ANDREA VILLA, IL BANKSY TORINESE E LA SUA INTERVISTA DI STRADA

 

SS: Non si chiama Andrea, non si chiama Villa ma lo chiamano Andrea Villa, da quando il vero Andrea Villa, persona qualsiasi su Twitter, pubblicò un’opera artistica, un finto manifesto pubblicitario di questo artista “Millennial”.
Il nome Andera Villa venne così rilanciato e ripreso dal quotidiano Libero e da allora gli è rimasto come sorta di marchio di fabbrica.
Ma chi è dunque Andrea Villa, soprannominato il Bansky torinese che da circa un lustro tappezza Torino, con i suoi manifesti?

AV: Da 4 anni appendo a Torino mettendo alla berlina il mondo della politica assieme ai suoi personaggi e ai fenomeni sociali a loro connessi. In ogni singolo lavoro c’è un fotomontaggio, un remix di concetti e immagi­ni che destruttura i significati, mischiando il colto con il trash, in una sorta di “street art” 2.0. Questo “detour­nement” di elementi estetici, per certi versi simile al “situazionismo” degli anni Sessanta, utilizza il collage e il fotomontaggio di matrice dadaista come linguaggio globale e democratico ma al tempo stesso “alto”, citando in ciascuna opera elementi tratti dalla storia dell’arte. Il mio obiettivo è creare delle opere che siano apprez­zate anche da un pubblico non avezzo al mondo dell’arte, e cercare di creare un linguaggio artistico “popola­re”.
Al contrario della digital art, che analizza solo le estetiche del mondo del web, io voglio analizzarne i mec­canismi, e come le informazioni e i contenuti vengono stravolti dai media. Per questo la mia è un’“arte in progress”, ovvero che vive sui social e non prettamente nell’ oggetto artistico a sé stante.
 

SS: Il tuo primo manifesto si conosce; nel 2014 hai appeso un manifesto 6×3 metri che imitando il celebre “Quarto Stato”di Pelizza da Volpedo, ritraeva tutti i politici italiani con su scritto “Solo chiacchiere e vitalizio”.
La domanda è: qual è stato il tuo secondo manifesto e come è nato?

AV: Il mio secondo manifesto era la candidatura di Antonio Razzi alle Europee 2014. Era un manifesto con il faccione del senatore con su scritto sopra “Fatti li cazzi tua”. Mi sono chiesto dove era situato il confine tra personaggio comico e politico, confine già infranto con Berlusconi, ma volevo ulteriormente metterlo alla prova fingendo una candidatura di Razzi. Come prevedibile, molti hanno pensato fosse vera.

Image and video hosting by TinyPic

SS: Di te dici che non hai tessere di partito e che sei Millennial. Come interpreti questa definizione sui manifesti, visto che i tuoi bersagli sono spesso politici, di tutti gli schieramenti e non solo italiani. Da Fassino, fino ad arrivare alla tua ultima opera con Salvini e Di Maio, passando per Madame Le Pen.

AV: Tutto è nato quando ero adolescente, ero incazzato nero perché odiavo il liceo, e quando tornavo a casa dovevo subirmi il telegiornale dove Sallusti, Bocchino, Lupi e altri politici sparavano le loro cazzate. Ogni giorno della settimana alle 14:30. E’ lì che ho iniziato a covare la mia personale vendetta creativa.

SS: Come è nato a proposito il tuo ultimo manifesto “0,2% Zero in due” su Salvini e Di Maio?

