Recensioni
Maurice Ravel – Echenoz e la musique de livre I
a cura di Guido Michelone
All’inizio del 2025 l’editrice Adelphi ripubblica, una collana tascabile, il romanzo Ravel del Jean Echenoz (classe 1947), uscito per la prima volta in Italia nel 2007, prontamente tradotto nel giro di pochi mesi, giacché il libro d’Otralpe per Les Éditions de Minuit esce nel 2006. Il testo ovviamente parla del compositore Maurice Ravel nato a Ciboure il 7 marzo 1875 e morto a Parigi il 28 dicembre 1937, tra il protagonisti assoluti della classica nella prima metà del XX secolo e ancor oggi tra i più eseguiti in rassegne e festival: quasi inutile rammentare che il suo Bolero (1928) è il brano più suonato in assoluto dell’intero repertorio dotto novecentesco in tutto il mondo.
Restano proverbiali per lui almeno due frasi: la prima proferita da Igor Stravinskij, parlando di Ravel, lo definisce un ‘artigiano di orologi svizzeri’, riferendosi all’intricata precisione e ai complessi meccanismi dei componimenti spesso dal facile ascolto, che però cela immensa profondità artistico-culturale. La seconda viene riportata da George Gershwin che quando chiede al maestro francese di prendere lezioni da lui, Ravel serafico gli risponde: “Perché vuoi diventare un mediocre Ravel, quando puoi essere un ottimo Gershwin?”. D’altronde, per completare un buffo ideale triangolo lo stesso Gershwin fa a Stravinskij lo stesso discorso chiedendo i segreti per poter di diventare come il compositore russo. Ma quest’ultimo ribatte più o meno in questo: “Scusi, ma lei Gershwin quanto guadagna al mese?”. E l’Americano gli svela una cifra equivalente ai centomila euro attuali: “Allora – replica Stravinskij – sono io che vorrei diventare come Lei, Gershwin!”.
Battute a parte, tornando al Ravel di Echenoz l’attuale ristampa italiana pone in quarta di copertina, al posto del solito resumé, due estratti da altrettanti recensioni ‘d’autore’, ovviamente scritte nel 2007 da due illustri personaggi, un romanziere e uno studioso, entrambi accostabili in quanto avidi lettori di narrativa classica e contemporanea e in quanti critici letterari ‘senza peli sulla lingua’ per riviste e quotidiani: tra gli ultimi, insomma, a non far da eco ai comunicati stampa delle case editrici, ma a leggersi i testi da cima a fondo e magari a stroncare il best seller a favore di un misconosciuto.
Il primo è Alberto Arbasino che dice: “Il Ravel di Jean Echenoz non soltanto è ‘una delizia’. perché è squisito tout court, sopra ogni bega o beghina critica letteraria ‘glocal’ e ‘in’. Già: riprende e gioca le strategie ‘obiettive’ del vecchio Nouveau Roman. Ma le usa coi più lampanti criteri della Nouvelle Cuisine: accostamenti insoliti di ingredienti minimalissimi e raffinatissimi’. Il secondo è Pietro Citati: “Ravel è un libro molto intelligente e singolare. Sebbene il protagonista abbia vissuto, in Francia, tra il 1875 e il 1937, non è una biografia, né un ritratto psicologico, né una biografia romanzata: i maestri di Echenoz non sono né Sainte-Beuve né Lytton Strachey. Per metà, è un perfetto congegno, costruito con grande precisione, minuzia ed eleganza, con viti, bulloni, piccoli oggetti, particolari esattissimi: per l’altra, una egualmente perfetta lastra tombale, come se Ravel fosse morto prima di nascere”.
Ravel, dedicato agli ultimi dieci anni di vita del compositore, per Echenoz è anche il primo volume di una serie di romanzi biografici di uomini famosi –dall’atleta Emil Zátopek all’inventore Nikola Tesla – noti quali ‘vite immaginarie’ in riferimento al libro omonimo del 1896 di Marcel Schwob. Echenoz dapprincipio vorrebbe scrivere un romanzo di pura finzione da ambientarsi negli anni Trenta dove Ravel è solo uno dei tanti personaggi a fare qualche timida apparizione, ma la visita alla casa-museo del compositore nella zona di Montfort-l’Amaury resta così impressa nel proprio immaginario da mutare il progetto originario e trasformarlo in biografia romanzata interamente dedicata alle vicende umane, artistiche, professionali del grande musicista, prolungando simbolicamente il precedente libro Al piano (2004), in cui Echenoz descrive un pianista alle prese con la musica fra creatività e recital.
continua […]
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