonalizzazione. “Senza arabeschi è possibile appartenere qualche volta”.
Non vi è lirica, infatti, nessun fregio, nessuna esaltazione dell’io, che si declina piuttosto variando, capovolgendo se stesso nell’altro da sé. “Per te, io ti, io te sono”. “Poesia del contrasto”, scrive nella prefazione Milo De Angelis, che nota anche, insieme alla parte buia, il “vitalismo”, la presenza dei colori.
Il buio come bene
Tutte le dolcezze sono alle dita
di rosa l’abito tinge
lungo l’azzurro pieno, come ti chiamavo
a cancellarmi, quaggiù, ti prego.
Per te, io ti, io te sono
che mi contiene nel tremante ricorso
del tuo silenzio vieneimi incontro
orizzonte e allarga esso.
Come rami contro il cielo entrai in lui
una specie eletta del suo cuore
come mondi sognati da miriadi di sogni
sdradicati al centro quasi affondando
diciamo.
La sua è una fedeltà feroce alla parola, alla mutazione di senso che si autogenera. Infedeli invece bisogna essere alla grammatica data, bisogna sperimentare, spingere l’orizzonte un po’ più in là, allargare la visione. È una poesia della lontananza e della sottrazione. La sua anima è di ferro, anche quando sembra cedere di fronte al reale, lo ricrea:
[…]
cadessero a capofitto
nella poesia
che drappeggia
pietre
il falco di prima aprile
il tempo è buio – biancore
più scuro sempre più
tepore di questa porta
Contrasti e aperture. Esattezza della visione. La poesia ci lascia sgomenti, assetati:
Guardiamo dalla cima del monte
il filo di calma che è nato
del mio petto tu conti ogni grano
e ogni cuore si prende di colpo
il suo tempo: un amore
è tornato e si è accorto
il suo disco ci copre.
Adesso tu devi guardarmi
per quella collana di sì
nella mia pelle che apre
la piana la strada
e i fondi della notte
i centesimi della sete.
Dunque, la perfezione può darsi come oscurità e il vuoto può essere “fedele”:
odore di
erbe
io vengo a farmi in te
vuoto fedele
a un tratto nel regno
le cose sono brezza
leggere senza pensiero
Nadia Campana osserva la natura: “ho viaggiato seguendo piccoli segni / il becco rosso, i volteggi, il ponte / senza nome perché la foresta è densa / perché le folate di gelo”, e sa che è natura pensante, “mi pensa la rosa che è chiusa / mi pensa la paglia inumidita di più / stretta mi attende tranquilla la tana / che scava rintocchi intorno / alla bocca del pozzo premendo le sponde / nel fosso chissà cosa ritrovo.”. Ma qui, e altrove, è anche presagio di morte che, immaginata o sognata, è l’altro lato della visione. E’, anche, oltrepassare la superficie, osservare i rosa e gli azzurri:
Non vedere nulla esamino
tutto su uno sfondo boreale
talvolta rosa brace
che spegne dietro
un velario azzurro la superficie
s’increspano appena piccole onde
in un riso
cerco il rompersi della sera
Senza arabeschi, con lucida calma, la poesia di Nadia Campana dice, con esattezza, ciò che possiamo solo intuire dello spazio, del tempo, tentando di far coincidere l’assoluto e la storia:
[…]
Non è amaro, è di ossa e di carne, avorio, corno,
acqua, intelligenza, amore, cuscino.
Rosa Riggio
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