AV: È un nuovo lavoro dove critico le ultime vicende del governo, tra cui l’immunità al processo di Salvini, il voto su Rousseau, il mancato sgombero di Casa Pound, le previsioni di PIL basse, e soprattutto lo sfottò sulla pagi­na di Salvini della ragazza con i dread viola e del ragazzo disabile che manifestavano contro di lui.
Cito anche Ai Weiwei e la sua serie “middle fingers – la mano dell’artista”, artista cinese che ha sempre critica­to il potere quando esso prevaleva sulla cultura e la libertà di espressione. È la citazione di una delle serie più controverse di Ai Weiwei, (“Study of Perspective series”, 1995-2003) in cui si fotografa mentre sfoglia impor­tanti monumenti in tutto il mondo. Lo descrive come la sua personale forma di ribellione contro qualsiasi autorità governativa che disprezzi apertamente o clandestinamente le libertà dei suoi cittadini.
Con una foto del suo dito medio, Weiwei sostiene la responsabilità sociale e l’individualismo della sua gene­razione e mostra quanto fragile possa realmente essere il potente. Un rifiuto dell’autorità e dell’oppressione politica e un’affermazione dell’espressione individuale, è l’incarnazione dell’ethos dell’artista. In questa società non vi è ovviamente un regime comunista, ma l’oppressione è perpetrata attraverso i social media e i post minacciosi o denigratori della classe politica.
Il filosofo Marshall McLuhan afferma che nelle ere della meccanica avevamo operato un’estensione del nostro corpo in senso spaziale. Oggi, dopo oltre un secolo di impiego tecnologico dell’elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale (che potrebbe essere oggigiorno relativo ai social media) che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio. Il problema dell’uomo che usa il social (quindi la macchina) come protesi del suo pensiero, è che la macchina rischia di prevalere sull’ uomo. Già i situazionisti francesi l’avevano immaginato, ma oggi è realtà, a partire da Salvini, che pur di denigrare i suoi avversari perde la percezione del reale e insulta un minorenne disabile.
La mia conclusione è che siamo un’unica umanità. Se qualcuno viene ferito, siamo tutti feriti. Se qualcuno è felice, questa è la nostra felicità. Lo Stato sta prendendo provvedimenti contro persone che hanno dimostra­to pacificamente le loro idee. Sono artisti, ciò che hanno fatto è esprimere la loro mente attraverso internet. Quindi il modello è molto chiaro. Lo stato cerca di mantenere la stabilità schiacciando ogni pensiero che cerca il cambiamento.
Con le mie azioni vorrei spingere i giovani artisti italiani a non avere paura, alzare la testa dalla sabbia, e tornare ad analizzare e criticare la società contemporanea, senza avere paura delle conseguenze. Questo è un periodo storico molto importante dal punto di vista politico, quasi un parallelismo con l’inizio secolo di cento anni fa, nel periodo dei dada e dei futuristi.
Siamo in un nuovo far-west creativo, dove i vecchi mestieri e modi di affrontare il mondo muoiono e nascono nuovi modelli di sviluppo e di opportunità.

Image and video hosting by TinyPic

SS: Pensi di uscire con la tua arte dai confini torinesi? Mi spiego meglio, pensi di affiggere tuoi manifesti in altre città o spostarti su zone e quartieri più periferici?

AV: L’ ho già fatto, sono stato a Roma, Napoli e Milano. Il fatto che, come spiegava Maurizio Cattelan in un’intervista, ormai con internet e i social puoi lavorare ovunque e riuscire a raggiungere galleristi e mercati lon­tani con molta facilità, quindi non vedo tutta questa spinta a muovermi, nonostante continui sporadicamente ad attaccare in altre città. La prova è dovuta al fatto che nonostante lavori quasi sempre a Torino, ho fan che mi seguono da tutta Italia e giornalisti che mi pubblicano su testate nazionali. Non è più come dieci anni fa.
 

SS: Il Ministro dei Trasporti Toninelli, potrebbe essere fonte di ispirazione per qualche nuova creatura artistica? Magari proprio a Soresina, sua città Natale in provincia di Cremona.
Io me lo sogno la notte, da quando ha parlato del Tunnel del Brennero, credimi.

AV: Heheheheeh ;-)
 

SS: Ultima domanda; qual è quella domanda che non ti hanno ancora fatto e che avresti voluto ti facessero? Che risposta eventualmente daresti?

AV: “Cosa penso del sistema dell’ arte e delle sue ultime avanguardie?” Siamo in un periodo storico dove il web e i social media hanno stravolto il modo di concepire il contemporaneo, così l’ arte dovrebbe rivoluzionare i suoi linguaggi, adattandosi al mondo presente. 
Nel 1800 gli impressionisti iniziarono a dipingere in maniera non più realistica, poiché pensavano che ormai la fotografia avesse superato la pittura, e quindi nel dipinto bisognava trasmettere le emozioni più che le immagini.
La pittura analitica italiana da metà del secolo scorso iniziò a ibridare scultura e installazione, pensando che ormai la pittura fosse nuovamente morta.
Ormai in ambito tecnico si erano trovati materiali plastici così innovativi da rendere la scultura (a loro giudizio) nettamente più polivalente nel trasmettere emozioni e concetti rispetto ai media 2d. Così io mi chiedo: i contenuti dei social hanno superato l’arte? Visto che con un meme puoi trasmettere concetti in maniera veloce e sintetica, spesso mi chiedo se abbia ancora senso parlare di pittura astratta o scultura concettuale per descrivere il reale, quando esiste “Il World Record Egg”, il post con più like della storia dei social, un’opera concettuale già di per sé, che esplica in maniera efficace e diretta il rapporto tra potere di immagine e scelta del popolo, molto più efficacemente di qualsiasi opera di arte contemporanea.

E’ un dibattito interessante che solo il tempo potrà snodare.