Anna Achmàtova

Anna e il mio dolore

Tutto questo tempo cara per avvicinarmi a te, anche se Pasternak mi parlava, diceva ” ascolta il ritmo, l’eleganza della prosa, l’incalzare “. Diceva ” prendi le parole buone, lascia stare l’acmeismo, stai dentro la lettera commossa “. Il Pasternak lontano recitato in sottoveste laterale diverso tempo fra – Me – Anna – Credo : una cosa più di altre mi ha discosta e quindi dietro vedo il sasso di te che lancio.
E’ questa una cosa perduta ma non qualsiasi, la dinamica del perduto (ora mi viene bene) essendo un fatto interno, strutturante, agganciato. Qui invece abbiamo perso per vero le cose avute, il riconosciuto, non l’abbattimento su di te di un qualche amore. Tipo tetta, avvolgimento, caldo, no! Perdo chi ho avuto, padre figlio sia. Stato. Fede. Di questo che mi si priva io ora non so che fare, lo senti così inutile che resti così, vuota d’ottenuto, pencolante sopra il mondo che prosegue mentre stai ferma.

Ferma, Anna, dentro una specie di dolore inutile – E vedi che il baratro dell’abbandono, le storie dell’amore del romanzo insomma, diventa un altro discorso : si trova le parole, mantiene la bella forma, procede imperterrito fino ad inventarsi un teatro, nuovo, dove dice in che posto preciso quel dolore acuto ha potuto non ucciderci, l’area salvifica che lingua parlava, come ricostruita stata è l’aria di respiro – il poema senza eroe – il pensiero che riproduce morte non nata.

 

i brani letti sono tratti da Poema senza eroe, Einaudi 1966

 

notizie sull’autrice:
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/anna-achmatova/

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