È lo sguardo degli altri a mantenerci in vita – Giovanna Rosadini

È lo sguardo degli altri a mantenerci in vita
siamo un’impronta che rimane al cuore
di chi ci preme, a germogliare sulla ferita
il tralcio, il fiore oscuro che lega insieme.

(Giovanna Rosadini, “Fioriture capovolte”, Einaudi, 2018)

Un testo breve, questo della Rosadini, eppure denso di significato e di immagini che realizzano, allo stesso tempo, la priorità dell’altro-da-sé sulla dimensione individualista e l’importanza di un apporto positivo, in una dinamica relazionale autentica, che è possibile riconsegnare tracciando un segno duraturo e vitale, riconoscendo nel legame umano una possibilità di senso e prospettiva.

“Lo sguardo degli altri” è, in senso ampio, ciò che le nostre azioni lasciano nella memoria altrui (e non posso non pensare a Pavese, quando scriveva: “L’uomo mortale non ha che questo di immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia.”), ed è questo a “mantenerci in vita”, a trattenerci dalla dimenticanza indistinta, dal silenzio, dalla tenebra che sembrerebbe essere l’opposto di quello “sguardo”; è però una memoria emotiva, non puramente “storica”, quella di maggior valore, “l’impronta che rimane al cuore di chi ci preme”.

Qui la sapienza linguistica dell’autrice è duplice: “l’impronta”, infatti, resta nel cuore di chi ci preme – e la polisemia del termine, oltre a rimandare all’evidente pressione che lascia il segno – evoca la premura degli affetti, dei soggetti verso cui indirizzare la nostra condotta positiva, per cui mettere in secondo piano il sé, in cui realizzare una possibilità di bene. “chi ci preme” diventa così anche “chi ci sta a cuore”, chi amiamo, ed è nella loro memoria che, lasciando una traccia, “siamo” e possiamo continuare ad essere.

Questa propensione positiva degli affetti è capace di “germogliare sulle ferite”, neutralizzando il dolore dell’esistere, le sue precarietà e contraddizioni, i rovesci del bene (o quanto meno opponendosi) – lasciando un seme che può fiorire in un legame, appunto, quale il rapporto umano, autentico, profondo e sincero che – con la stessa bellezza di un fiore inaspettato e, a volte, incomprensibile, “oscuro”, “lega insieme”, trasfigurando la dimensione isolata del sé in una significativa possibilità di senso del vivere, in una traccia degli affetti fragile e preziosa che – più di ogni altra istanza individuale o frutto del mero ragionamento – può rivelarsi depositaria di significato e di valore nel tempo.

Mario Famularo